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«In altre parole, vorrebbe che le tue dottrine avessero senso logico».

«Non è disposto ad accettare l’idea che certe cose restino un mistero, comprensibile solo alla mente di Dio. L’ambiguità lo rende impudente, e il paradosso causa in lui aperta ribellione».

«Un ragazzo insopportabile».

«Il peggiore che mi sia mai capitato» ammise Thrower.

Lo sguardo del Messo lampeggiò. Thrower avvertì una fitta al cuore.

«Ho tentato» balbettò Thrower. «Ho tentato di rivolgerlo al servizio del Signore. Ma l’influenza del padre…».

«Chi attribuisce il proprio fallimento alla forza altrui è soltanto un debole» disse il Messo.

«Ma ancora non ho fallito!» esclamò Thrower. «Mi avevi detto che avevo tempo finché il ragazzo non avesse compiuto i quattordici…».

«No. Ti ho detto che io avevo tempo finché il ragazzo non avesse compiuto i quattordici anni. Tu invece hai tempo solo finché egli resta qui».

«Non mi risulta che i Miller vogliano trasferirsi altrove. Hanno appena sistemato la macina del mulino, a primavera cominceranno a macinare il grano, non se ne andrebbero senza…».

Il Messo scese dall’altare ergendosi davanti al pastore. «Lascia che io ti ponga questo caso, reverendo Thrower. Puramente ipotetico. Supponiamo che tu sia nella stessa stanza col peggior nemico di tutto ciò che io rappresento. Supponiamo ch’egli sia infermo, e giaccia impotente nel suo letto. Se guarisse, verrebbe condotto fuori dalla tua portata, e avrebbe via libera per distruggere tutto ciò che tu e io più veneriamo. Ma se morisse, la nostra grande causa sarebbe salva. Adesso supponiamo che qualcuno ti metta in mano un coltello, e t’implori di compiere sul ragazzo un delicato intervento chirurgico. E supponiamo che scivolandoti la mano, anche solo di un capello, il coltello recida un’arteria importante. E supponiamo che, indugiando tu anche solo per qualche istante, il sangue esca tanto copiosamente che in pochi istanti egli ne muoia. In questo caso, reverendo Thrower, quale sarebbe il tuo dovere?»

Thrower era inorridito. Per tutta la vita si era preparato a insegnare, persuadere, esortare, spiegare. Mai a compiere un atto come quello che il Messo gli aveva suggerito. «Non sono adatto a questo genere di cose» farfugliò.

«Non sei adatto al regno di Dio?» chiese il Messo.

«Ma il Signore ha detto: ‘Non uccidere’».

«Davvero? È questo ciò che disse a Giosuè indicandogli la via della Terra Promessa? È questo ciò che disse a Saul quando lo inviò contro gli Amaleciti?»

Thrower ripensò a quei foschi passi del Vecchio Testamento, e tremò di paura al pensiero di prender parte a simili imprese.

Ma il Messo non intendeva dargli tregua. «Samuele, giudice d’Israele, ordinò al re Saul di uccidere tutti gli Amaleciti… uomini, donne e fanciulli. Ma Saul non ebbe il coraggio di farlo. Risparmiò il re degli Amaleciti e lo riportò indietro vivo. Che cosa fece allora il Signore per punirlo della sua disobbedienza?»

«Scelse Davide perché regnasse al suo posto» mormorò Thrower.

Ora il Messo era vicinissimo a Thrower e lo trafiggeva col suo sguardo di fuoco. «E poi che cosa fece Samuele, giudice d’Israele, mite servitore di Dio?»

«Ordinò che Agag, re degli Amaleciti, gli venisse condotto dinanzi».

Il Messo continuò a incalzarlo, implacabile. «E Samuele che cosa fece?»

«Lo uccise» sussurrò Thrower.

«Che cosa dice esattamente la Scrittura? Che cosa fece Samuele?» ruggì il Messo. Le pareti della chiesa tremarono, le vetrate tintinnarono.

Thrower adesso piangeva dalla paura, ma pronunciò le parole che il Messo gli aveva richiesto: «Samuele lo fece a pezzi… dinanzi al Signore».

L’unico rumore nella chiesa era il respiro ansimante di Thrower che cercava di controllare il suo pianto isterico. Il Messo gli sorrise con occhi colmi d’amore e d’indulgenza. Un istante dopo era scomparso.

Thrower cadde in ginocchio davanti all’altare e pregò. O Padre, per Te sarei disposto a morire, ma non chiedermi di uccidere. Allontana questo calice dalle mie labbra, sono troppo debole, sono indegno, non caricare questo fardello sulle mie spalle.

Le sue lacrime caddero sull’altare. Nell’udire uno sfrigolio, Thrower fece un balzo indietro, spaventato. Le lacrime correvano rapide sulla superficie dell’altare come gocce d’acqua su una padella arroventata, fino a consumarsi e scomparire.

Il Signore mi ha respinto, pensò. Ho giurato di obbedirgli in tutto ciò che Egli volesse ordinarmi, e adesso che mi chiede qualcosa di difficile, che mi comanda d’essere forte come gli antichi profeti, scopro d’essere un vaso spezzato nelle Sue mani, incapace di contenere il destino ch’Egli voleva riversare in me.

La porta della chiesa si aprì. Una folata d’aria gelida corse sul pavimento inviando un brivido nelle ossa del pastore. Thrower alzò lo sguardo, temendo che si trattasse d’un angelo venuto a punirlo.

Ma non era un angelo. Era semplicemente Corazza-di-Dio Weaver.

«Non intendevo interrompere le vostre preghiere» disse Armor.

«Entrate» lo invitò Thrower. «Chiudete la porta. Che cosa posso fare per voi?»

«Non è per me» disse Armor.

«Venite. Sedetevi. Di che cosa si tratta?»

Thrower si augurò in cuor suo che la venuta di Armor proprio in quel momento potesse essere un segno di Dio. Un membro della congregazione venuto a chiedere il suo aiuto, subito dopo la sua preghiera… sicuramente il Signore voleva fargli capire che dopotutto lo accoglieva presso di Sé.

«È per mio suocero», disse Armor. «O meglio, per suo figlio, Alvin Junior».

Thrower si sentì attraversare da un brivido di terrore che lo gelò fino al midollo. «Lo conosco. Che gli è successo?»

«Saprete certamente che si è fatto male a una gamba».

«Ne ho sentito parlare».

«Non siete per caso andato a fargli visita prima che guarisse?»

«Sono portato a credere che in quella casa non sarei affatto il benvenuto».

«Be’, lasciate che ve lo dica, era proprio messo male. Un intero lembo di pelle strappato via. Ossa rotte. Ma due giorni dopo era già guarito. Non si vedeva neanche più la cicatrice. Tre giorni dopo camminava».

«Non doveva essere messo male come avevate creduto».

«Vi sto dicendo che la gamba era rotta e la ferita era brutta. In famiglia erano ormai convinti che il ragazzo stesse per morire. Mi avevano già chiesto di procurargli i chiodi per la bara. E, da quanto ci pativano, non ero del tutto sicuro che oltre al ragazzo non avremmo dovuto seppellire anche il padre e la madre».

«Allora la guarigione non può essere ancora completa come dite».

«Be’, in effetti proprio completa non è, ed è questo il motivo per cui sono venuto da voi. So che non credete a queste cose, ma vi assicuro che per far guarire quella gamba debbono aver combinato qualche stregoneria. Secondo Elly è stato il ragazzo stesso. Per qualche giorno ci ha addirittura camminato, senza stecche né nulla. Ma non ha mai smesso di fargli male, e adesso lui dice che nell’osso c’è un punto malato. Gli è anche venuta la febbre».

«Tutto questo può trovare una spiegazione assolutamente naturale» insisté Thrower.

«Be’, sarà anche come dite, ma per come la vedo io il ragazzo, con le sue stregonerie, ha fatto entrare il diavolo dentro di sé, e adesso il diavolo se lo sta mangiando vivo. E visto che siete un ministro consacrato al servizio di Dio, ho pensato che forse potreste scacciare quel diavolo in nome del Signore Gesù».