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«Il ragazzo?» chiese Thrower. Quasi non riusciva a spiccicar parola. Quel ragazzo è un demonio di Sheol, e voi mi chiedete come sta? «Come c’era da aspettarsi» si limitò a mormorare.

Gli altri si voltarono per riprendere la conversazione. Gradualmente Thrower si rese conto di che cosa stessero parlando. A quanto pareva, Alvin avrebbe voluto che qualcuno gli segasse via la parte malata dell’osso. Measure era perfino andato nel capanno dove si macellavano le bestie a prendere una sega da ossa a denti fini. La discussione era tra Measure e Faith — che non aveva la minima intenzione di far operare suo figlio da chicchessia — e tra Miller e gli altri due, perché Miller si rifiutava di farlo, e Faith era disposta a dare il proprio consenso solo se a tagliare fosse stato lui.

«Se pensi che si debba fare» disse Faith, «allora non vedo come tu possa permettere che a operarlo sia uno sconosciuto, un estraneo».

«Non ci penso nemmeno» ribatté Miller.

Thrower capì all’improvviso che l’uomo aveva paura. Paura di affondare un coltello nelle carni del figlio.

«È lui che vuole te, papà. Ha detto che segnerà sulla gamba i punti dove bisogna tagliare. Non devi far altro che tagliare un lembo di pelle e sollevarlo; subito sotto la pelle c’è l’osso, e per eliminare la parte malata basterà segarne via appena uno spicchio».

«Non sono tipo da svenimenti» disse Faith, «ma confesso che mi gira un po’ la testa»…

«Se Al Junior dice che bisogna farlo, allora fatelo!» esclamò Miller. «Ma non posso farlo io!»

Poi, come un raggio accecante di luce in una stanza buia, il reverendo Thrower scorse la propria redenzione. Evidentemente il Signore gli stava offrendo proprio l’opportunità profetizzata dal Messo. L’occasione di avere un coltello in mano, di affondarlo nelle carni del ragazzo, e accidentalmente recidere l’arteria così da farlo morire dissanguato. Ciò che aveva ricusato di fare in chiesa pensando ad Alvin come a un ragazzo qualsiasi, adesso che aveva visto il Male celato sotto le sembianze d’un fanciullo l’avrebbe fatto col cuore colmo di letizia.

«Ci sono io» disse.

Tutti lo guardarono.

«Non sono un chirurgo» continuò, «ma ho qualche conoscenza di anatomia, e so qualcosa di scienza».

«Un esperto di bernoccoli» commentò Miller.

«Avete mai macellato un vitello o un maiale?» chiese Measure.

«Measure!» si scandalizzò sua madre. «Tuo fratello non è un animale».

«Voglio soltanto esser sicuro che alla vista del sangue non si metta a vomitare».

«Conosco il sangue» rispose Thrower. «E quando si tratta di salvare una vita, non posso permettermi di avere paura».

«Oh, reverendo Thrower, vi stiamo chiedendo troppo» mormorò comare Faith.

«Adesso vedo che forse è stata proprio un’ispirazione divina a condurmi qui, dopo essere stato tanto a lungo lontano da questa casa».

«A condurvi qui è stato solo quello scriteriato di mio genero» bofonchiò Miller.

«Be’» disse Thrower, «è stato solo un pensiero che mi ha attraversato la mente. Vedo bene che non volete affidarmi questo compito, e non posso darvi torto. Anche se significa salvare la vita di un figlio, è pur sempre rischioso permettere a un estraneo di affondare una lama nelle carni di un consanguineo».

«Ma voi non siete un estraneo» insisté Faith.

«E se qualcosa andasse storto? Il coltello potrebbe sfuggirmi di mano. Oppure la ferita potrebbe aver cambiato la disposizione dei vasi sanguigni. Potrei recidere un’arteria, e in pochi istanti il ragazzo morirebbe dissanguato. E io avrei sulle mani il sangue di vostro figlio».

«Reverendo Thrower» disse Faith, «non potremmo mai incolparvi d’un imprevisto. Non possiamo far altro che tentare».

«Se non tentiamo qualcosa morirà, questo è certo» intervenne Measure. «Alvin dice che dobbiamo tagliare subito, prima che il male si diffonda».

«Potrebbe farlo uno dei vostri figli più grandi» propose Thrower.

«Non c’è tempo di andarli a chiamare!» esclamò Faith. «Oh, Alvin, è proprio a lui che hai deciso di dare il tuo nome. Sei forse deciso a lasciarlo morire solo perché non vai d’accordo col pastore?»

Miller scosse miseramente la testa. «Fatelo, allora».

«Il pastore preferirebbe che lo facessi tu, papà» disse Measure.

«No!» esclamò Miller con veemenza. «Chiunque altro, ma non io. Prima che lo faccia io, è meglio che lo faccia lui».

Nell’espressione di Measure, Thrower scorse la delusione, se non addirittura il disprezzo. Il pastore si alzò e si avvicinò a Measure, che sedeva stringendo in mano il coltello e la sega da ossa. «Giovanotto» disse, «non affrettarti a tacciare gli altri di vigliaccheria, giacché non puoi sapere quali motivi si celino nel loro cuore».

Voltandosi verso Miller, Thrower colse sul viso dell’uomo un’espressione di sorpresa e gratitudine. «Dagli il coltello e la sega» ordinò Miller.

Measure gli porse gli strumenti. Thrower tirò fuori un fazzoletto perché Measure ve li collocasse sopra.

Era stato tutto così facile. In pochi istanti aveva fatto in modo che tutti lo implorassero di prendere il coltello, assolvendolo in anticipo di qualsiasi possibile incidente. Si era perfino guadagnato un primo barlume d’amicizia da parte di Alvin Miller. Ah, sono riuscito a ingannarvi tutti quanti, pensò trionfante. Sono un degno avversario di Satana, vostro padrone. Ho ingannato il grande ingannatore, e nel giro di un’ora avrò rispedito all’inferno la sua corrotta progenie.

«Chi reggerà il ragazzo?» chiese Thrower. «Anche sotto l’effetto del vino, il dolore lo indurrà a contorcersi, se nessuno lo regge».

«Lo farò io» disse Measure.

«Il vino non lo vuole» spiegò Faith. «Dice che deve restare lucido».

«Ha solo dieci anni» disse Thrower. «Se insistete perché lo beva, dovrà obbedirvi per forza».

Faith scosse la testa. «Meglio lasciarlo fare. Sopporta il dolore meglio di un adulto. Una cosa da non credersi».

Ci credo eccome, disse Thrower dentro di sé. Il demonio che è in lui sicuramente gode della sofferenza e non vuole che l’alcol ne diminuisca l’estasi. «Benissimo allora. Non c’è motivo d’indugiare oltre». Precedette gli altri in camera da letto, e senza esitare sollevò la coperta che copriva il corpo di Alvin. Il ragazzo cominciò immediatamente a tremare per il freddo improvviso, pur continuando a sudare per la febbre. «Dite che ha segnato il punto dove debbo tagliare?»

«Al» disse Measure. «Sarà il reverendo Thrower a operarti».

«Papà» disse Alvin.

«Gliel’abbiamo chiesto, ma non è servito a niente» disse Measure. «Non vuole e basta».

«Sei sicuro di non volere un po’ di vino?» chiese Faith.

Alvin si mise a piangere. «No. Basta che papà sia qui a tenermi».

«D’accordo» si arrese Faith. «Passi che non sia lui a tagliare, ma adesso dovrà scegliere se stare col ragazzo o finire su per il camino». E uscì come una furia dalla stanza.

«Avete detto che sarebbe stato il ragazzo a segnare il punto» ripeté Thrower.

«Vieni, Al, adesso ti tiro su. Ti ho portato un pezzo di carbone. Adesso tu segna sulla gamba il punto esatto dove dobbiamo tagliare».

Alvin gemette mentre Measure lo metteva a sedere, ma fu con mano ferma che tracciò un grande rettangolo un po’ sopra la caviglia. «Tagliate partendo dal basso, lasciando attaccata la parte di sopra» disse con voce lenta e impastata, ogni parola uno sforzo evidente. «Measure, mentre lui taglia, tu solleva la pelle».

«Questo dovrà farlo la mamma» disse Measure. «Io debbo reggerti in modo che tu non faccia movimenti improvvisi».

«Non ne farò» disse Alvin. «Purché a reggermi sia papà».

Miller entrò lentamente nella stanza, immediatamente seguito dalla moglie. «Sì, ti reggerò io» disse. Preso il posto di Measure, si mise a sedere dietro il ragazzo in modo da stringerlo tra le braccia. «Ti reggerò io» ripeté.