Выбрать главу

«Non importa se stoni».

Measure lo guardò negli occhi e capì di non avere altra scelta se non fare ciò che gli era stato chiesto. In fin dei conti la gamba era di Alvin, e se voleva un chirurgo fischiettante erano affari suoi. Trasse un respiro profondo e cominciò a fischiettare, ma senza seguire una melodia precisa, solo una serie di note. Posò di nuovo il coltello sulla linea nera e cominciò a tagliare. All’inizio con delicatezza, perché aveva sentito Al inspirare bruscamente.

«Continua a fischiare» sussurrò Alvin. «Fino all’osso».

Measure riprese a fischiettare, e stavolta tagliò in fretta e a fondo. Fino all’osso al centro della linea. Una profonda incisione sui due lati. Poi inserì il coltello sotto gli angoli per sollevare la pelle e il muscolo. All’inizio il sangue uscì copiosamente, ma ben presto l’emorragia si arrestò. Measure immaginò che per fermare il sangue in quel modo Alvin avesse fatto qualcosa dentro di sé.

«Faith» disse papà.

La mamma allungò il braccio, prese il lembo sanguinante di pelle e lo sollevò. Al protese una mano tremante e disegnò un triangolo sull’osso striato di rosso della sua stessa gamba. Measure depose il coltello e prese la sega. Nel tagliare, la lama produceva un rumore sgradevole e stridente. Ma Measure continuò a fischiettare e a segare, a segare e a fischiettare. E ben presto si ritrovò in mano un cuneo d’osso. Apparentemente non aveva niente di speciale.

«Sei sicuro che fosse il punto giusto?» chiese.

Alvin annuì lentamente.

«L’ho tolto tutto?»

Al sedette immobile per qualche istante, poi annuì di nuovo.

«Vuoi che la mamma ti ricucia la ferita?» chiese ancora Measure.

Alvin non rispose.

«È svenuto» disse papà.

Il sangue ricominciò a scorrere, ma appena appena, filtrando lentamente nella ferita. La mamma aveva ago e filo infilati nel puntaspilli che portava appeso al collo. Un attimo dopo aveva rimesso a posto il lembo di pelle e lo stava ricucendo con punti fitti e precisi.

«Tu continua a fischiare, Measure» disse.

Così Measure continuò a fischiettare mentre lei continuava a cucire, finché la ferita non fu chiusa e bendata. Alvin, nuovamente disteso sul letto, dormiva come un neonato. Tutti e tre si alzarono per andare via. Papà posò delicatamente una mano sulla fronte del ragazzo.

«Mi sembra che non abbia più la febbre» disse.

Mentre uscivano pian piano dalla stanza, la melodia di Measure si fece decisamente allegra.

XIV

LA PUNIZIONE

Non appena Elly lo vide, si mostrò affettuosa come non mai, spazzolandogli la neve dagli abiti e aiutandolo a togliersi il mantello, senza nemmeno accennare una domanda a proposito di ciò che era accaduto.

Ma quella sua gentilezza non faceva nessuna differenza. Prima o poi uno dei fratelli le avrebbe raccontato com’era andata, e Armor avrebbe perso la faccia di fronte a sua moglie. Ben presto la storia sarebbe corsa di bocca in bocca nell’intera vallata del Wobbish. Corazza-di-Dio Weaver, fornitore dei territori occidentali, futuro governatore, sbattuto fuori di casa nella neve dal vecchio suocero. Tutti gli avrebbero riso dietro le spalle. Ne avrebbero dette di cotte e di crude. Mai in faccia, si capisce, poiché in pratica non c’era nessuno tra il lago Canada e il fiume Noisy che non gli dovesse del denaro o non avesse bisogno delle sue mappe per comprovare qualche diritto di proprietà. Ma il giorno in cui nel territorio del Wobbish si sarebbero svolte delle elezioni, avrebbero raccontato quella storia intorno a ogni seggio. L’uomo del quale sì ride può ispirare simpatia, ma non rispetto, e nessuno avrebbe votato per lui.

Armor si trovava ad affrontare il crollo di tutti i suoi progetti, e la moglie aveva un po’ troppo dei Miller perché lui riuscisse a sopportarlo. Certo, per quelle regioni di frontiera era carina, ma in quel momento non gliene importava. Le dolci notti e gli affettuosi risvegli non avevano più importanza. Né l’aveva che lei avesse sempre lavorato al suo fianco. In quel momento gl’importava soltanto della vergogna e della rabbia che provava.

«Lascia perdere».

«Devi pur toglierti quella camicia bagnata. Com’è possibile che la neve ti sia finita anche lì dentro?»

«Ho detto di togliermi le mani di dosso!»

Eleanor fece un passo indietro, interdetta. «Stavo solo…».

«Lo so che cosa ‘stavi solo’. Povero piccolo Armor, basta fargli una carezza sulla testa, come a un bambino, e lui starà subito meglio».

«Potresti ammalarti…».

«Va’ a dirlo a tuo padre! Se mi prendo una polmonite, glielo spiegherai tu che cosa significa buttare un uomo nella neve!»

«Oh, no!» esclamò Eleanor. «Non posso credere che papà…».

«Hai visto? Nemmeno mi credi!»

«Sì che ti credo, solo che papà non mi sembra tipo…».

«Nossignora, è proprio come il diavolo in persona, ecco com’è! Ecco che cosa si aggira in casa vostra! Lo Spirito del Male! E quando qualcuno cerca di portare in quella casa la parola di Dio, lo buttano fuori nella neve!»

«Che cosa stavi facendo lassù?»

«Stavo cercando di salvare la vita a tuo fratello. A quest’ora sarà sicuramente morto».

«E come pensavi di salvarlo, tu

Forse non era intenzione di Eleanor parlare in tono così sprezzante. Ma non importava. Armor capiva fin troppo bene che cosa aveva voluto dire. Che siccome lui non possedeva alcun potere occulto, non era in grado di aiutare chicchessia. Dopo anni e anni di matrimonio, Eleanor prestava ancora fede alla stregoneria, proprio come i suoi familiari. Armor si era illuso di averla cambiata, ma non c’era affatto riuscito. «Sei proprio come loro» scattò. «Il male è talmente radicato in te che non riesco a scacciarlo con le preghiere, non riesco a scacciarlo con le prediche, non riesco a scacciarlo con l’amore, e nemmeno riesco a scacciarlo con le urla!». Dicendo ‘preghiere’, l’aveva scossa un po’, come a sottolineare le proprie parole. Dicendo ‘prediche’ l’aveva scossa un po’ più forte, facendola incespicare all’indietro. Dicendo ‘amore’ l’aveva agguantata per le spalle e le aveva dato un tale scrollone da scioglierle la crocchia e farle svolazzare i capelli. Dicendo ‘urla’ le aveva dato un tale spintone da farla cadere sul pavimento.

Non appena la vide cadere, prima ancora che lei toccasse terra, Armor si sentì invadere da una vergogna ancora più bruciante di quando il suocero l’aveva scaraventato nella neve. Un uomo più forte di me mi fa sentire debole, allora torno a casa e strapazzo mia moglie: proprio un grand’uomo, mi sto dimostrando. Eccomi qui, un cristiano che non ha mai torto un capello a nessuno, uomo o donna che fosse, e adesso sbatto per terra mia moglie, carne della mia carne.

Questo pensò, e stava per gettarsi in ginocchio sul pavimento per mettersi a frignare come un bambino e implorare il suo perdono. E l’avrebbe fatto, sicuro, solo che quando lei gli vide quell’espressione sul viso contorto di rabbia e di vergogna, non capì ch’era adirato con se stesso, capì soltanto che le stava facendo del male, e di conseguenza fece la cosa che veniva più naturale a una donna cresciuta come lei. Mosse le dita in un gesto di difesa, e sussurrò una parola per tenerlo a distanza.

Armor non riuscì a gettarsi in ginocchio davanti a lei. Né riuscì a fare un solo passo nella sua direzione. Non riuscì nemmeno a pensare di fare un passo nella sua direzione. L’incantesimo difensivo era così potente che Armor barcollò all’indietro, si precipitò alla porta, la spalancò e, in maniche di camicia com’era, uscì correndo di casa. Tutto quello che più temeva al mondo, oggi si era realizzato. Il suo futuro in politica era probabilmente segnato, ma questo era niente in confronto al resto: sua moglie praticava le arti magiche in casa sua, e lo faceva contro di lui, e lui non aveva modo di difendersi. Sua moglie era una strega. Una strega. E la sua casa era contaminata.