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A conferma della sua intuizione, Thrower disse qualcosa, e la voce lontana rispose, e poco dopo il pastore cominciò a ruotare su se stesso, sempre più in fretta, come per guardare qualcosa che faceva il giro delle pareti. Armor aguzzò lo sguardo, ma per quanto si sforzasse non riuscì a distinguere di che si trattasse. Era come un’ombra davanti al sole, qualcosa che non si vedeva arrivare e non si vedeva andar via, ma per un istante tutto si faceva più buio e più freddo. Ecco ciò che vide Armor.

Poi smise. Armor scorse un luccichio nell’aria, un riflesso vago, come quando una lastra di vetro coglie la luce del sole. Thrower stava forse scorgendo la gloria di Dio, come Mosè? A giudicare dall’espressione del pastore, era improbabile. Armor non aveva mai visto un’espressione del genere. Come quella di un uomo costretto ad assistere all’uccisione del figlioletto in fasce.

Il luccichio e i riflessi scomparvero. La chiesa era immersa nel silenzio. Armor avrebbe voluto correre da Thrower e chiedergli: Che cos’avete visto? Qual era la vostra visione? Era forse una profezia?

Ma Thrower non aveva l’aria di uno disposto a rispondere a nessuna domanda. A giudicare dall’espressione, in quel momento avrebbe preferito morire. Il pastore si allontanò lentamente dall’altare. Si aggirò tra le panche, talvolta urtandone una, senza guardare e senza curarsi di dove il suo corpo lo portasse. Alla fine si trovò di fronte alla finestra, lo sguardo rivolto al vetro, ma Armor si rese conto che non vedeva nulla; se ne stava semplicemente lì, con gli occhi spalancati, la morte dipinta sul viso.

Il reverendo Thrower sollevò la mano destra aperta e posò il palmo sul vetro. E cominciò a premere. A premere e a spingere tanto forte che Armor poté vedere il vetro flettersi verso l’esterno. «Basta!» gridò Armor. «Vi farete male!»

Thrower non diede segno di aver sentito, ma continuò a premere. Armor si alzò. Bisognava fermarlo prima che il vetro si rompesse e lui si tagliasse.

Con uno schianto il vetro andò in frantumi. Il braccio di Thrower vi s’infilò fino alla spalla. Il pastore sorrideva. Quindi ritrasse parzialmente il braccio e cominciò a farlo scorrere lungo la cornice, premendolo contro i frammenti di vetro ancora incastrati nello stucco.

Armor cercò di allontanarlo dalla finestra, ma il pastore pareva avere acquistato una forza sovrumana. Alla fine Armor dovette saltargli addosso in modo da trascinarlo sul pavimento. Il sangue era schizzato dappertutto. Armor afferrò il braccio insanguinato di Thrower, che cercò di sottrarsi alla presa rotolando su se stesso. Armor non aveva scelta. Per la prima volta nella sua vita di cristiano, chiuse il pugno e sferrò un cazzotto al mento di Thrower. La testa del pastore andò a sbattere contro il pavimento, e l’uomo perse i sensi all’istante.

Debbo fermare il sangue, pensò Armor. Ma prima di tutto bisognava togliere i pezzi di vetro. Alcuni dei frammenti più grossi erano entrati solo parzialmente, ed estrarli era facile. Ma altri frammenti, i più piccoli, erano penetrati in profondità nella carne, così che solo la punta restava visibile, e in più questa era resa viscida dal sangue ed era difficile far presa. Alla fine, comunque, Armor aveva estratto tutti i frammenti di vetro ch’era riuscito a trovare. Fortunatamente non c’era una sola ferita da cui il sangue sgorgasse a fiotti, perciò non doveva esser stato reciso nessun vaso sanguigno importante. Armor si tolse la camicia, restando a torso nudo nella corrente gelida che entrava dalla finestra. Ma non se ne curò. Strappò la camicia in modo da ricavarne delle bende. Fasciò le ferite e arrestò il sangue. Quindi si mise a sedere e attese che Thrower riprendesse i sensi.

Con sua grande sorpresa, Thrower scoprì di non essere morto. Era supino su un duro pavimento di legno, ed era coperto da qualcosa di pesante. Gli faceva male la testa, e soprattutto il braccio. Ricordò che aveva cercato di tagliarsi le vene, e pensò che avrebbe dovuto riprovarci, ma non riusciva a ritrovare in sé la stessa volontà di morire. Ricordava il Messo sotto forma di gigantesco rettile, ne ricordava i terribili occhi vuoti, però non riusciva più a ricordare ciò che aveva provato. Sapeva soltanto che era la sensazione peggiore che un essere umano potesse provare.

Il braccio era fasciato strettamente. Chi era stato?

Udì uno sciabordio d’acqua. Poi il rumore di uno straccio bagnato sbattuto contro il legno. Nella luce crepuscolare che entrava dalla finestra, riuscì a distinguere la sagoma di qualcuno che lavava la parete. Uno dei riquadri della finestra era chiuso da una tavola.

«Chi è?» chiese Thrower. «Chi siete?»

«Sono io».

«Corazza-di-Dio».

«Sto lavando le pareti. Questa è una chiesa, non un mattatoio».

Naturale che ci fosse sangue dappertutto. «Mi spiace» mormorò Thrower.

«Lo faccio volentieri» disse Armor. «Penso di avervi tolto dal braccio tutti i pezzi di vetro».

«Siete nudo» disse Thrower.

«La mia camicia ce l’avete voi, attorno al braccio».

«Dovete avere freddo».

«Forse prima, ma ora ho sistemato la finestra e ho caricato ben bene la stufa. Voi, piuttosto, siete così pallido che sembrate morto da una settimana».

Thrower cercò di mettersi a sedere, ma non ci riuscì. Era troppo debole; il braccio gli faceva troppo male.

Armor lo costrinse a restare disteso. «Cercate di stare giù, reverendo Thrower. Giù. Ve la siete vista brutta».

«Sì».

«Spero che non ve la prendiate, ma quando siete entrato ero già qui. Mi ero addormentato accanto alla stufa… mia moglie mi ha buttato fuori di casa. Oggi mi hanno buttato fuori due volte». Rise, ma senza allegria. «Così vi ho visto».

«Visto?»

«Era una visione, vero?»

«L’avete visto?»

«Non molto. Più che altro ho visto voi. Qualche barlume, se capite quel che voglio dire. Qualcosa che correva lungo le pareti».

«L’avete visto» disse Thrower. «Oh, Armor, è stato terribile, è stato meraviglioso».

«Avete visto Dio?»

«Dio? Dio non ha corpo e non può apparire a occhi umani, Armor. No, ho visto un angelo, un angelo vendicatore. Sicuramente lo stesso che vide anche il Faraone; l’angelo della morte che attraversò le città d’Egitto uccidendo tutti i primogeniti».

«Oh» fece Armor, perplesso. «Volete dire che avrei dovuto lasciarvi morire?»

«Se fosse stato scritto che dovevo morire, non avreste potuto salvarmi» replicò Thrower. «Il fatto che mi abbiate salvato, che vi trovaste qui nel momento della mia disperazione, è segno certo che debbo vivere. Sono stato punito, ma non annientato, Corazza-di-Dio. Mi è concessa un’altra possibilità».

Armor annuì, ma Thrower vedeva ch’era turbato da qualcosa. «Che cosa c’è? Che cosa vorreste chiedermi?»

Armor sgranò gli occhi. «Riuscite a udire ciò che penso?»

«Se potessi, non avrei bisogno di chiedervelo».

Armor sorrise. «Credo di no».

«Chiedete pure, e vi dirò tutto ciò che posso».

«Vi ho udito pregare» disse Armor. Quindi tacque, come se quella fosse stata la sua domanda.

Non sapendo dove l’altro volesse andare a parare, Thrower non sapeva bene che cosa rispondere. «Ero disperato, perché ero venuto meno alla volontà del Signore. Mi era stata affidata una missione, ma nel momento supremo il mio cuore era stato assalito dal dubbio». Così dicendo tese la mano sana per afferrare Armor inginocchiato accanto a lui, riuscendo solo a sfiorare la stoffa dei pantaloni. «Corazza-di-Dio» balbettò, «non permettete mai al dubbio di fare ingresso nel vostro cuore. Non dubitate mai della verità di ciò in cui credete. In questo modo spalanchiamo la porta a Satana perché s’impadronisca di noi».

Ma non era la risposta che Armor si aspettava.

«Chiedetemi quel che volete» insisté Thrower. «Se posso, vi dirò la verità».