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«La vostra preghiera parlava di uccidere qualcuno» disse Armor.

Thrower non aveva pensato di dover rivelare a nessuno quale fardello il Signore gli avesse assegnato. D’altra parte, se il Signore avesse voluto tenere Armor all’oscuro del suo segreto, non gli avrebbe permesso di entrare in chiesa e udire le sue parole. «Sono fermamente convinto che sia stato il Signore Iddio a portarvi da me» disse finalmente. «Io sono un debole, Armor, e sono venuto meno a ciò che il Signore mi aveva chiesto. Ma adesso so che Egli ha voluto inviarmi voi, uomo di fede, per sostenermi e aiutarmi».

«Cos’è che vi aveva chiesto, il Signore?»

«Non certo di commettere un assassinio, fratello mio. Il Signore non mi avrebbe certamente chiesto di uccidere un essere umano. È un diavolo che sono stato mandato a uccidere. Un diavolo che vive in forma umana in quella casa».

Armor strinse le labbra, immerso nei suoi pensieri. «Volete dire che quel ragazzo non è semplicemente posseduto? Che non si tratta di qualcosa che si possa scacciare con un esorcismo?»

«Ho tentato, ma si è preso beffe del Libro e ha deriso le mie parole. Non è posseduto, Corazza-di-Dio. È la progenie stessa del demonio».

Armor scosse la testa. «Mia moglie non è un demonio, eppure è sua sorella».

«Vostra moglie ha rinunciato alla stregoneria, e per questo è stata purificata».

Armor rise amaramente. «Lo pensavo anch’io».

Thrower adesso capì perché Armor fosse venuto a rifugiarsi in chiesa, nella dimora di Dio: la sua stessa casa era stata contaminata.

«Corazza-di-Dio, vuoi aiutarmi a purificare questa terra, questa città, quella casa, quella famiglia, dall’influenza malefica da cui sono state corrotte?»

«Questo potrà salvare mia moglie?» chiese Armor. «Potrà porre fine alla sua insana passione per la stregoneria?»

«È possibile» rispose Thrower. «Forse il Signore ha voluto che c’incontrassimo proprio per purificare ambedue le nostre case».

«Per tutto ciò che è in mio potere» disse Armor, «sono insieme a voi, contro il demonio».

XV

PROMESSE

Il fabbro ascoltò Scambiastorie leggere la lettera dall’inizio alla fine.

«Ricordate quella famiglia?» chiese Scambiastorie.

«Certo» disse Makepeace Smith. «Quella del loro primogenito è stata una delle prime tombe del nostro cimitero. Sono stato io a ripescarne il corpo dal fiume, con queste stesse mani».

«Allora siete disposto a prenderlo come apprendista?»

Un ragazzo di circa sedici anni entrò nella fucina con un secchio di neve. Gettata un’occhiata al visitatore, chinò la testa e si diresse verso il barile della tempra accanto alla fornace.

«Come vedete un apprendista ce l’ho già» disse il fabbro.

«Ormai grandicello, mi pare» osservò Scambiastorie.

«Sì, più o meno ci siamo» assentì il fabbro. «Che ne dici, Bosey? Sei pronto a metterti in proprio?»

Bosey abbozzò un sorriso, si controllò, annuì. «Sissignore» rispose.

«Come maestro, non ho un buon carattere» disse il fabbro.

«Alvin è un bravo ragazzo. Lavorerà sodo».

«Ma obbedirà? A me piace essere obbedito».

Scambiastorie guardò nuovamente Bosey, impegnato a spalar neve nel barile.

«Ho detto che è un bravo ragazzo» disse. «Se lo trattate secondo giustizia, vi obbedirà».

Il fabbro lo guardò negli occhi. «Non sono tipo da commettere ingiustizie. Ai ragazzi che prendo con me non torco mai nemmeno un capello. Ti ho mai torto un capello, Bosey?»

«Mai, signore».

«Vedete, Scambiastorie, l’apprendista può obbedire per paura, come può obbedire per avidità. Ma se sono un buon maestro, mi obbedirà perché capisce che solo così potrà imparare».

Scambiastorie gli sorrise. «Niente retta» disse. «Il ragazzo dovrà guadagnarsela col suo lavoro. E bisognerà che vada a scuola».

«Un fabbro non ha bisogno di saper tenere la penna in mano».

«Non trascorrerà molto tempo prima che il territorio dell’Hio diventi parte degli Stati Uniti» disse Scambiastorie. «Il ragazzo dovrà votare, penso, e leggere i giornali. Chi non sa leggere, sa soltanto quello che gli dicono gli altri».

Makepeace Smith guardò Scambiastorie con un sorriso celato solo per metà. «Davvero? Non siete forse voi a dirmelo? Sicché non saprei quello che so, solo perché a dirmelo è qualcun altro, cioè voi?»

Scambiastorie rise e annuì. Il fabbro aveva fatto centro. «Io stesso mi guadagno da vivere raccontando storie» disse Scambiastorie, «per cui so quanta strada si possa fare a forza di parlare. Alvin sa già leggere meglio della maggior parte dei suoi coetanei. Perdere un po’ di scuola non gli farebbe gran danno. Ma sua madre vuole che impari a scrivere e far di conto come un professore. Promettetemi soltanto che non vi opporrete a che lui vada a scuola, se vuole andarci, e mi riterrò soddisfatto».

«Avete la mia parola» disse Makepeace Smith. «E non c’è bisogno di metterlo per iscritto. Un uomo che mantiene la sua parola non ha bisogno di saper leggere e scrivere. Ma uno che le sue promesse deve metterle per iscritto, dev’essere sorvegliato giorno e notte. Lo so per esperienza. Anche qui a Hatrack sono arrivati gli avvocati».

«La maledizione della civiltà» ghignò Scambiastorie. «Quando un uomo non riesce più a convincere gli altri delle sue bugie, assume un professionista che le racconti al suo posto».

Risero insieme, mettendosi a sedere su due grossi ceppi di legno collocati subito oltre la soglia della fucina, mentre il fuoco ardeva nella fornace di mattoni alle loro spalle e il sole scintillava sulla neve fangosa. Un pettirosso sfrecciò attraverso il piazzale erboso, pesticciato e cosparso di escrementi di cavalli, che si apriva davanti alla costruzione. Scambiastorie per un istante fu come abbagliato da quell’apparizione inaspettata sullo sfondo del bianco, del grigio e del marrone della fine dell’inverno.

In quel momento di meraviglia dinanzi al volo del pettirosso, Scambiastorie seppe per certo, anche se non avrebbe saputo dirne il perché, che sarebbe trascorso parecchio tempo prima che il Distruttore permettesse al giovane Alvin di giungere fin lì. E quando fosse arrivato, sarebbe stato come un pettirosso fuori stagione. Avrebbe abbagliato tutti, anche se non se ne sarebbero resi conto e lo avrebbero ritenuto altrettanto naturale di un uccello in volo, senza rendersi conto di quale miracolo fosse ogni istante in cui l’uccello restava sospeso nell’aria.

Scambiastorie si riscosse, e la visione svanì. «Allora siamo d’accordo. Scriverò loro di mandarvi il ragazzo».

«Non più tardi del primo di aprile».

«A meno che non pensiate che il ragazzo sia capace di comandare le stagioni, sarà meglio che non gl’imponiate termini troppo precisi».

Il fabbro brontolò qualcosa, licenziandolo con un gesto. Nel complesso, la trattativa era andata bene. Scambiastorie se ne andò di ottimo umore. Aveva compiuto il suo dovere. Spedire la lettera non sarebbe stato un problema; dalla cittadina di Hatrack passavano tutte le settimane carovane dirette a ovest.

Sebbene fosse trascorso molto tempo dall’ultima volta che si era recato in quei luoghi, riconobbe subito la strada che dalla fucina portava alla locanda. Era una strada ben battuta e non molto lunga. La locanda era molto più grande di prima, e più avanti, sulla strada, adesso sorgevano alcune botteghe. Un sellaio, un calzolaio, un ferramenta. Il genere di servizi utili a gente che viaggia.

Aveva appena messo piede sulla veranda quando la porta si spalancò e la vecchia Peg Guester ne uscì a braccia aperte. «Ah, Scambiastorie, troppo tempo siete stato via! Entrate, entrate!»

«Sono contento di rivedervi, Peg» disse Scambiastorie.

Horace Guester gli rivolse un grugnito da dietro il bancone della sala comune, dov’era intento a servire alcuni ospiti assetati. «Un altro astemio è proprio l’ultima cosa di cui avevamo bisogno!»