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«Questo mi consola» disse la ragazza. Era sincera, Scambiastorie lo sentiva; ma sentiva pure che in lei si agitava qualcos’altro.

«Volevo anche dirti che verrà qui il primo di aprile, per iniziare il suo apprendistato col fabbro».

«So che verrà» disse Peggy, «ma non il primo di aprile».

«Davvero?»

«E nemmeno entro quest’anno».

La paura per il ragazzo attraversò il cuore di Scambiastorie come una pugnalata. «In fin dei conti, allora, sembra proprio che sia venuto qui per sapere il futuro. Che cosa gli riserva? Che cosa accadrà?»

«Potrebbe accadergli di tutto» rispose Peggy, «e sarei una stupida a cercare d’indovinare che cosa. Il suo futuro lo vedo sempre come mille strade aperte dinanzi a lui. Ma pochissime di quelle strade lo conducono qui in aprile, mentre molte di più lo vedono morto con la scure di un Rosso piantata nella testa».

Scambiastorie si chinò sopra lo scrittoio del medico, posando le mani su quelle della ragazza. «Vivrà?» chiese.

«Finché avrò fiato per respirare» rispose Peggy.

«E finché l’avrò io» concluse Scambiastorie.

Sedettero in silenzio per qualche istante, mano nella mano, guardandosi negli occhi, finché Peggy non scoppiò a ridere distogliendo lo sguardo.

«Di solito quando gli altri ridono ne capisco il perché» disse Scambiastorie.

«Stavo solo pensando a noi due, e a che povero simulacro di congiura rappresentiamo, considerando i nemici che il ragazzo dovrà affrontare».

«È vero, ma la nostra è una buona causa, e la natura intera congiurerà insieme a noi, non ti sembra?»

«E Dio stesso» aggiunse Peggy in tono deciso.

«Su questo non ci giurerei» disse Scambiastorie. «Mi sembra che pastori e preti l’abbiano talmente imbrigliato con la loro dottrina che il povero vecchio Padre ha a malapena lo spazio di muoversi. Adesso che hanno interpretato la Bibbia fino all’ultima parola, l’ultima cosa che desidererebbero sarebbe che Egli facesse nuovamente sentire la Sua voce o mettesse la Sua mano nelle cose di questo mondo».

«Ho visto intervenire la Sua mano qualche anno fa, nella nascita di un settimo figlio d’un settimo figlio» ribatté Peggy. «Chiamatela pure natura se volete, visto che siete andato a scuola da maghi e filosofi. Io so soltanto che la sua vita è inestricabilmente legata alla mia, come se fossimo nati dallo stesso ventre».

La domanda successiva Scambiastorie non l’aveva pensata in anticipo, ma gli venne alle labbra da sola: «E ne sei felice?»

La ragazza lo guardò con occhi colmi d’una spaventosa tristezza. «Di solito no» disse. In quel momento parve così stanca che Scambiastorie non poté fare a meno di alzarsi e di andare al suo fianco e abbracciarla come un padre avrebbe abbracciato una figlia, tenendola stretta a lungo. Se piangesse o si trattenesse, lui non l’avrebbe saputo dire. Nessuno dei due pronunciò una parola. Alla fine lei si liberò dell’abbraccio e si chinò di nuovo sul registro. Scambiastorie se ne andò senza rompere il silenzio.

A passo lento, tornò alla locanda dove lo aspettava la cena. Lì, se voleva guadagnarsi vitto e alloggio, aveva storie da raccontare e faccende da sbrigare. Ma ogni storia pareva impallidire dinanzi all’unica storia che non poteva raccontare, all’unica storia della quale non conosceva la fine.

Sul prato intorno al mulino c’era una mezza dozzina di carri, osservati con occhio vigile dai contadini venuti da lontano per procurarsi farina di buona qualità. Le loro mogli non avrebbero più dovuto sudare con mortaio e pestello per macinare una farina di grana grossa buona soltanto per un pane duro e grumoso.

L’acqua correva impetuosa nella gora, facendo girare la grande ruota a pale. All’interno della costruzione la forza motrice della ruota veniva trasmessa, attraverso una serie d’ingranaggi, alla mola che girava senza interruzione sopra la grande macina solcata da un disegno ad angolo retto.

Il mugnaio versava il grano sulla macina; la mola, passando e ripassando, lo triturava trasformandolo in farina. Con una scopa, il mugnaio prima stendeva uniformemente la farina per un secondo passaggio, poi la faceva cadere in un cesto sorretto dal figlio, un ragazzo sui dieci anni. Il ragazzo versava la farina in un setaccio, che poi scuoteva in modo da riempire di farina bianca un sacco di tela; ciò che restava nel setaccio, lo vuotava in un cassone di legno. Quindi tornava al fianco del padre per riempire un altro cesto.

Strano a dirsi, mentre lavoravano in silenzio fianco a fianco, i loro pensieri erano all’incirca gli stessi. Ecco quello che vorrei fare per sempre, pensava ciascuno dei due. Alzarmi al mattino, venire al mulino, e lavorare tutto il giorno al suo fianco. Non importava se quel desiderio non avrebbe mai potuto realizzarsi. Non importava se forse non si sarebbero visti mai più, una volta che il ragazzo fosse partito per andare apprendista dal fabbro che viveva là dove egli era nato. Quei pensieri non facevano che accrescere la dolcezza del momento, che ben presto sarebbe diventato solo un ricordo, che ben presto sarebbe diventato soltanto un sogno.

RINGRAZIAMENTI

Voglio qui ringraziare Carol Breakstone per l’aiuto che mi ha dato con le sue ricerche sulla magia nella storia della frontiera americana. Il materiale da lei raccolto è divenuto una ricca miniera di temi e dettagli di vita quotidiana nel periodo pionieristico dei territori di nord-ovest. Ho anche fatto largo uso delle informazioni contenute in A Field Guide to America’s History di L. Brownstone (Facts on File, Inc.) e The Forgotten Crafts di John Seymour (Knopf).

Scott Russell Sanders ha dato il suo contributo mettendomi fra le mani una copia del suo splendido ciclo narrativo Wilderness Plots: Tales About the Settlement of the American Land (Quill). Il suo libro mi ha fatto capire quali risultati si possano ottenere da una trattazione realistica della vita di frontiera, e mi ha aiutato a mantenermi nella giusta direzione con il mio attuale progetto narrativo su Alvin il Creatore. E sebbene sia scomparso da lungo tempo, molto debbo anche a William Blake (1757-1827) per aver scritto poesie e proverbi che si sono adattati perfettamente alla voce di Scambiastorie.

Soprattutto sono grato a Kristine A. Card, per l’inestimabile valore delle sue critiche, dei suoi incoraggiamenti, del suo lavoro di redazione del testo e di correzione delle bozze, e per essere riuscita senza grande aiuto a fare dei nostri figli degli esseri umani saggi, gentili e bene educati, pronti a perdonare il padre allorché questi non era propriamente un esempio di simili virtù.

FINE

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