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I vorticanti volti dei fantasmi gli comparivano improvvisamente accanto per poi scomparire roteando come trottole, provocandogli un senso di vertigine. Si allontanavano lasciandosi alle spalle nell'oscurità l'eco di grasse risate. L'aria era umida, calda e pesante. La forza di gravità opprimente. A mano a mano che scendeva, passando da un livello all'altro in una successione interminabile, repentini e momentanei lampi di luce gialla gli rivelavano alla vista caverne tortuose che si estendevano verso l'esterno dal sentiero su tutti i lati, irradiandosi ad angolazioni incomprensibili, concave e convesse al tempo stesso.

Poi venne investito da un'improvvisa e accecante cascata di luce. Il fuoco pulsante di un sole sotterraneo gli fluiva incontro librandosi dalle profondità davanti a lui, un duro e minaccioso splendore.

Valentine si trovò irresistibilmente attratto da quella terribile luce; poi, senza alcuna percettibile transizione, a un tratto si trovò non più sottoterra, bensì all'aperto, nella vasta pianura di Velalisier, in cima a una delle grandi piattaforme di pietra azzurra note con il nome di Tavole degli dei.

Aveva in mano un lungo coltello, una scimitarra curva che rifulgeva come una saetta sotto il cocente sole di mezzogiorno.

Scrutando dall'alto la pianura vide un'imponente folla venire in processione verso di lui da est, dalla direzione in cui si trovava, molto distante, il mare: migliaia di persone, centinaia di migliaia, come un esercito di formiche in marcia. Anzi, due eserciti; perché la folla avanzava in due grandi colonne parallele. In coda a ciascuna colonna, in lontananza, quasi all'altezza dell'orizzonte, Valentine vedeva due giganteschi carri di legno montati su ruote di dimensioni titaniche. Ai carri erano fissate enorme gomene e la gente, con possenti tiri alla fune sottolineati da grugniti e sbuffi, li trainava lentamente in avanti, mezzo metro alla volta, dirigendosi verso il centro della città.

Sopra ciascuno dei carri giaceva un colossale re delle acque, un drago marino di dimensioni mostruose. Le grandi creature rivolgevano sguardi furiosi ai loro carcerieri ma erano incapaci, per quanto si sforzassero e nonostante la prodigiosa e leggendaria forza dei draghi marini, di liberarsi dai legacci che li immobilizzavano. E a ogni trazione delle gomene i carri che li trasportavano li conducevano più vicini alle piattaforme gemelle chiamate Tavole degli dei.

Il luogo del sacrificio.

Il luogo che avrebbe fatto da teatro alla terribile follia della Profanazione. E dove Valentine, il Pontifex di Majipoor, attendeva stringendo nel pugno il manico della lunga e luccicante lama.

«Maestà? Maestà?»

Valentine batté le palpebre e si destò, intontito. Sopra di lui incombeva un mutaforma, estremamente alto e di forma marcatamente attenuata, con gli occhi dal taglio tanto allungato e stretto che a un primo sguardo sembrava esserne privo. Valentine stava per tirarsi su d'un balzo; poi, riconoscendo l'istante dopo nell'intruso il fidato Aarisiim, si rilassò.

«Ha gridato, maestà», lo informò il metamorfo. «Stavo venendo qui a riferirle una strana notizia che ho appreso, e quando sono giunto fuori della sua tenda ho sentito la sua voce. Si sente bene?»

«È stato solo un sogno. Un bruttissimo sogno.» Che ancora aleggiava spiacevolmente alla periferia della sua mente. Valentine cedette a un brivido e cercò di sfuggire alla presa che ancora aveva su di lui. «Che ora è, Aarisiim?»

«L'ora di haigus, maestà.»

Era dunque passata la mezzanotte. E non mancava poi molto all'alba.

Valentine si sforzò di tornare in uno stato di completa veglia. Riuscendo ad aprire per intero gli occhi, alzò lo sguardo e fissò quel volto pressoché privo di lineamenti. «Ci sono notizie, hai detto? Che notìzie?»

Il colorito del metamorfo mutò in una tonalità più ricca e scura del consueto verde pallido e le fessure degli occhi si contrassero tre o quattro volte in rapida successione. «Questa notte ho parlato con uno degli archeologi, una donna di nome Hieekraad, responsabile della catalogazione dei reperti rinvenuti. È stato il caposquadra degli scavatori a portarla da me, Vathiimeraak, dal villaggio. A quanto pare lui e questa Hieekraad sono amanti.»

Valentine si rigirò, impaziente. «Vieni al dunque, Aarisiim.»

«Certo, maestà. Sembra che la donna, Hieekraad, abbia rivelato a Vathiimeraak più informazioni di quante un caposquadra sarebbe potuto venire in possesso altrimenti. E questa notte lui le ha riferite a me.»

«Allora?»

«Ci hanno mentito, maestà… tutti gli archeologi, dal primo all'ultimo, nascondendoci intenzionalmente una notizia importante. Qualcosa di molto importante. Quando Vathiimeraak ha appreso da questa Hieekraad che eravamo stati ingannati tanto sfacciatamente, l'ha portata da me e le ha ordinato di raccontarmi tutto.»

«Continua.»

«La notizia è questa», riprese Aarisiim. Fece una pausa, barcollando lievemente come se stesse per precipitare in un abisso senza fondo. «Due settimane prima di morire, il dottor Huukaminaan scoprì un sepolcro mai individuato prima. Si trova in una zona desolata nella periferia occidentale della città. Con lui c'era anche Magadone Sambisa. Si tratta di un sepolcro risalente a un periodo storico più recente rispetto all'abbandono di Velalisier. Di poco successivo, a dire il vero, all'era di Lord Stiamot.»

«Ma com'è possibile?» disse Valentine, corrucciando la fronte. «Anche trascurando il fatto che su questo luogo gravava una maledizione e dunque nessun piurivar avrebbe mai osato metterci piede dopo la sua distruzione, in quel periodo nessun piurivar abitava questo continente. Stiamot li aveva relegati nelle riserve di Zimroel, come del resto tu sai bene, Aarisiim. C'è qualcosa che non quadra.»

«Ma questo non è un sepolcro dei piurivar, maestà.»

«Come?»

«È la tomba di un umano», lo informò Aarisiim. «E per giunta la tomba di un Pontifex, secondo Hieekraad.»

La sorpresa di Valentine non avrebbe potuto essere più grande neppure se Aarisiim avesse fatto detonare una carica esplosiva. «Un Pontifex?» ripeté ebetemente. «La tomba di un Pontifex qui a Velalisier?»

«Così afferma questa donna di nome Hieekraad. E l'identificazione non lascerebbe adito a dubbi. I simboli sulle pareti della tomba, tra cui il sigillo del Labirinto e altri, gli oggetti cerimoniali rinvenuti accanto al corpo, le iscrizioni… tutto quanto, insomma, indica che si tratta della tomba di un Pontifex, risalente a migliaia di anni fa. Così mi ha detto; e credo che mi abbia detto la verità. Vathiimeraak le stava accanto con fare arrabbiato e minaccioso mentre parlava. Era troppo impaurita dalla sua presenza per raccontare falsità.»

Valentine si alzò e prese a passeggiare nervosamente per la tenda. «Nel nome del Divino, Aarisiim! Se tutto questo è vero, si tratta di una notizia che avrebbe dovuto essere portata alla mia attenzione nel momento stesso del ritrovamento della tomba! O comunque comunicatami al mio arrivo qui. Ritrovano la tomba di un antico Pontifex e osano nascondermela? Incredibile! Incredibile!»

«L'ordine di bloccare ogni notizia della scoperta è partito da Magadone Sambisa in persona. Non doveva essere fatto alcun annuncio pubblico. Neppure gli scavatori erano al corrente di quanto era stato rinvenuto. Doveva rimanere un segreto noto unicamente agli archeologi presenti nel sito.»