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«Era sul punto di penetrare nel santuario quando un piurivar che si era nascosto nel cunicolo nottetempo balzò fuori dall'oscurità e gli trafisse il cuore con una spada.»

«Aspetti un minuto», disse Valentine. Cominciò ad agitarsi in lui una certa esasperazione. «Mi sta dicendo che un piurivar sbucò fuori dal nulla e lo uccise? Un piurivar? Ho da poco discusso di questo con Aarisiim. Non solo non c'erano piurivar in tutta Alhanroel a quel tempo, dato che Stiamot li aveva fatti rinchiudere tutti nelle riserve di Zimroel, ma pare che su questo luogo pendesse una maledizione che avrebbe scoraggiato qualunque appartenente a quella razza di avvicinarsi.»

«A eccezione dei guardiani del santuario, dispensati dalla maledizione.»

«Guardiani?» domandò Valentine. «Quali guardiani? Non ho mai sentito parlare della presenza di guardiani piurivar qui.»

«Neppure io, fino a quando Torkkinuuminaad mi ha raccontato questa storia. E pare che all'epoca della distruzione e dell'abbandono della città venne presa la decisione di lasciare qui una piccola guarnigione di guardie, il cui compito era di impedire a chiunque di entrare nel santuario e dunque di guadagnare l'accesso a ciò che si trova al suo interno, di qualunque cosa si tratti. E quegli uomini rimasero di guardia qui nel corso dei secoli. C'erano ancora guardiani qui quando il Pontifex venne per saccheggiare il santuario. Uno di loro si nascose nel cunicolo e uccise il Pontifex quando ormai si stava apprestando ad abbattere la parete.»

«E la sua gente lo seppellì qui? Perché mai decisero di fare una cosa del genere?»

Magadone Sambisa sorrise. «Per coprire l'accaduto, naturalmente. Rifletta, maestà: un Pontifex viene a Velalisier in cerca di conoscenze mistiche proibite e viene assassinato da un piurivar che si aggirava invisibile e indisturbato in una città che si supponeva abbandonata. Se la notizia fosse trapelata, avrebbero tutti fatto una pessima figura.»

«Già, immagino di sì.»

«Non dubito che i funzionari pontificali volessero impedire che si sapesse come il loro sovrano era stato abbattuto davanti ai loro occhi. Né potevano essere ansiosi di pubblicizzare la storia del santuario segreto, che avrebbe indotto altri a venirlo a cercare. E certamente nessuno doveva sapere che il Pontifex era morto per mano di un piurivar, un evento che avrebbe potuto riaprire tutte le ferite della Guerra di conquista e innescare forse una serie di terribili rappresaglie.»

«Così coprirono tutto l'accaduto», disse Valentine.

«Esattamente. Scavarono una tomba tra le rovine in una zona remota e isolata e ci seppellirono il Pontifex seguendo il rituale appropriato, dopodiché tornarono al Labirinto recando la notizia che sua maestà era morto improvvisamente presso le rovine, falciato da una malattia sconosciuta, cosa che aveva sconsigliato il trasporto della salma da Velalisier perché venissero celebrati i consueti funerali di stato. Si chiamava Ghorban. C'è un'iscrizione nella tomba che lo identifica. Ghorban Pontifex, il terzo Pontifex dopo Stiamot. È realmente esistito. Ho fatto delle ricerche nella Casa del registro. Il suo nome è riportato nella lista dei sovrani.»

«Non mi è familiare.»

«No. Non è tra i più noti. Ma chi può ricordarli tutti? Centinaia e centinaia hanno regnato, nel corso di migliaia di anni. Ghorban fu Pontifex per un breve periodo e l'unico evento importante del suo regno venne scrupolosamente omesso dai registri ufficiali. Mi riferisco alla sua visita a Velalisier, naturalmente.»

Valentine annuì. Aveva sostato più volte davanti alla grande lastra di marmo all'esterno della Casa del registro del Labirinto, scrutando in diverse occasioni la lunga lista dei suoi predecessori, provando meraviglia per i molti nomi di monarchi ormai pressoché dimenticati: Meyk, Spurifon, Heslaine, Kandibal e decine di altri. Dovevano tutti essere stati grandi uomini, nel loro periodo storico. Senza dubbio c'era anche un Ghorban in quella lista, se così affermava Magadone Sambisa, che aveva regnato da Coronal con il nome di Lord Ghorban, vivendo in regale splendore in cima al Monte Castello, assurgendo poi al Pontificato in età matura, quando per qualche ragione si era recato in visita alla maledetta città di Velalisier, dov'era morto, era stato sepolto e poi era caduto nell'oblio.

«Un racconto curioso», commentò Valentine. «Ma che cosa contiene che possa averla indotta a tenere nascosta la scoperta della tomba di Ghorban?»

«Le stesse ragioni che indussero quegli antichi funzionari pontificali a nascondere le vere circostanze della sua morte», rispose Magadone Sambisa. «Certamente lei sa che la maggioranza delle persone comuni è già sufficientemente spaventata dall'idea di venire in questa città. L'orribile vicenda della Profanazione, la maledizione, il racconto di fantasmi che si aggirano tra le rovine, l'aria sinistra del luogo stesso… lei sa com'è fatta la gente, maestà. Ha paura dell'ignoto, delle cose che non conosce. E io ho temuto che se fosse venuta alla luce la stona di Ghorban, del santuario segreto, di come un antico e sconosciuto Pontifex sia venuto qui alla ricerca di misteriosi reperti magici, di come sia poi stato assassinato da un piurivar… ebbene tutto questo potrebbe causare una sollevazione pubblica dettata dallo sdegno per gli scavi in corso a Velalisier, determinandone addirittura l'interruzione. E io non voglio che questo accada. Tutto qui, maestà. In ultima analisi, stavo solo cercando di difendere il mio posto di lavoro. Nulla più.» Era una confessione umiliante. Il suo tono di voce, rimasto piuttosto vigoroso durante tutto il racconto della vicenda di Ghorban, si era fatto piatto, stanco, quasi spento. A Valentine parve comunicare assoluta sincerità.

«E il dottor Huukaminaan non era d'accordo che l'annuncio della scoperta potesse minacciare la prosecuzione del vostro lavoro qui?»

«Era cosciente del rischio. Ma non se ne curava. Per lui la cosa più importante era sempre la verità. Se l'opinione pubblica avesse esercitato pressioni tali da far chiudere gli scavi, facendo sì che nessuno più avrebbe lavorato qui per cinquanta, cento, o cinquecento anni, a lui sarebbe andato bene così. La sua integrità non gli permetteva di nascondere un tale sorprendente pezzo di storia, per nessuna ragione. Così battagliammo a lungo e alla fine riuscii a convincerlo. Lei stesso ha visto quanto so essere testarda. Ma non l'ho ucciso. Se avessi voluto uccidere qualcuno, la vittima non sarebbe stato il dottor Huukaminaan. Me la sarei presa con il khivanivod: lui sì che vuole vedere interrotti gli scavi.»

«Davvero? Non mi ha forse detto che lui e Huukaminaan lavoravano in perfetta simbiosi?»

«In generale, sì. Come le ho detto ieri, c'era un solo punto sul quale lui e Huukaminaan la vedevano diversamente: l'apertura del santuario. Il dottor Huukaminaan e io, come lei sa, stavamo progettando di aprirlo appena fosse stato possibile organizzare la presenza sua, maestà, e di Lord Hissune, permettendovi di assistere all'operazione. Ma il khivanivod si è opposto strenuamente. Trovava accettabile tutto il resto del nostro lavoro qui, ma non l'apertura del santuario. Il Santuario della disfatta, ripete in continuazione, è il sacrario dei sacrari, il luogo più sacro dei piurivar.»

«Forse non ha tutti i torti», commentò Valentine.

«Anche lei crede che sia meglio non entrare nel santuario?»

«Credo che alcuni importanti leader piurivar potrebbero dirsi assolutamente contrari a che ciò accada.»

«Ma la Danipiur in persona ci ha dato il permesso di lavorare qui! Non solo; lei e le altre autorità piurivar sanno bene che siamo qui per restaurare la città… per porre rimedio, nella misura in cui ci è possibile, ai danni causati da migliaia di anni di abbandono. Non hanno nulla in contrario. E per avere l'assoluta certezza che il nostro lavoro non avrebbe in alcun modo arrecato offesa alla comunità piurivar, abbiamo deciso insieme che la spedizione sarebbe stata composta in parti uguali da archeologi piurivar e umani, e che sarebbe stata guidata dal dottor Huukaminaan e da me su basi assolutamente paritarie.»