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«Anche se poi lei non ha esitato a forzare tale principio in suo favore nel momento in cui si è presentata un'accesa discordia tra voi due…»

«Su quell'unica questione della tomba di Ghorban, sì», disse Magadone Sambisa, perdendo solo per un attimo parte della propria compostezza. «Ma solo in quell'occasione. Eravamo sempre in completo accordo su tutto il resto. Anche riguardo all'apertura del santuario, per esempio.»

«Una decisione sulla quale ha però posto il suo veto il khivanivod.»

«Il khivanivod non ha il potere di imporre alcun veto, maestà. Gli accordi prevedono che qualunque piurivar abbia qualcosa da obiettare, per motivi religiosi, in merito a qualsiasi aspetto del nostro lavoro, possa fare appello alla Danipiur, alla quale spetta poi il compito di dirimere la questione consultandosi con lei e con Lord Hissune.»

«Già. Sono stato io stesso a scrivere quel decreto.»

Valentine chiuse per un attimo gli occhi e si massaggiò le palpebre con i polpastrelli. Aveva dovuto prevedere l'insorgenza di problemi di quel tipo, disse tra sé. La storia della città era troppo ricca di tragedia. Vi erano accadute cose terribili. La misteriosa aura della società piurivar aleggiava ancora in quel luogo, migliaia di anni dopo la sua distruzione.

Aveva sperato di dissipare in parte quell'aura inviando sul posto quell'équipe di scienziati. Invece, era solo riuscito a rimanere impigliato anch'egli nelle sue pieghe spinose.

Dopo qualche attimo alzò lo sguardo e disse: «Aarisiim mi ha informato che il luogo scelto dal khivanivod per il suo ritiro spirituale è proprio la tomba di Ghorban che vi siete dati tanta pena di tenermi nascosta. È così?»

«Credo di sì.»

Il Pontifex si avvicinò all'entrata della tenda e guardò fuori. Le prime ampie striature color bronzo dell'alba desertica cominciavano a estendersi ad arco sull'immensa volta del cielo.

«Ieri sera», disse, «ho chiesto che fossero inviati messaggeri a trovarlo e lei si è offerta di occuparsi di tale incombenza, Naturalmente non mi ha detto che sapeva già dove si trovasse. Ma dato che ne è perfettamente a conoscenza, voglio che dia una mossa ai suoi messaggeri. Voglio parlargli stamani, al più presto.»

«E se dovesse rifiutarsi di venire, maestà?»

«Portatemelo con la forza.»

Il khivanivod Torkkinuuminaad si rivelò in tutto antipatico e indisponente quanto la descrizione di Magadone Sambisa aveva portato Valentine a temere, e certamente le minacce del suo servizio di sicurezza di trascinarlo via di peso dalla tomba di Ghorban non avevano fatto nulla per migliorare il suo umore. Era stata Lisamon Hultin a ordinargli di venire fuori dal sepolcro, incurante delle sue minacce e maledizioni. Le sciamanerie e gli incantesimi piurivar non la preoccupavano minimamente e gli fece capire chiaramente che se non si fosse lasciato condurre più o meno pacificamente da Valentine, se lo sarebbe caricato in spalla lei stessa per portarlo dal Pontifex.

Lo sciamano mutaforma era un uomo antico ed emaciato, che girava nudo fatta eccezione per un fascio d'erba secca che gli cingeva la vita e un amuleto dall'aspetto malevolo, ricavato da zampe d'insetti intrecciate e altri materiali simili, agganciato a un Uso cordino che gli pendeva dal collo. Era tanto vecchio che la sua pelle verde si era sbiadita, assumendo un pallore grigiastro, e i suoi occhi a mandorla, accesi di rabbia, fissavano Valentine attraverso numerose pieghe cascanti di pelle gommosa.

Valentine esordì con tono conciliante: «Le chiedo perdono di aver interrotto il suo ritiro. Ma devo affrontare alcune questioni urgenti prima di tornare al Labirinto e la sua presenza mi è necessaria».

Torkkinuuminaad non disse nulla.

Valentine continuò. «Per prima cosa, un crimine molto grave è stato commesso nella zona archeologica. L'uccisione del dottor Huukaminaan è un oltraggio non solo alla giustizia, ma anche alla cultura. Sono qui per accertare che l'assassino venga identificato e punito.»

«E io che c'entro?» domandò scorbuticamente il khivanivod. «Se c'è stato un omicidio, deve trovare l'assassino e punirlo, se è quello che pensa di dover fare. Ma per quale motivo un servo degli Dei Che Sono dev'essere costretto con la forza a interrompere la sua sacra comunione a questo modo? Perché è il Pontifex di Majipoor a ordinarlo?» Torkkinuuminaad rise rocamente. «Il Pontifex! Che importanza vuole che abbiano gli ordini del Pontifex per me? Io obbedisco solo agli Dei Che Sono.»

«Lei obbedisce anche alla Danipiur», ribatté con voce calma e pacata Valentine. «E la Danipiur e io siamo colleghi nel governo di Majipoor.» Indicò Magadone Sambisa e gli altri archeologi, umani e metamorfi, che assistevano al colloquio. «Queste persone sono al lavoro qui a Velalisier perché la Danipiur ha dato loro il permesso di farlo. Lei stesso si trova qui su richiesta della Danipiur, se non vado errato. In qualità di consulente spirituale per la gente della sua razza coinvolta nei lavori.»

«Io sono qui per volontà degli Dei Che Sono, che hanno voluto che fossi qui, e per nessun altro motivo.»

«Comunque sia, ora si trova al cospetto del suo Pontifex, che le farà qualche domanda. E lei risponderà.»

L'unico cenno di risposta dello sciamano fu un'occhiata acida.

«È stato scoperto un santuario nei pressi delle rovine della Settima piramide», continuò Valentine. «Ho appreso che era intenzione del dottor Huukaminaan aprirlo. Lei si è opposto strenuamente, è così?»

«Sì.»

«Per quali motivi?»

«Quel santuario è un luogo sacro che non deve essere disturbato da mani profane.»

«Com'è possibile che ci sia un luogo sacro in una città sulla quale grava una maledizione?» incalzò Valentine.

«Il santuario è comunque sacro», replicò ostinatamente il khivanivod.

«Sebbene nessuno sappia che cosa ci sia all'interno?»

«Io so che cosa c'è all'interno», disse il khivanivod.

«Lei? E come può?»

«Io sono il guardiano del santuario. La conoscenza del suo contenuto viene tramandata di guardiano in guardiano.»

Valentine si sentì percorrere la schiena da un brivido. «Ah», disse. «Il guardiano. Del santuario.» Fece una pausa di silenzio. «Il legittimo successore, immagino, del guardiano che qui assassinò un Pontifex migliaia di anni fa. E il luogo dove l'hanno trovata stamane, mi dicono, è proprio il sepolcro di quel Pontifex. È così?»

«Sì.»

«In tal caso», disse Valentine, lasciando che un sorriso gli comparisse agli angoli della bocca, «dovrò chiedere alle mie guardie di tenerla sotto stretto controllo. Perché ora, amico mio, sto per dare l'ordine a Magadone Sambisa e alla sua équipe di procedere immediatamente all'apertura del settimo santuario. E mi rendo conto che questo potrebbe espormi al pericolo di qualche atto irresponsabile ordito da lei.»

Torkkinuuminaad appariva stupefatto. A un tratto lo sciamano metamorfo cominciò a manifestare un intero repertorio di violenti cambiamenti di forma, contraendosi e allungandosi selvaggiamente, mentre i contorni del suo corpo si offuscavano e si ricomponevano con sconcertante rapidità.

Ma anche tutti gli archeologi, gli umani, i due ghayrog e il compatto gruppetto di mutaforma, fissavano Valentine come se avesse appena pronunciato parole che trascendevano ogni possibilità di comprensione. Addirittura Tunigorn, Mirigant e Nascimonte rimasero a bocca aperta. Tunigorn si girò verso Mirigant e gli disse qualcosa, ricevendo in risposta solo un'alzata di spalle; Nascimonte, poco distante, si limitò a sua volta a stringersi nelle spalle, fortemente perplesso.

Con tono roco e rotto dalla tensione, Magadone Sambisa pretese di sapere: «Maestà? Dice sul serio? Solo poco tempo fa mi ha detto che la miglior cosa da fare è di lasciare il santuario sigillato!»

«Ho detto così? Io?» Valentine scosse la testa. «No, no. Nient'affatto. Quanto tempo vi occorre per cominciare i lavori?»