Vathiimeraak mollò il khivanivod e si ritrasse. Lisamon Hultin aveva affiancato lo sciamano e ora incombeva minacciosa su di lui. Ma l'episodio era concluso. Lo sciamano rimase dov'era, assolutamente immobile, gli occhi fissi al suolo, mordendo la polvere in amaro riconoscimento della sconfitta.
«Grazie», disse semplicemente Valentine a Deliamber e Vathiimeraak. Poi, con un gesto della mano: «Portatelo via».
Lisamon Hultin si gettò Torkkinuuminaad sulla spalla come un sacco di calimbot e si allontanò lungo la strada a grandi falcate.
Seguì una lunga pausa di attonito silenzio. Fu Magadone Sambisa a romperla. In una voce che era poco più di un sussurro, domandò: «Maestà, sta bene?»
Lui rispose limitandosi ad annuire.
«E gli scavi?» continuò lei dopo un attimo, tradendo la propria ansia. «Che cosa ne sarà? Potremo continuare il nostro lavoro?»
«Perché no?» replicò Valentine. «C'è ancora molto da fare.» Si allontanò da lei di un paio di passi. Si portò le mani al petto, alla gola. Gli sembrava quasi di avvertire ancora la terribile pressione di quelle implacabili e invisibili mani.
Magadone Sambisa, tuttavia, non aveva intenzione di lasciarlo in pace.
«E questi?» domandò, indicando i denti di drago marino. Il suo tono era più aggressivo, ora, a indicare che stava riprendendo il controllo della situazione, recuperando vigore e contegno. «Se ora posso prenderli, maestà…»
Valentine si girò e con rabbia disse: «Sì, li prenda. Ma li riponga nel santuario. Poi faccia sigillare il foro che abbiamo aperto oggi».
L'archeologa lo fissò come se anch'egli si stesse trasformando in un piurivar. Con una nota di malcelata asprezza nella voce, disse: «Come, maestà? Come sarebbe? Il dottor Huukaminaan è morto per causa di questi denti! Il ritrovamento di quel santuario ha segnato il culmine della sua gloriosa carriera di studioso. Tornare a sigillarlo ora equivarrebbe a…»
«Il dottor Huukaminaan era lo scienziato perfetto», la interruppe Valentine, senza più curarsi di nascondere la propria grande stanchezza. «Il suo amore per la verità gli è costato la vita. Per quanto riguarda lei, credo che il suo amore per la verità sia tutt'altro che perfetto; pertanto, obbedirà ai miei ordini.»
«La prego, maestà…»
«No. Basta preghiere. Io non ho la pretesa di essere a mia volta uno scienziato, ma sono cosciente delle mie responsabilità. È meglio che alcune cose rimangano sepolte. Questi denti non sono reperti da maneggiare, studiare e mettere in mostra in un museo. Il santuario è un luogo sacro per i piurivar, anche se loro stessi non ne comprendono appieno la sacralità. È stata una sciagura per tutti noi che sia stato ritrovato. Gli scavi possono continuare, in altre zone della città. Ma questi li riporrete dove sono stati trovati. Sigillate il santuario e tenetevene lontani. Chiaro?»
Lo guardò senza parlare e annuì.
«Bene. Molto bene.»
Ormai sul deserto stava calando la notte in tutta la sua oscurità. Valentine avvertiva attorno a sé la presenza della miriade di fantasmi di Velalisier. Sembrava che dita ossute gli sfiorassero la tunica, che strane voci sussurrate gli mormorassero pericolose formule magiche nelle orecchie.
Non vedeva l'ora di lasciarsi alle spalle quelle rovine. Le aveva frequentate quanto bastava per una vita intera.
Disse a Tunigorn: «Coraggio, vecchio amico mio; dai tu gli ordini, prepariamoci per una partenza immediata».
«Adesso, Valentine? A quest'ora così tarda?»
«Ora, Tunigorn. Ora.» Sorrise. «Sai, questo posto ha avuto l'effetto di far apparire quasi accogliente il Labirinto! Provo un forte desiderio di tornare alle familiari comodità che offre. Andiamo: organizzate tutto per la partenza. Siamo rimasti qui sufficientemente a lungo.»