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«Io cambio le cose che ritengo vadano cambiate», replicò Valentine. «Ma è mio dovere nei confronti di Lord Hissune rimanere il più possibile lontano dalla vista di tutti.»

«Be', oggi, a ogni buon conto, sei qui in superficie!»

«Così pare. Anche se questa è una delle poche occasioni in cui avrei rinunciato volentieri a uscire. Ma Hissune si trova a Zimroel…»

«Già. Non avevi scelta. È tuo dovere condurre in prima persona le indagini.» Seguì una pausa di silenzio. «Un vero scempio, questo omicidio», disse Nascimonte dopo qualche tempo. «Puah! C'erano pezzi di quel povero bastardo sparsi dappertutto sull'altare.»

«E a pezzi rischia di cadere anche la politica del governo nei confronti dei metamorfi», commentò il Pontifex con un sorriso amaro.

«Credi che ci sia qualcosa di politico in tutto questo, Valentine?»

«Chi può dirlo? Ma io non posso non pensare al peggio.»

«Ottimista come sempre!»

«Sarebbe più corretto definirmi un realista, Nascimonte. Un realista.»

Il vecchio duca rise. «Come preferisce, maestà.» Ci fu un'altra pausa, più lunga della prima. Poi, parlando a voce più bassa, Nascimonte disse: «Valentine, devo chiederti perdono per il mio comportamento di questo pomeriggio. Ho parlato in toni troppo duri quando ho definito i mutaforma feccia da sterminare. Sai che non la penso davvero così. Sono un uomo anziano. A volte mi esprimo in modo tanto brusco che me ne sorprendo io stesso».

Valentine annuì, ma non parlò.

«E il modo in cui mi sono rivolto a te, così dogmaticamente, affermando che doveva essere stato uno dei suoi compagni mutaforma ad averlo ammazzato. Hai detto bene tu, è fuori luogo trarre conclusioni affrettate. Non abbiamo neppure cominciato a raccogliere indizi. A questo punto non abbiamo alcun diritto di presumere che…»

«Al contrario. Ne abbiamo ogni diritto, Nascimonte.»

Il duca fissò Valentine, sconcertato. «Maestà!»

«Non prendiamoci in giro, vecchio amico mio. In questo momento non c'è nessun altro qui, siamo soli io e te. Saremo pur liberi di pronunciare delle verità in privato, no? E tu oggi pomeriggio hai probabilmente detto il vero. Certo, ti ho ammonito di non balzare a conclusioni affrettate, ma a volte le situazioni si presentano con tanta evidenza che non si può fare a meno di farlo. Non esiste alcuna ragione logica per cui un archeologo umano, o anche un ghayrog, possa aver voluto uccidere uno dei suoi colleghi. E non capisco neppure perché possa averlo fatto qualcun altro. L'omicidio è un crimine così raro, Nascimonte. Non possiamo neppure cominciare a comprendere le motivazioni di chi sia capace di fare una cosa del genere. Eppure è successo.»

«Già.»

«E le motivazioni di quale razza ci è più difficile comprendere? A mio modo di vedere l'assassino deve quasi certamente essere un mutaforma: un membro dell'équipe di archeologi o qualcuno venuto da fuori appositamente per commettere il delitto.»

«Così parrebbe. Ma che motivo potrebbe avere un mutaforma di uccidere uno della propria specie?»

«Non riesco a immaginarlo. Ed è per questo che siamo venuti a indagare», disse Valentine. «Ho il brutto presentimento che quando la troveremo, la risposta non mi piacerà affatto.»

A cena quella sera, nella mensa all'aperto degli archeologi, sotto un limpido cielo nero ora infiammato da turbinanti nastri di stelle che gettavano una luce fredda e splendente sulle misteriose gobbe e i rilievi delle rovine circostanti, Valentine fece la conoscenza dell'intera équipe scientifica di Magadone Sambisa. Gli archeologi erano in tutto diciassette: altri sei umani, due ghayrog e otto metamorfi. Tutti quanti, dal primo all'ultimo, gli parvero creature gentili e appassionate del loro lavoro. Neppure con un immane sforzo della propria fantasia Valentine sarebbe stato in grado di immaginare una di quelle persone mentre uccideva e mutilava il venerabile Huukaminaan.

«Queste sono le uniche persone che hanno accesso alla zona archeologica?» domandò a Magadone Sambisa.

«Oltre ai lavoratori giornalieri, naturalmente.»

«Ah. E loro dove sono ora?»

«Hanno un proprio villaggio, oltre l'ultima piramide. Rientrano a casa al tramonto e non tornano qui fino a quando si riprende a lavorare il giorno dopo.»

«Capisco. Quanti sono in tutto? Sono molti?»

Magadone Sambisa guardò un metamorfo dal volto pallido e allungato, con gli occhi marcatamente inclinati verso l'interno, che sedeva dall'altra parte del tavolo. Era il supervisore del sito, di nome Kaastisiik, responsabile del quotidiano spiegamento di scavatori. «Quanti possono essere? Un centinaio?»

«Centododici», rispose Kaastisiik, serrando la minuscola fessura che aveva per bocca come a sottolineare l'orgoglio per il proprio amor di precisione.

«E sono in maggioranza piurivar?» volle sapere Valentine.

«Sono tutti piurivar», rispose Magadone Sambisa. «Abbiamo pensato che fosse opportuno usare solo operai indigeni, considerato che non stiamo solo operando degli scavi, ma che stiamo in una certa misura ricostruendo la città. Sembrano non avere niente in contrario alla presenza di archeologi non della loro razza, ma molto probabilmente riterrebbero offensivo l'utilizzo di umani per i lavori di ricostruzione veri e propri.»

«Li avete assunti tutti qui sul posto?»

«Non ci sono insediamenti di alcun tipo nelle immediate vicinanze delle rovine, maestà. Né molti piurivar vivono nella provincia circostante. Abbiamo dovuto richiamarli qui da molto lontano. Parecchi giungono finanche dalla stessa Piurifayne.»

Valentine inarcò un sopracciglio. Da Piurifayne? Piurifayne era una delle province del remoto continente Zimroel, a una distanza quasi inimmaginabile, oltre il Mare Interno. Ottomila anni prima, il grande conquistatore Lord Stiamot, colui che aveva cancellato per sempre le residue speranze dei piurivar di conservare l'indipendenza sul proprio pianeta, aveva cacciato i metamorfi sopravvissuti alla guerra che aveva mosso contro di loro nelle umide giungle di Piurifayne, creandovi una riserva nella quale li rinchiuse. Benché le antiche restrizioni fossero da tempo state rimosse e i metamorfi erano ora liberi di stabilirsi dove meglio credevano, la loro presenza era più numerosa a Piurifayne che in qualsiasi altra parte del mondo; e nelle radure subtropicali di Piurifayne il rivoluzionario Faraataa aveva fondato il movimento clandestino che avrebbe scatenato la Guerra di Ribellione, destinata ad abbattersi sulla pacifica Majipoor come un fiume di lava incandescente.

Tunigorn disse: «Naturalmente li avete interrogati tutti, vero? Avete verificato dove si trovassero all'ora del delitto».

Magadone Sambisa apparve scandalizzata. «Vuole dire, trattarli come se fossero sospettati di aver commesso il delitto?»

«Sono sospettati di aver commesso il delitto», assicurò Tunigorn.

«Sono semplici scavatori e trasportatori di carichi, nulla più, principe Tunigorn. Non ci sono assassini tra loro, questo glielo posso assicurare. Adoravano il dottor Huukaminaan. Lo consideravano un custode del loro passato… una figura quasi sacra. È inconcepibile che uno di loro possa essersi macchiato di un crimine tanto grave e terribile. Inconcepibile!»

«In questo stesso luogo, circa ventimila anni fa», intervenne il duca Nascimonte, con lo sguardo rivolto verso l'alto come se stesse parlando con il cielo, «il re dei mutaforma, come lei stessa ci ha ricordato oggi, dispose che due enormi draghi marini venissero macellati vivi in cima a quelle enormi piattaforme di pietra laggiù. Dalle parole che lei stessa ha pronunciato oggi pomeriggio è risultato chiaro che i mutaforma di quell'epoca riservavano ai draghi marini una riverenza ancora maggiore di quella che, secondo lei, i suoi operai nutrivano per il dottor Huukaminaan. Li chiamavano 're delle acque', se non mi sbaglio, e davano loro dei nomi, li consideravano fratelli maggiori sacri, rivolgevano loro delle preghiere. Eppure quel sanguinoso sacrificio si svolse lo stesso, qui a Velalisier, quel gesto che gli stessi mutaforma ricordano come la Profanazione. Non è così? Mi permetta dunque di azzardare che se il re dei mutaforma fu capace di fare una cosa del genere a suo tempo, non è poi così inconcepibile che uno dei suoi operai metamorfi abbia potuto trovare una qualche motivazione per perpetrare un'atrocità simile ai danni dello sventurato dottor Huukaminaan la settimana scorsa, sul medesimo altare.»