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Magadone Sambisa sembrò impietrita, come se Nascimonte le avesse dato uno schiaffo. Per un attimo non fu in grado di replicare. Poi, con voce roca, accusò: «Come può usare un antico mito, una leggenda fantastica per gettare discredito e sospetto su un gruppo di innocui, innocenti…»

«Ah, dunque diventa un mito, una leggenda, quando le interessa proteggere questi suoi innocui e innocenti scavatori e trasportatori, mentre è assoluta verità storica quando vuole farci rabbrividire rapiti di fronte all'importanza di questi vecchi cumuli di pietre cadute?»

«Per favore», disse Valentine fulminando Nascimonte con lo sguardo. «Per favore.» Rivolgendosi a Magadone Sambisa chiese: «A che ora è avvenuto l'omicidio?»

«A notte fonda. Dev'essere stato dopo la mezzanotte.»

«Sono stato io l'ultimo a vedere il dottor Huukaminaan», disse uno degli archeologi metamorfi, un piurivar dall'aspetto fragile con la pelle di un'elegante sfumatura di verde smeraldo. Il suo nome era Vo-Siimifon; Magadone Sambisa l'aveva presentato come un'autorità in materia di antica scrittura piurivar. «Siamo rimasti svegli fino a tardi nella nostra tenda, lui e io, a discutere di un'iscrizione che era stata rinvenuta il giorno prima. I caratteri erano estremamente minuti; a un certo punto il dottor Huukaminaan ha detto di avere mal di testa, dopodiché ha deciso di andare a fare una passeggiata all'esterno. Io sono andato a dormire. E il dottor Huukaminaan non è più tornato.»

«È un bel pezzo di strada, da qui ad arrivare alle piattaforme», osservò Mirigant. «Direi che sono piuttosto lontane. A occhio e croce ci vorrà almeno mezz'ora per raggiungerle a piedi. Forse di più, per una persona della sua età. Era un uomo anziano, se non vado errato.»

«Ma se qualcuno l'ha incrociato appena fuori dell'accampamento», intervenne Tunigorn, «e lo ha costretto ad andare fino alle piattaforme…»

«Siete soliti disporre una guardia notturna all'accampamento?» indagò Valentine.

«No. Non pensavamo fosse necessario.»

«E il sito degli scavi? È recintato, o protetto in qualche modo?»

«No.»

«Perciò chiunque avrebbe potuto lasciare il villaggio degli operai sul fare della notte», disse Valentine, «e aspettare in strada che uscisse il dottor Huukaminaan.» Guardò Vo-Siimifon. «Il dottor Huukaminaan faceva abitualmente una passeggiata prima di mettersi a letto?»

«Non che io ricordi.»

«E se per qualche motivo abbia deciso di uscire di notte, è probabile che abbia affrontato un tratto di strada così lungo?»

«Era un uomo piuttosto resistente per la sua età», rispose il piurivar, «ma la distanza mi sembra comunque troppo grande perché si sia trattato di una passeggiata prima di andare a dormire.»

«Già. Così parrebbe.» Valentine si rivolse di nuovo a Magadone Sambisa. «Temo che dovremo interrogare i suoi operai. E anche tutti i componenti della sua spedizione. Comprenderà che allo stato attuale non possiamo arbitrariamente escludere nessuno dalla lista di potenziali sospetti.»

Un lampo le balenò negli occhi. «Sono sospettata anch'io, maestà?»

«Allo stato attuale», ripeté Valentine, «nessuno dei presenti è sospettato. E al tempo stesso lo sono tutti. A meno che lei non voglia farmi credere che il dottor Huukaminaan si sia tolto la vita smembrandosi e spargendo parti del suo corpo per tutta la superficie della piattaforma.»

La notte era stata fresca, ma il sole si levò nel cielo del mattino con incredibile rapidità. Quasi subito, per quanto fosse molto presto, l'aria cominciò a pulsare del calore del deserto. Era assolutamente necessario cominciare di buon'ora i lavori presso il sito, aveva spiegato Magadone Sambisa, poiché già a mezzogiorno il caldo rendeva molto difficili le operazioni di scavo.

Valentine era pronto quando lei lo fece chiamare, poco dopo l'alba. Dietro sua esplicita richiesta, si sarebbe fatto accompagnare solo da alcuni membri del suo corpo di sicurezza, lasciando all'accampamento i suoi funzionali. Tunigorn protestò, e così fece Mirigant. Ma la capo spedizione si mostrò irremovibile: quel mattino desiderava compiere un sopralluogo con il solo Pontifex, e una volta visto quanto lei aveva da mostrargli, sarebbe stato lui a decidere se condividere le informazioni con gli altri.

Lo stava conducendo alla Settima piramide. O piuttosto a ciò che di essa restava, dato che non c'era altro che la base tronca, una struttura quadrata di circa sei metri di lato e un paio di metri d'altezza, costruita con lo stesso basalto rossastro utilizzato per la grande arena e alcuni degli altri edifici pubblici. A est della base, i frammenti della parte superiore della piramide, blocchi piuttosto piccoli e frantumati della medesima pietra rossastra, giacevano sparsi su una vasta area di terreno. Era come se un colosso furioso avesse colpito sprezzantemente con un poderoso manrovescio la faccia occidentale della piramide, spaccandola in mille pezzi. Sul lato della piramide opposto a quello delle rovine, a una distanza di circa centocinquanta metri, Valentine vedeva la punta della Sesta piramide, ancora intatta, che svettava sopra una macchia di alberi dai rami contorti, e alle sue spalle le altre cinque, che si succedevano in fila fino ai margini del palazzo reale.

«Secondo la tradizione dei piurivar», spiegò Magadone Sambisa, «la gente di Velalisier celebrava una grande festa ogni mille anni e per commemorarla costruiva ogni volta una piramide. Quello che abbiamo scoperto studiando e datando le sei piramidi intatte sembra confermare questa versione. Sappiamo che questa fu l'ultima della serie. Stando alla leggenda», e a questo punto rivolse un'occhiata pregna di significato a Valentine, «fu eretta proprio in occasione della festa durante la quale ebbe luogo la Profanazione. Ed era stata appena completata quando la città venne invasa e distrutta da coloro che arrivarono qui per punire i suoi abitanti per quanto avevano fatto.»

Gli fece cenno di seguirla, conducendolo sul lato settentrionale della piramide abbattuta. Oltrepassarono di una quindicina di metri la base tronca, poi lei si fermò. Erano in un punto in cui la vegetazione era stata rimossa con cura. Valentine vide un'apertura rettangolare grande abbastanza da consentire appena il passaggio di un uomo, e l'inizio di un passaggio sotterraneo che si estendeva in direzione delle fondamenta della piramide.

Una stella di nastro adesivo giallo era applicata su un masso di notevoli dimensioni alla sinistra dello scavo.

«È qui che avete trovato la testa, vero?» domandò.

«No, non qui. Giù da basso.» Indicò l'apertura. «Vuole seguirmi, maestà?»

Sei membri della guardia personale di Valentine lo avevano accompagnato quel mattino al sito della piramide: la guerriera gigante Lisamon Hultin, la sua guardia del corpo personale, che era stata al suo fianco in tutti i suoi spostamenti fin dai tempi in cui faceva il giocoliere; due skandar grossi e pelosi; un paio di funzionari pontifici che aveva ereditato dal suo predecessore; e anche un metamorfo, tale Aarisiim, che si era unito alle forze di Valentine defezionando dallo schieramento dell'arcirivoltoso Faraataa nelle ore conclusive della Guerra di Ribellione e da allora era sempre rimasto con lui. Tutti e sei fecero un passo in avanti, come se intendessero scendere con lui nel cunicolo, nonostante gli skandar e Lisamon Hultin fossero palesemente troppo grossi per passare attraverso la botola. Ma Magadone Sambisa scosse energicamente la testa e Valentine, sorridendo, fece loro cenno di aspettarlo all'esterno.