Percepii tutto questo un istante prima di domandare: «Quando è arrivato un ospite?». Quel pensiero mi provocava un brivido di desiderio e la consapevolezza di essere, in effetti, affamata, molto affamata.
«Ieri sera».
«E come è possibile che non lo abbiamo udito?».
Elisabeth sospirò.
«È colpa mia, temo. Vlad deve averci fatto un incantesimo, in modo che non udissimo quando è arrivato con il suo ospite; confesso che, ieri sera, ero così inebriata dalla tua bellezza che la mia attenzione è venuta meno, altrimenti mi sarei accorta del suo pietoso tentativo di stregoneria, e lo avrei neutralizzato immediatamente. Comunque, un ospite c’è, mia cara: ora sta russando nella sua camera. Ho udito il rumore e sono andata a investigare. È piuttosto attraente, e molto sano e forte. Lo andiamo a trovare?». Il suo tono divenne malizioso e intrigante. «Vedo appetito nei tuoi occhi, Zsuzsanna».
Il mio desiderio combatteva con la paura.
«Vlad non lo permetterebbe mai! Mi distruggerebbe se trovasse il mio segno sul collo del suo ospite!».
«Allora non lo troverà. Comunque, non gli permetterei di farti del male».
«Com’è possibile?».
Fece un gesto compiaciuto verso di me in mezzo a quella gloria primaverile.
«Come può essere possibile questo? Tutte le cose lo sono, mia cara, se hai fiducia in me».
Tirai un lungo sospiro di desiderio mentre mi alzavo in piedi.
«Allora andiamo subito a salutale il nostro giovane ospite!».
Presi le mie scarpe e corsi a piedi nudi su per i gradini dove lei, in piedi, mi aspettava. Ci prendemmo sottobraccio e, ridendo come ragazzine in vena di scherzi, attraversammo di nuovo correndo il grande ingresso, poi salimmo diverse scale a chiocciola finché arrivammo davanti a una porta di legno scolpito che conduceva in una delle camere degli ospiti.
Elisabeth aveva ragione: dall’interno veniva il suono di un russare stenoroso, così forte che fui sorpresa per il fatto che la pesante porta non vibrasse. Mi misi una mano sulla bocca per reprimere una risata e, quando riuscii a parlare, bisbigliai alla mia compagna:
«Poverina sua moglie!».
«Non occorre che parli sottovoce», rispose lei, con voce normale. «Come puoi sentire, sta dormendo profondamente». E, detto ciò, entrambe ridemmo piano mentre lei apriva la porta. «È tuo, mia cara; prendilo come vuoi. Io guarderò e mi divertirò un po’ in seguito. Soltanto un avvertimento: lascialo vivo e abbastanza forte, così che né lui né Vlad potranno accorgersi del cambiamento. Io farò in modo che non vi siano ferite: tu devi fare in modo che non sia tanto pallido da destare sospetti».
Se avessi pensato lucidamente, le avrei chiesto perché non poteva occuparsi anche del problema del suo colorito, se poteva far sì che la ferita guarisse immediatamente. In quel momento ero troppo incuriosita da quale potesse essere il suo “divertimento”… ma poi, all’istante, ogni pensiero fu cancellato quando il mio naso percepì l’odore del gentiluomo.
Sentii l’odore del sangue caldo e della pelle, mascherato dall’odore del sudore di due o tre giorni. Anche Elisabeth dovette sentirlo, poiché mi bisbigliò:
«Ovviamente ha viaggiato per un po’», e si strinse il naso.
Puzzolente o meno, il giovanotto disteso sul dorso, con le braccia e le gambe aperte come a imitare l’uomo nudo di Leonardo da Vinci, era una bella vista… se non si badava alla sua bocca aperta e sbavante, e al modo in cui sputacchiava ogni volta che russava facendo tremare i vetri.
Ma, che russasse o no, aveva ordinatamente appeso un vestito di lana e un cappello su una sedia vicina; la loro qualità indicava che il proprietario era un giovanotto promettente, anche se trascurato. E anche lui era di una qualità sufficiente a soddisfarmi, poiché le sue braccia scoperte (stese sopra le coperte a un angolo di novanta gradi con il torso) e la parte superiore del petto, erano forti e abbastanza muscolose, né troppo grasse né troppo magre. I suoi riccioli castani si addicevano perfettamente al suo viso, che aveva guance rosate leggermente paffute e un breve naso all’insti; in generale, l’impressione era quella di un uomo i cui lineamenti da ragazzo lo avrebbero sempre fatto apparire cinque anni più giovane della sua vera età.
«Ha bisogno di un bagno», bisbigliò Elisabeth ma, in verità, a me non importava. La mia fame e il mio desiderio di premere le labbra sulla gola dell’uomo erano così grandi — anche se, prima, avrei preferito approfittale di altri attributi, in modo che il suo sangue potesse avere un gusto più dolce — che non mi sarebbe importato se avesse sguazzato nel letame fresco.
Infatti, notai appena quando Elisabeth si allontanò, e non me ne preoccupai. La mia attenzione era rivolta all’uomo e, lentamente, delicatamente, in modo da non svegliarlo, allontanai le lenzuola e le coperte dal suo petto. Indossava una semplice camicia da notte bianca, ma aveva lasciato i tre bottoni superiori sbottonati, cosicché essa restava aperta rivelando un altro po’ del petto e il fitto e riccio pelo castano.
Facendo attenzione, tirai giù le lenzuola verso i suoi piedi, per rivelare altre delizie… infatti la camicia da notte era salita e si era arrotolata, lasciandolo scoperto e mostrando un altro ciuffo di peli castani… da cui emergeva un membro innegabilmente eretto.
Ora, a lungo io mi sono creduta dannata e, ben presto, nella mia vita immortale, giurai che non mi sarei negata alcun piacere, anche nel caso che avessi dovuto essere distrutta e avessi dovuto sopportare le eterne agonie dell’Inferno. Avevo vissuto come una zitella zoppa, chiusa in casa, destinata a non fare mai esperienza delle attenzioni di un amante. Molto presto, dopo il mio Cambiamento, scoprii il più meraviglioso dei segreti: che il sangue dell’uomo nel momento dell’estasi dei sensi ha un sapore più celestiale di qualsiasi nettare, e che il mio dargli piacere accresce di dieci volte la mia stessa estasi (in conseguenza dell’atto e del bere il suo sangue trasformato).
Così strisciai accanto a lui sul letto, usando la mia capacità di ipnotizzare per impedirgli di svegliarsi. Lo volevo prendere subito, prima che Elisabeth ritornasse, poiché la verità era che, stranamente, provavo vergogna a fallo davanti a lei. Ciò non mi aveva mai trattenuto prima — non ero mai stata timida di fronte a Vlad, o a Dunya, o al mio povero fratello — e, a volte, avevo fatto l’amore con due o tre uomini alla volta. Ma, nel caso di Elisabeth, mi sentivo stranamente colpevole… come se le fossi, in un certo senso, infedele.
Ma, prima che potessi alzarmi la gonna e avvicinarmi alla mia amata vittima, Elisabeth ritornò di corsa nella stanza.
«Vieni, portalo!», bisbigliò gesticolando, con gli occhi di zaffiro che le brillavano per la voglia. «Dorka sta preparando un bagno».
«Non c’è bisogno di bisbigliare», le dissi. «È in trance».
Aprii la bocca per dirle che non credevo di avere la pazienza di aspettare che lui facesse il bagno; a quel punto, ero decisa a bere semplicemente il suo sangue. Ma, prima che potessi parlare, lei mi interruppe:
«Peccato!». Il suo viso si atteggiò a un sorriso malizioso. «Prima divertiamoci un po’ con lui, vuoi?».
Lei fissava semplicemente l’uomo, e inchinò il mento verso di lui, che si lamentò e, subito, si mosse; immediatamente, balzai fuori dal letto.
Lui aprì gli occhi — erano occhi gentili, castano chiaro — e, per un momento, non riuscì evidentemente a ricordare dove fosse. Ma poi la memoria gli tornò, ed emerse completamente dal sonno; a quel punto, il suo sguardo cadde su di noi — due donne — e si mise seduto di scatto. Dapprima quei gentili occhi castani espressero grande sorpresa alla vista di due sconosciute nella sua camera, ma poi abbassò lo sguardo alle sue parti intime, e quella sorpresa si trasformò in uno sgomento così intenso e pietoso che io temetti di scoppiare in una risata divertita.