«Oh!», esultai. «È una lacrima?»
«Mio signore, ti supplico…».
«Voltati!», gridai, facendo segno al soldato di brandire la spada. La sua codardia crebbe talmente che non riuscii più a controllare la mia rabbia. «Voltati e prega la Vergine! Prega che possa concedere a te misericordia, e a me la vittoria su Basarab!».
Intrecciò nuovamente le mani con fervore e di nuovo guardò l’altare di Maria; sotto le sue ginocchia, il piccolo tappeto si arrotolò ulteriormente rivelando una giuntura nel pavimento di legno. Ma il mio presunto traditore non la notò; la sua attenzione era sinceramente fissa sull’icona della Vergine Maria, e allora cominciò a farfugliare, le nocche premute sul ponte del naso, gli occhi chiusi strettamente.
«Abbiate pietà! Dio e Santa Madre… abbiate pietà! Concedete al mio sovrano una lunga vita e la vittoria, e convincetelo che non l’ho tradito…».
«Sì», bisbigliai. «Forse Dio sarà misericordioso con te… ma Lui non lo è mai stato con me, e quindi io non farò patti con Lui».
«Mio signore», gridò, ancora rivolto all’altare, con gli occhi chiusi, tanto che fui incerto se si rivolgesse a Dio o a me. «Mio signore, io sono innocente di qualsiasi crimine verso di te! Cosa posso dire, cosa posso fare, per provarti la mia lealtà?»
«Muori con coraggio!», replicai. «La tua vita è già perduta, Gregor. Rassegnati, e presto. Io non morirò fuori Bucarest come fece mio padre, colpito da un assassino».
Alzò il viso verso il Cielo, poi aprì le mani in preghiera come si potrebbe aprire un libro, e se le premette sugli occhi, piangendo. Studiai la sua reazione alla rivelazione che ogni speranza era perduta: notai la sua spasmodica agonia e l’estrema disperazione riflessa in ogni aspetto del suo corpo e della sua voce (poiché i suoi singhiozzi diventavano sempre più alti e acuti).
Sono stato per tutta la vita uno studioso della morte, che ho fissato in volto nella speranza di poterla capire ed essere in grado di accettare la mia fine. Quanti uomini ho ucciso nella mia vita? Un migliaio? No, devono essere stati di più, molti di più. Io conosco il volto della morte: ho visto più di un centinaio di Turchi affrontare una lenta morte nella Foresta dell’Impalato, e ho udito i singhiozzi, le grida, e il lento rumore sibilante provocato da un corpo trascinato giù lungo un palo dal suo peso.
E in ogni istante ho guardato i loro occhi e ho cercato di capire il segreto lì nascosto mentre passavano dalla vita nell’Abisso.
Ma, mentre contemplavo la Morte — e arrivavo a comprendere che Dio non era giusto e che non vi era alcun senso in essa, ma solo indecenza e sofferenza — mi resi conto che non sarei mai riuscito ad accettarla. Ero stato troppo defraudato di ciò che era mio per diritto in questa vita; avevo governato il regno di mio padre e di mio nonno solo per una manciata di anni, prima di essere ingiustamente spodestato.
Io sono re per diritto di nascita, ma ho trascorso la mia intera giovinezza prigioniero dei Turchi, e otto anni della mia età adulta prigioniero del re d’Ungheria. Il mio regno mi è stato rubato due volte, e una volta dal mio stesso fratello. Se ci rinuncio per la terza volta, avrò una ricompensa: io sono più astuto, più intelligente, e più meritevole dell’adorazione del mio popolo, di quanto non siamo Mathias, Mehmed, Radu o Basarab.
La morte di sicuro mi è più vicina che in qualsiasi altro momento. Ma Dio e gli angeli non mi concederebbero mai ciò che desidero: l’immortalità. C’è soltanto Uno che ne è capace.
Mentre Gregor piangeva e pregava invano, il soldato sulla soglia rivolse la sua giovane faccia speranzosa (con la fine e rada barba di ragazzo sulle tenere guance e il mento roseo) verso di me, e fece un cenno con la spada, con una domanda negli occhi. Avrebbe eseguito una bella uccisione quello lì, poiché i suoi occhi brillavano di impazienza e bramosia tanto quanto i miei.
Feci un unico cenno con la testa: non era ancora il momento. Invece mi alzai e camminai per portarmi accanto a quell’allegro e giovane assassino, assicurandomi che i miei stivali colpissero con forza il pavimento.
Come avevo previsto, Gregor udì. La sua schiena si irrigidì; sapevo che si attendeva la morte da dietro, nella forma della spada stretta nella mano del giovane soldato. E, sebbene non osasse voltare completamente la testa per guardarmi direttamente — era stato molte volte testimone della mia sensibilità alla più piccola manifestazione di arroganza in quelle situazioni e temeva di provocare uno scoppio d’ira — la inclinò leggermente verso la spalla e ruotò gli occhi nello sforzo di guardare dietro di sé.
Erano occhi atterriti, con più bianco in essi di quanto ne avessi mai visto. Mi ricordarono fortemente gli occhi sporgenti, folli, del bestiame al macello.
«Mio signore, mio signore, tu uccidi un innocente!».
«Davvero?», chiesi con la voce nuovamente calma. «Gregor…». E qui finsi la massima sincerità. «Io sono un uomo duro e non posso tollerare una qualsiasi doppiezza. Sono crudele con coloro che mi tradiscono, ma giusto con chi è leale. Puoi giurare davanti a Dio che hai agito soltanto con totale fedeltà verso di me, tuo sovrano?»
«Lo giuro davanti a Dio, mio signore!».
Mi fermai per guardare la sua espressione e il suo selvaggio oscillare tra la speranza e la condanna. Dopo un po’, dissi:
«Benissimo, amico mio. Questi sono tempi difficili per me; non ho altra scelta che mettere alla prova coloro che mi sono più vicini. Ti credo».
Oh, che gioia sul suo volto! E ancora lacrime, ma tinte di felice sollievo invece che di paura.
«Ma…», dissi, poiché aveva cominciato ad alzarsi in piedi faticosamente. A quella parola, cadde di nuovo a terra. «Ci sei appena riuscito. Prega ora per la mia vittoria su tutti i miei nemici… e ringrazia Dio per la tua liberazione».
Cominciò a fare così, e il suo sorriso di esultanza si allargò quando io feci un cenno al soldato — ora amaramente deluso — di ritornare presso il camino, per rimanere accanto al vecchio monaco cupo e silenzioso. Io invece rimasi sulla soglia.
Quando ritenni che il momento fosse quello giusto — e non riuscii più a trattenere la mia furia di fronte al tradimento di Gregor e alla sua vigliaccheria — afferrai una leva di legno posta all’esterno del muro proprio fuori della cella. Con uno sforzo veemente, tirai.
Si udì il rumore dello scorrere del legno contro il legno. Le sue braccia si distesero nell’aria, vi fu un pietoso grido di delusione e di paura, e sul suo viso apparve nuovamente un terrore animale, una visione rapida ma indelebile durante il veloce istante prima che scomparisse giù nell’inferno.
Poi udii delle grida di dolore più acute, mentre correvo verso la botola aperta per osservare il mio operato.
Così si sente Dio quando guarda i volti dei morti: un senso di potere e soddisfazione molto, molto più dolce e inebriante dell’amore.
Gregor era caduto in ginocchio nella fossa poco profonda, e così, inginocchiato, sarebbe morto. Gli acuminati pali di ferro erano infatti fissati al terreno a intervalli, per assicurare la morte, e la fossa era messa in modo che lui non poteva cadere in avanti, ma solo all’indietro — nonostante si dibattesse — sugli spunzoni (tutto questo in modo che potessi vedere meglio il suo volto).
Un palo aveva afferrato i suoi lunghi capelli neri e graffiato la parte posteriore del cranio, lasciando la testa leggermente piegata in avanti; un altro fuoriusciva insanguinato dalla parte destra del petto. Altri emergevano dal gomito del braccio destro, dal centro del palmo sinistro (al modo di Cristo), mentre altri, nascosti alla vista, trafiggevano la parte inferiore delle gambe e lo tenevano fermo.