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«Ma il vostro… amico, Arminius, vi aiuterà».

«Sì». Annuì cupamente. «È qui per dare il suo aiuto e ci aiuterà, penso, ad assicurarci che Miss Lucy sia libera dalla maledizione, ma lui verrà quando vorrà, e io non so dire quando ci aiuterà ancora».

«Ma non preoccupiamoci ancora, finché il lavoro di domani non sarà fatto». Mi alzai in piedi e lo aiutai ad alzarsi. In quel momento non provai altro per lui che compassione e gratitudine, poiché vedevo che terribile fardello aveva portato per tutta la sua vita e che portava ancora; non volevo altro, in quel momento, che renderglielo più leggero. Lo abbracciai e dissi: «Sapete, credo, di avere sempre guardato a voi come a un padre, e ora il mio affetto per voi è doppiamente giustificato. Comprendo che tutto ciò che avete fatto, lo avete fatto per amore».

Si sentiva troppo soffocato per parlare, e così ricambiò l’abbraccio stringendomi. Ci lasciammo in silenzio, con le lacrime agli occhi e un dolore ancora più profondo nei nostri cuori.

Per lungo tempo, mentre giacevo nel letto, il sonno non venne e, nel mezzo del mio inquieto rivoltarmi, mi venne l’agrodolce pensiero: Mio Dio! Quella povera pazza è mia madre!

Stamattina, quando mi sono svegliato con la luce del sole, ero un uomo diverso; più turbato, sì, ma anche più deciso a sbarazzarmi del mondo malvagio che è la mia eredità. Andremo alla tomba di Lucy a mezzogiorno e così il mio primo sforzo sta per cominciare.

Il diario di Abraham Van Helsing

29 settembre, notte. È fatto, grazie a Dio; la cara Miss Lucy è in pace. John aveva ragione a farmi permettere che i tre uomini che amavano tanto Miss Lucy fossero presenti, e Arthur tirò il colpo che l’ha liberata. L’ha fatto con una decisione e un coraggio — nonostante il sangue che sgorgava e le grida della malvagia creatura nella bara — che ci ha reso tutti fieri e mi ha dato speranza per la futura battaglia. Vedo che stanno meglio per avermi aiutato, e di sicuro sono meritevoli. Il nostro coraggioso gruppetto si sta espandendo; prima che John mi portasse alla stazione, ha ricevuto un telegramma da Madam Mina nel quale diceva che sarebbe arrivata tra breve per soggiornare nel manicomio e che suo marito sarebbe arrivato il giorno seguente.

Mi auguro solo che Arminms non ci abbandoni ancora.

Sto scrivendo sul treno. Ho detto agli altri che ero diretto ad Amsterdam e, per una volta, è vero. Nonostante l’assistenza di Arminius, io so che il compito più pericoloso deve ancora venire; così vado a trascorrere alcune ore al capezzale di mamma, per timore che lei mi sopravviva.

Capitolo quindicesimo

Il diario di Abraham Van Helsing

Primo ottobre. Sono ritornato da Amsterdam ieri, nel tardo pomeriggio, e ho trovato entrambi gli Harker con Arthur e Quincey, che si erano stabiliti in casa. Non ha molto senso continuare a dire che io sto all’albergo, così ho dichiarato che anch’io stavo per venire a soggiornare qui (ma, quando dormo, Jonathan e gli altri mi troveranno difficilmente).

Tutti, sembra, si sono innamorati di Madam Mina: incluso me, lo confesso. Si è assunta il ruolo di padrona di casa, portandoci tazze di tè e provvedendo al nostro conforto; ciò è, naturalmente, colpa nostra, perché noi tutti abbiamo vissuto per così tanto tempo da scapoli che un tale comportamento ce la rende irresistibilmente cara. Rende la tetra casa di John — piena a volte di lamenti e grida dovute all’angoscia mentale dei suoi pazienti — una casa allegra … e noi una famiglia.

Riguardo ad Amsterdam, la povera mamma non era più lucida, ed era appena in grado di sedersi per mangiare. Per la maggior parte del tempo giace semplicemente, con gli occhi chiusi, e raramente parla, secondo Frau Koehler. Ma è stata ben accudita, dato che era stata da poco lavata, e le sue piaghe pulite e medicate con amore.

La buona Frau ha fatto l’impossibile per prevenire il loro diffondersi. La ringraziai sinceramente per la sua meravigliosa cura: la ringraziai come se non avessi dovuto rivederla più, e penso che lei, in qualche modo, lo capì, poiché i suoi occhi si riempirono di lacrime. È chiaro che è arrivata ad amare mamma, e io penso che piangerà moltissimo quando la sua paziente alla fine morirà.

Mentre stavo partendo, Frau Koehler mi mostrò la posta accumulata, incluso un pacco che era arrivato quello stesso giorno da Budapest da un, certo “A. Vambéry”. Non riuscii a immaginare cosa potesse contenere, e così lo portai nel mio studio e lo aprii in privato.

Il contenuto era avvolto in parecchi strati di seta nera; ciò mi incuriosì e mi turbò, poiché sapevo che soltanto un occultista esperto avrebbe adottato quella particolare cura per evitare che una carica magica sfuggisse dal contenuto. Poteva essere un trucco di quelli di Vlad… espormi a un incantesimo nocivo? Decisi di no poiché, nonostante gli strati di protezione, sentivo fortemente che il contenuto non era teso a danneggiare ma ad aiutare.

E, in effetti, era così: l’istante che spiegai l’ultimo strato di seta, uno scoppio proveniente dal contenuto riempì la stanza di una tale pura, bianca radiosità, che mi alzai e respirai profondamente, sentendo come se quell’atto mi pulisse i polmoni, il corpo, l’anima.

La A. stava per “Arminius”, decisi e, sebbene lui non fosse apparso personalmente, mi aveva ancora fornito un aiuto. All’interno c’erano circa venti piccoli crocifissi d’argento e un egual numero di ostie consacrate avvolte in uno spesso tessuto imbottito. Il profondo dolore nel vedere mamma così inabile si alleviò un po’ e, in effetti, mentre tenevo in mano una delle croci e sentivo il suo potere che mi saliva solleticando per il braccio, provai un’onesta gioia. Arminius doveva aver caricato personalmente ognuna di esse, poiché quelle, lo sapevo, sarebbero state sufficienti a proteggere i miei amici dal male e a tenere a bada l’Impalatore.

Le portai con me in Inghilterra, e arrivai a Londra molto più fiducioso di quanto ero stato per molti mesi. Sulla strada per Purfleet, nella carrozza, diedi a John tre dei talismani: uno da portale sempre sulla sua persona, uno da mettere sulla finestra della camera da letto, e uno sopra la finestra della stanza di Renfield. Fu un profondo sollievo essere in grado di fornire protezione ai miei amici.

Quella sera, quando ci incontrammo nello studio di John, io dissi agli altri cosa desideravo che sapessero circa il Vampiro, tenendo a mente che la lealtà di Jonathan era dubbia. Comunque, sto cominciando a pensare sempre di meno che sia sotto il controllo di Vlad, poiché ci ha riferito il risultato delle sue “ricerche”: ha ritrovato le cinquanta casse di terra di cui parlava nel suo diario transilvano qui a Purfleet… e proprio nella proprietà accanto, Carfax!

La verità è talvolta troppo strana per essere creduta ma, quando ho saputo della vicinanza di Vlad, fui più contento che mai di avere in mano i talismani di Arminius. Senza spiegare la loro origine o parlare della loro speciale carica, diedi due dei piccoli crocifissi ad Arthur e a Quincey, chiedendo loro di appenderne uno alle finestre della loro camera da letto e di indossare l’altro.

Cercai di fare lo stesso con gli Harker — uno per la finestra, due per ogni persona — ma entrambi fecero delle obiezioni, rivelando che indossavano già delle croci intorno al collo. Tuttavia, riuscii a insistere per darne loro uno da mettere alla finestra, e notai con interesse che Harker aspettava che fosse sua moglie a prenderli (era l’influenza del Vampiro o semplicemente un caso?). Quell’azione mi fece un mondo di bene, sapendo che tutti sarebbero stati protetti, specialmente ora che sapevamo che Dracula era così vicino.