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Istintivamente, chiesi:

«È stata Elisabeth a rubare il manoscritto a Vlad la notte scorsa?»

«È stata lei», intervenne Arkady, prima che sua sorella potesse rispondere. «Quando lui era… molto distratto, mentre si nutriva ed eseguiva il rito del sangue con», la sua espressione si fece lievemente sorpresa, «qualcuno qui, non è così, Zsuzsa?».

Lei annuì, ma era troppo intenta nel suo discorso per reagire.

«Le abilità di Elisabeth stanno aumentando rapidamente; presto sarà forte come lo era Vlad, man mano che arriva a capire sempre più l’indovinello. Dobbiamo aver molta paura se trova la prima chiave, che porterà all’apparizione della quinta riga».

Nell’udire ciò, John sembrò uscire dal suo stordimento a sufficienza per parlare.

«Potrebbe averla già trovata», mormorò.

«No», disse Zsuzsanna, chinandosi verso di lui, e poi ritraendosi un po’, il che mi fece capire che John aveva seguito letteralmente le mie istruzioni e portava il crocifisso di Arminius sulla sua persona. «Non l’ha trovata. Lo so».

«Come?».

L’espressione di mio figlio era quella dello scienziato scettico, una caratteristica che io avevo incoraggiato.

«Jonathan Harker», rispose, e sia John che io ci chinammo immediatamente in avanti. «Quando lui si trovava al Castello Dracula, io lo morsi ed Elisabeth ne bevve il sangue, cosa che lo mise anche sotto il suo controllo. Uno dei suoi tracchi è che può guarire le ferite, così io non lasciai alcun segno su di lui. Lui è sia un agente mio che… suo. Questo adesso causa delle difficoltà, poiché noi possiamo, fino a un certo punto, sentire l’una i pensieri dell’altra. Poiché lei è la più potente, io oso leggerlo solo brevemente, in orari inconsueti. Questa è una delle cose di cui vi volevo avvertire; non dite ad Harker nulla che non vogliate che Elisabeth sappia!».

Si fermò, poi continuò.

«Mi dispiace che non mi sia venuto in mente di usare Harker, finché non ho cominciato a sospettare di Elisabeth e l’ho lasciata; è stato allora che scoprii che», abbassò lo sguardo, imbarazzata, «era gentile con me e fingeva di amarmi perché io potessi amarla; poiché i termini del suo Patto erano che lei avrebbe dovuto conquistare un’amante e tenere quell’amore costante per sei mesi… A quel punto, la sua vittima sarebbe diventata proprietà dell’Oscuro Signore. Credo di essere stata io l’incentivo per la sua venuta al Castello Dracula».

Uno strano silenzio cadde su tutti noi. Sia John che io arrossimmo e abbassammo lo sguardo; Arkady mise nuovamente un braccio protettivo e rassicurante sulle spalle della sorella.

Fu John che parlò per primo. Chinò il viso, incuriosito; potevo vedere che aveva cominciato a crederle (un buon segno, poiché sto cominciando a pensare che presto diventerà più capace di me nel leggere persone e aure).

«Dimmi… cosa sta facendo adesso Harker?», le chiese.

I muscoli nel viso di lei si rilassarono leggermente e i suoi occhi scuri assunsero un’espressione distante… per un istante, non di più. Si mosse e disse con aria pratica:

«Sta masticando una salsiccia, sebbene sia troppo addolorato per gustarla. Cosa è successo a sua moglie?». E, quando lo seppe, si portò una mano guantata alle labbra.

«Oh! Mi dispiace…».

Ci fu nuovamente un’interruzione piena di tensione nella conversazione; questa volta, Zsuzsanna ricominciò alzandosi.

«Questo è tutto ciò che sono venuta a dirvi: questo, e il fatto che dobbiamo tutti cercare di trovare la prima chiave prima che lo facciano Elisabeth o Vlad. Noi vi forniremo aiuto e informazioni, ogniqualvolta potremo».

Il resto di noi si alzò, come fanno i gentiluomini.

«Adesso vi devo dire un’ultima cosa», dissi, con molta solennità, «poiché non voglio inganni, né segreti tra di noi. Io sono costretto a distruggere Vlad… e tutti i Vampiri. Se tu mi aiuterai, Zsuzsanna, fallo con la consapevolezza che, se riusciremo, non permetterò a te o a mio padre di vivere».

Lei prese la mano di Arkady, e uno sguardo di complicità passò tra di loro.

«Lo so. Ora sono preparata a questo».

Arkady ci guardò nuovamente e disse:

«Questa mattina saremo a Carfax… se Elisabeth lo permetterà».

«Anche noi», dissi. «Apparentemente andremo per bloccare l’accesso alle casse di Vlad, ma John e io cercheremo il manoscritto e la chiave. Gli altri non sanno niente di nessuna delle due cose; pensammo che sarebbe stato più sicuro, dato che sospettavamo che Harker fosse in qualche modo… vampiricamente collegato».

Arkady annuì.

«Allora non ci faremo vedere, e non ti interromperemo tranne che nel caso di un’emergenza».

Così i due visitatori si voltarono per andarsene: Zsuzsanna dapprima esitando, poiché penso che volesse abbracciarmi o dirmi qualcos’altro per convincermi del suo sincero dispiacere. Io non volevo saperne, poiché il dolore profondo che aveva inflitto a me e alla mia famiglia non poteva essere cancellato da una semplice confessione. Così mi voltai e lei sospirò con riluttanza, poi cominciò ad andarsene.

Ma, quando John mise la mano sulla porta per aprirgliela, io gridai:

«Perché?».

I due uomini si voltarono verso di me con la fronte aggrottata in segno di perplessità, incerti per il significato e l’obiettivo della mia domanda, ma Zsuzsanna comprese.

«Perché?», chiesi ancora. «Voglio tutta la verità».

Lei mi guardò al di sopra delle spalle e sulle sue labbra apparve un sorriso amaro.

«Perché mi sono annoiata, Abraham. In mezzo secolo di Morte Vivente, ho raggiunto le vette di piacere e gli abissi della depravazione; ho avuto ricchezze illimitate, bellezza illimitata, illimitato potere sugli uomini. Ho raccolto intorno a me tutte le cose squisite del mondo: gioielli, vestiti, creature. Ma la bellezza che cercavo non poteva mascherare la bruttura di quello che ero diventata, né nascondere il fatto che la mia esistenza era diventata uno stanco tentativo di reiterare piacere dopo piacere per l’eternità. Né poteva conquistarmi un momento di onesto affetto da parte di un’altra persona». E qui prese di nuovo la mano di suo fratello, la strinse, e lui le sorrise con gli occhi radiosi. Guardandolo, Zsuzsanna, disse piano:

«Senza la morte o la compassione, la vita non ha significato, e così io sono ritornata all’unica persona che mi ama veramente. Per amor suo, sacrificherei tutto. Che altro mi era rimasto? Diventare come Vlad ed Elisabeth: annoiati predatori che comprano la loro continua immortalità giocando con delle pedine umane?». Mi guardò con gli occhi che lampeggiavano. «Chiedi a tuo padre, Bram… chiedi a Kasha come Vlad giocò con lui, intrappolandolo lentamente in una ragnatela in cui lui non poteva fare altro se non essere complice dei più crudeli assassini! Era l’unico modo in cui Vlad continuava a mantenere eccitanti i secoli: ogni venti anni, un figlio primogenito, un’altra graduale conquista, eccitante solo perché la sua non vita dipendeva da essa».

La voce di lei risuonava della passione e del fuoco che avevo visto venti anni prima nella Vampira: ora so che apparteneva alla stessa donna.

«Ma io non diventerò come lui! Non temo la morte al punto da non pensare alla sofferenza che infliggo! Ne ho inflitta comunque abbastanza e, se posso fare, almeno in parte, ammenda, la farò».

Così lei e Arkady se ne andarono per precederci alla nostra destinazione. John e io ritornammo dagli altri, e con Jonathan, Quincey e Arthur — e parecchie delle ostie consacrate — andammo a Carfax. Intanto si erano fatte le sette e mezzo del mattino e, sebbene la luce facesse sembrare la vecchia casa un po’ meno tetra della notte precedente, ne accentuava più che mai il lugubre grado di sporcizia. Certamente la cappella sembrava meno paurosa; deboli lame di luce solare entravano attraverso le finestre coperte di polvere che guardavano verso est, chiazzando la parete dove, un tempo, era stata appesa una croce.