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«Dove sei?», chiesi.

Una ruga apparve sulla sua fronte liscia, e la sua testa si mosse lentamente di qua e di là come se la stesse scuotendo in segno di rifiuto.

«Non lo so… È molto buio, e tranquillo come la morte…».

«Che cosa senti?».

Qui inclinò la testa come se stesse ascoltando.

«Lo scroscio delle onde… passi sopra di me e uomini che parlano. Il cigolio di una catena e il tintinnare del metallo…».

Una nave, capii, e scambiai uno sguardo di trionfo con i miei tre amici. Paura di Elisabeth, forse — o persino, osammo pensare, la paura di noi, adesso che era più debole, e della nostra determinazione — lo avevano cacciato dal paese!

Mi venne un’ispirazione! Lasciando Madam Mina in trance, seduta tranquillamente, mi voltai subito verso Jonathan e, senza esitare, feci cadere anche lui in una profonda trance, poi feci cenno a John di avvicinarsi e di mettergli le mani sopra le orecchie, per evitare che Elisabeth venisse a conoscenza di altre informazioni su ciò che stavamo cercando.

Dapprima Quincey e Arthur sembrarono un po’ scandalizzati, ma si rilassarono quando ne compresero la necessità; difatti, entrambi offrirono i loro fazzoletti a John che li appallottolò e li premette contro le orecchie di Harker, per meglio attutire le risposte bisbigliate di Mina.

Fatto ciò, mi voltai verso la mia prima paziente e le ordinai:

«Dimmi i tuoi pensieri».

«Al primo ritorno», intonò, «e il castello nel folto della foresta».

Arthur sfrecciò attraverso la stanza, trovò un pezzo di carta, e scrisse velocemente.

«Dov’è la chiave?», continuai.

«La prima? Giace fredda contro il mio cuore. La seconda, a casa mia… sebbene dove, non lo so dire».

Poi cadde in silenzio e non volle dire altro; feci cenno a Quincey di alzare la tenda, che rivelò la prima luce rosata dell’alba.

Immediatamente mi voltai verso Jonathan; John tolse subito le mani in modo che potessi chiedere all’uomo in trance:

«Dove sei?»

«Seguo».

«Chi segui? Van Helsing o Vlad?».

Nell’udire ciò, egli voltò il viso con ostinazione, come un bambino viziato che rifiuta la cena; tentai un approccio diverso.

«Cosa vedi? Cosa senti?».

Fece una smorfia della più dispettosa esasperazione. Con le palpebre ancora chiuse ma che sbattevano, grugnì in tono basso ma distintamente femminile:

«Bada, Van Helsing! Sei veramente uno stupido bastardo a volermi contrastare. Ti ammazzerò… se non con queste mani, allora con un altro paio!».

All’improvviso balzò dalla sedia e corse verso il letto. Da sotto il materasso, tirò fuori il temibile coltello kukri e corse brandendolo verso di me.

Sapevo, senza alcun dubbio, che il talismano di Arminius lo avrebbe tenuto lontano… ma la mia fiducia in esso non era totale. Mentre avrebbe potuto tenere la persona di Harker a distanza di un braccio da me, il coltello kukri poteva arrivare molto più lontano… e quello non rispettava talismani o cariche magiche. Solo la presenza di John, Arthur e Quincey mi salvò, poiché essi lo attaccarono da dietro e dai lati e afferrarono il braccio che brandiva il coltello.

Ci volle la stretta micidiale di tre uomini forti sul suo polso prima che abbandonasse l’arma con un urlo; Seward, abituato a trattare con attacchi violenti, ben presto lo rimise sulla sedia e lo tenne saldamente. All’improvviso si rilassò completamente, e si calmò. Rapidamente lo liberai dalla trance, poi guardai mentre John lentamente e attentamente, allentava la sua presa.

Jonathan aprì gli occhi e li sbatté confuso per alcuni secondi; poi alzò lo sguardo sulla moglie ipnotizzata, con un misto di avidità, interesse e preoccupazione, come se non fosse accaduto nulla fuori dall’ordinario.

Colsi l’occasione e feci uscire anche Mina dalla trance; lei era serena e allegra, ma inconsapevole di ciò che aveva detto o di che altro era accaduto. Così lasciammo gli Harker, e dicemmo loro di riposare bene e di non affrettarsi per la colazione. Entrambi erano chiaramente esausti e seguirono con gratitudine il nostro consiglio.

Mentre gli Harker stavano dormendo, il resto di noi discusse la situazione. Dracula era su una barca a vela all’ancora da qualche parte nel porto di Londra: fummo tutti d’accordo che questa fosse la conseguenza logica, visto ciò che Madam Mina aveva detto. Ma dove era diretta questa imbarcazione?

C’erano centinaia di navi all’ancora a Londra ogni giorno e, alla prima occhiata, il compito sembrava impossibile. Ma Arthur tirò fuori il pezzo di carta dalla tasca e ce lo lesse:

«Al primo ritorno e il castello nel folto della foresta».

«Il “castello nel folto della foresta” mi sembra il Castello Dracula», disse John. «Dopotutto, Mina non ha detto che la seconda chiave era a “casa”?».

Gli altri due uomini annuirono in segno di assenso e Quincey disse:

«Dev’essere così. Che altro vuol dire “al primo ritorno” se non “ritornare alla prima riga”? E la prima riga parla della Transilvania».

Così fu deciso: avremmo cercato di scoprire quali navi erano partite il giorno prima per il Mar Nero, la strada più logica nonché la via per la quale l’Impalatore era arrivato la prima volta. La descrizione dei rumori da parte di Madam Mina indicava un veliero, troppo piccolo per essere elencato nel «Times». Fortunatamente, Arthur sapeva che ai Lloyds avremmo trovato un elenco di tutte le navi che erano partite.

Ci andammo subito, senza disturbare gli Harker, specialmente dal momento che volevamo evitare ulteriori incontri con Jonathan. Lì venimmo a sapere che l’unica nave che era salpata per il Mar Nero il 3 ottobre — la Zarina Caterina, era diretta al porto di Varna.

Era salpata dal molo Doolittle, la nostra prossima destinazione, dove sapemmo dall’amministratore che un uomo alto, pallido e molto strano, era arrivato alle cinque il pomeriggio del giorno prima, e aveva insistito perché sulla nave fosse caricata una cassa.

Non ci possono essere dubbi: è diretto a casa!

Capitolo diciassettesimo

Il diario di Abraham Van Helsing

15 ottobre, notte. Lasciata Londra il mattino del 12 ottobre sono arrivato a Varna via Orient Express questo pomeriggio, dopo aver viaggiato giorno e notte. Madam Mina continua a fornire lo stesso resoconto ad ogni tramonto: scroscio di onde, oscurità.

Dopo molto dibattere, abbiamo deciso di permettere a Jonathan di venire con noi. Sarebbe stato crudele non permettergli di venire, dal momento che portavamo con noi sua moglie (che, finora, ci è stata di grande utilità). Con lui siamo sempre vigili e indossiamo sempre il nostro talismano, poiché la mia morte sarebbe molto utile ad Elisabeth. Causerebbe la distrazione immediata di Vlad, e lei non avrebbe altri disturbi da parte nostra; potrebbe semplicemente attendere la nave quando attracca e recuperare la prima chiave dai pietosi resti di Vlad.

Secondo Zsuzsanna, il fatto che Elisabeth sia vicina in attesa di un’opportunità per attaccare, significa che non ha visto la quinta riga; necessita della prima chiave per leggerla! In apparenza, dopo che Vlad scoprì la prima chiave e lesse la quinta riga, essa scomparve quando Elisabeth rubò il manoscritto. Questa è una buona notizia, poiché significa che lei non si precipiterà al castello di Vlad prima di lui (e di noi). No, lei ci segue (o, piuttosto, segue Harker) perché noi seguiamo Vlad. Ma la sua vicinanza non è la migliore delle notizie per me: soltanto il talismano di Arminius sulla mia persona — persino quando faccio il bagno — mi protegge (grazie a Dio, è ancora abbastanza forte da respingerla!).