Ma, all’improvviso, a quegli zoccoli rumorosi se ne unirono degli altri, poiché dalla parte opposta stavano arrivando Harker e Lord Godalming. Godalming lottava coraggiosamente per sorpassare il suo compagno. Potevo vedere la smorfia d’angoscia sul viso di Sua Signoria mentre frustava il suo destriero perché andasse sempre più veloce, ma Jonathan cavalcava come una furia mortale sputata dalle fauci dell’Inferno, con una velocità nata da una disperazione immortale.
«Alt!», gridò con una voce così forte che persino gli tzigani lo guardarono con timore. Ora gli zingari erano intrappolati in uno stretto spazio tra i nostri uomini e, per rendere chiare le loro intenzioni, Seward, Godalming e Morris alzarono i loro fucili Winchester (notai solo che il fucile di Godalming era posizionato in modo tale che, con un minimo movimento, egli poteva rapidamente avere Harker sotto tiro).
E, sulla roccia soprastante, c’era Van Helsing, che puntava il suo fucile sul colorato esercito che si trovava sotto di lui. Anche così, gli zingari tirarono fuori i coltelli, e il loro capo indicò il sole rosso, che ora baciava le cime delle montagne. Di nuovo accarezzai i musi dei cavalli per creare un’utile distrazione e, di nuovo, essi indietreggiarono.
Ma soltanto uno del nostro gruppo ne ricavò un vantaggio. In un attimo, Harker lasciò andare il suo fucile che rimase appeso alla tracolla, sfoderò il suo kukri e, con coraggio inumano, si gettò contro il muro di uomini armati che difendevano il carro. Dal lato opposto, Morris fece lo stesso con il suo coltello Bowie nello sforzo di raggiungere la cassa ma, ahimè! Jonathan la raggiunse per primo e, con forza vampiresca, la sollevò e la gettò a terra.
Balzò quindi giù e cominciò ad aprirne il coperchio con il suo coltello; Morris, che era arrivato fin lì con solo poche ferite superficiali sulle braccia e sul viso, saltò giù anche lui e attaccò l’altra estremità della cassa con il suo Bowie. Nel frattempo, vidi che la mira di Van Helsing era cambiata, e anche quella di Godalming, nel caso in cui Jonathan avesse preso la chiave.
Presto il coperchio della cassa fu aperto, e lì giaceva Vlad, indifeso e in pericolo, con gli occhi rossi per la rabbia e per la luce del sole che stava tramontando. Poi la sua rabbia si trasformò in trionfo quando il sole scivolò giù oltre l’orizzonte…
Ma il suo trionfo durò meno di un secondo. Il coltello curvo di Harker trapassò la gola dell’Impalatore mentre, nello stesso istante, l’arma di Morris affondava profondamente nel cuore del Vampiro.
Gli spaventati tzigani voltarono i loro cavalli e corsero via, abbandonando il carro. Rimasi a guardare con amara gioia mentre il corpo del Vampiro si disintegrava in polvere: semplice polvere, sollevata dal vento che turbinava lasciando vedere al di sotto una piccola chiave d’oro.
Era più vicina a Morris, che si chinò per prenderla; immediatamente, Harker avanzò per abbracciarlo, come per fare festa. Ma, mentre si tirava indietro, vidi il chiaro lampo del coltello kukri… insanguinato, mentre lo estraeva dal petto di Morris.
L’uomo ferito gemette e cadde in avanti, a metà nella bara. Insensibile, Harker infilò un braccio sotto di lui, tastando per trovare la chiave; timorosi di fare altro male a Morris se avessero fatto fuoco sull’aggressore, gli altri due uomini corsero alle spalle della coppia. Il gentile Seward, che avevo giudicato incapace della minima violenza, alzò il calcio del suo fucile e lo abbassò con forza sul cranio di Harker, poi si chinò per riprendere la chiave, ma io fui più veloce e, con una rapida mossa, presi l’oggetto luccicante e mi diressi velocemente verso il castello.
Subito il cielo si oscurò: non per la notte, ma con uno scoppio di scintillante indaco che si rifletteva oscuramente sulla neve caduta. Elisabeth era apparsa, lo sapevo, ma io non osavo guardare dietro di me. Dato che gli altri non possedevano la chiave dorata, lei sarebbe stata troppo indaffarata nella ricerca per far loro del male.
Mi precipitai con la chiave verso il castello, senza altro piano che l’istinto, senza alcun desiderio se non quello di proteggere gli altri. Nel mio cuore, sapevo che dovevo trovare la seconda chiave, e nasconderla in qualche modo a Elisabeth… ma ciò che il mio cuore desiderava, il mio cervello non riusciva a trovare un modo per farlo.
Anche così, volai verso le montagne in direzione del castello, con la chiave chiusa strettamente nella mano. Tutto era diventato silenzioso mentre gli uomini curavano Quincey; non udii niente tranne l’estrema tranquillità e un suono che mi seguiva, riecheggiando dalle montagne.
Era la risata di Elisabeth.
La risata di Elisabeth…
Il diario di Abraham Van Helsing
5 novembre, continua. Con orrore, Madam Mina e io guardammo mentre Jonathan pugnalava brutalmente Quincey; l’orrore di lei continuò quando John si fece avanti e diede a a suo marito un forte colpo sulla testa con il fucile ma, in verità, io provai solo sollievo. Mentre lei piangeva silenziosamente coprendosi il viso con le mani, le tolsi gentilmente il binocolo e guardai di nuovo.
Ma la mia speranza e l’emozione cambiarono ancora in paura quando John e Arthur cercarono inutilmente la chiave mancante nella cassa di terra. In qualche modo Elisabeth doveva averla rubata… o era stato Arkady, o Zsuzsanna? O non era mai stata nella cassa?
Quando Seward e Arthur rinunciarono alla ricerca e si inginocchiarono per curare il loro amico mortalmente ferito, la neve intorno ad essi brillò di colore indaco, con tale intensità da farmi comprendere che poteva annunciare soltanto l’arrivo di Elisabeth.
Così fu. Apparve in una gloria radiosa, più chiara della luna piena e infinitamente più irresistibile, e con un gesto della mano fece cadere John e Arthur silenziosamente sulla neve. Lo svenuto Harker provocò da parte sua solo un’alzata di spalle in segno di disgusto ma, quando guardò nella bara vuota, scoprì i denti con rabbia ferina e poi alzò lo sguardo in direzione del castello e cominciò a ridere.
«Zsuzsanna!», gridò, con maliziosa gaiezza. «Mio sciocco amore! I mortali possono proteggersi da me — per il momento — con i loro sciocchi incantesimi, ma tu, mia cara, non puoi. Certamente la chiave non può proteggerti… Sai bene cos’ha fatto a Vlad!».
All’improvviso scomparve, e John e Arthur si rialzarono lentamente in ginocchio. Io porsi a Madam Mina, che era ancora sconvolta, il binocolo e, prendendola per le braccia in modo rassicurante, dissi:
«Cara Madam Mina, non siate addolorata. Siete libera dall’influenza del Vampiro… e presto lo sarà anche vostro marito. Rimanete qui nel cerchio, che vi proteggerà da ogni male e, se Jonathan si dovesse avvicinare, non gli date retta e restate dentro!».
Quindi corsi verso il castello. Ciò che avrei potuto fare lì, non lo sapevo, ma Elisabeth sapeva che Zsuzsanna si era recata lì con la prima chiave, e così io ero costretto a seguirle. Ma il panico più profondo che abbia mai conosciuto mi strinse il cuore e i polmoni, tanto che faticavo a respirare. Dovevo trovare la prima chiave in qualche modo e impedire che Elisabeth trovasse la seconda… ma come?
Sopra il castello si stava raccogliendo una grande ombra che incombeva su lutto: un’oscurità più nera delle profondità della notte, un segno dell’imminente arrivo dell’Oscuro. Sotto il cappotto, la mia pelle rabbrividì; quella era l’immagine di cui ero stato avvertito in sogno, il sogno in cui ero stato completamente, irrevocabilmente, inghiottito, divorato da quell’oscurità.