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«Ailron è stato delizioso» rispose Morgase con cautela. La terza donna presente nella stanza, in ginocchio mentre prendeva delle lenzuola, tirò su con il naso e Morgase evitò con grande sforzo di guardarla furiosa. Breane era la... compagna di Lamgwin. La bassa donna abbronzata lo seguiva ovunque andasse, ma era originaria di Cairhien e Morgase non era la sua regina, come aveva chiarito in diverse circostanze. «Un altro giorno o due» continuò Morgase «e credo che otterrò un impegno da parte sua. Oggi alla fine ha concordato che ho bisogno di soldati per riprendere Caemlyn. Una volta cacciato via Gaebril, i nobili ritorneranno da me.» Sperava che lo avrebbero fatto; adesso si trovava in Amadicia perché si era lasciata accecare da Gaebriclass="underline" aveva maltrattato anche la più vecchia e cara amica che apparteneva a una delle casate ai suoi ordini.

«Un cavallo lento non sempre raggiunge la fine del viaggio» rispose Lini, sempre impegnata con il ricamo. Le piacevano molto i proverbi, e Morgase sospettava che alcuni se l’inventasse sul momento.

«Questo ce la farà» insisté. Tallanvor aveva torto sul Ghealdan; secondo Ailron la nazione era quasi in preda alla totale anarchia per via di quel Profeta di cui tutti i servitori parlavano, il tizio che predicava la rinascita del Drago. «Gradirei bere qualcosa, Breane.» La donna la guardò fino a quando lei aggiunse: «Per favore.» Anche allora obbedì con una certa riluttanza.

La mistura di vino e succo di frutta era fredda e tonificante con tutto quel caldo; il calice d’argento rilasciò una sensazione piacevole sulla fronte di Morgase. Ailron aveva fatto trasportare neve e ghiaccio dalle montagne della Nebbia, benché fossero serviti molti carri per portarne abbastanza per tutto il palazzo.

Anche Lini ne prese un calice. «Per quanto riguarda Tallanvor...» iniziò a dire dopo un sorso.

«Lascia perdere, Lini!» scattò Morgase.

«È più giovane di te» intervenne Breane. Si era versata una coppa di bevanda anche per sé. La donna era davvero sfacciata! Doveva impersonare la sua serva, qualsiasi cosa fosse successa a Cairhien. «Se lo vuoi, prendilo. Lamgwin dice che ti ha giurato fedeltà, e ho notato come ti guarda.» Rise rauca. «Non rifiuterà.»

Le Cairhienesi erano disgustose, ma almeno la maggior parte di loro teneva nascoste certe abitudini dissolute con una parvenza di pudore.

Morgase stava per ordinare a Breane di lasciare la stanza quando qualcuno bussò. Senza attendere alcun permesso, entrò un uomo che aveva i capelli bianchi e pareva tutto incurvato e ossuto. Il mantello candido come la neve era adornato con un sole d’oro raggiato ricamato sul petto. Morgase aveva sperato di evitare i Manti Bianchi fino a quando lei e Ailron avessero raggiunto un accordo. La frescura del vino le penetrò d’improvviso nelle ossa. Dove si erano cacciati Tallanvor e gli altri per aver consentito a quest’uomo di entrare nelle sue stanze in maniera tanto spudorata?

Gli occhi scuri puntarono direttamente la regina, e l’uomo fece un inchino appena accennato. Aveva il volto segnato e la pelle tesa, ma era debole quanto poteva esserlo un martello. «Morgase di Andor?» chiese con voce ferma e profonda. «Mi chiamo Pedron Niall.» Non uno dei Manti Bianchi; il lord capitano Comandante dei Figli della Luce in persona. «Non temere, non sono venuto per arrestarti.»

Morgase restò dritta. «Arrestarmi? Con quale accusa? Non posso incanalare.» Non appena le parole le lasciarono la bocca, si morse quasi la lingua per l’esasperazione. Quel mettersi subito sulla difensiva era un’indicazione di quanto fosse agitata. Era vero quanto aveva detto, per quanto la riguardava. Aveva tentato cinquanta volte di percepire la Fonte riuscendoci in una sola occasione, seguita da venti tentativi di aprirsi a saidar per coglierne una sola goccia. Una Sorella Marrone di nome Verin le aveva detto che la Torre non avrebbe avuto bisogno di trattenerla se avesse imparato a gestire la sua piccola capacità di incanalare, ma dovette restarci comunque. Eppure, anche quella minima abilità era fuori legge in Amadicia, pena la morte. Il Gran Serpente, l’anello che Morgase portava al dito e che tanto aveva affascinato Ailron, adesso pareva incandescente.

«Addestrata alla Torre» mormorò Niall. «Anche questo è vietato. Ma, come ho detto, non sono qui per arrestarti, bensì per aiutarti. Manda via le tue donne e parleremo.» L’uomo si mise a suo agio su una comoda poltrona appoggiando il mantello sullo schienale. «Vorrei qualcosa da bere prima che vadano via.» Con dispiacere di Morgase, Breane scattò porgendogli immediatamente un calice, con gli occhi bassi e il volto inespressivo come una tavola.

La regina fece lo sforzo di riprendere il controllo. «Rimarranno, mastro Niall.» Non avrebbe dato a quell’uomo la soddisfazione di un titolo. La cosa non sembrò turbarlo. «Cosa è successo ai miei uomini di fuori? Ti considererò responsabile se è stato fatto loro del male. E perché credi che abbia bisogno del tuo aiuto?»

«I tuoi uomini sono incolumi» rispose lui distratto mentre beveva. «Credi che Ailron ti darà ciò che chiedi? Sei una donna molto bella, Morgase, e Ailron apprezza le belle donne con i capelli color oro. Si avvicinerà un po’ di più ogni giorno a quest’accordo che vai cercando senza mai raggiungerlo, fino a quando deciderai che forse, con... un certo tipo di sacrificio, potresti aver successo. Ma non ti darà quello che vuoi, qualunque cosa gli concederai. La teppaglia di quel cosiddetto Profeta sta saccheggiando il nord dell’Amadicia. A occidente abbiamo Tarabon devastata dalla guerra civile, briganti che hanno giurato fedeltà al così detto Drago Rinato, voci sulle Aes Sedai e il falso Drago in persona che terrorizzano Ailron. Concederti dei soldati? Se potesse trovare dieci uomini per ciascuno di quelli ora al suo servizio sarebbe pronto a vendersi l’anima. Ma io posso inviare cinquemila Figli della Luce a Caemlyn con te alla loro guida, se vuoi.»

Dire che era stupita avrebbe significato sminuire la reazione di Morgase. Con il dovuto contegno, si avviò verso la sedia dall’altro lato della camera e si sedette prima che le gambe le cedessero.

«Perché vuoi aiutarmi a spodestare Gaebril?» chiese. Ovviamente l’uomo sapeva tutto; senza dubbio aveva spie fra i servitori di Ailron. «Non ho mai concesso ai Manti Bianchi la libertà che volevano, in Andor.»

Stavolta fu l’uomo a fare una smorfia. Manti Bianchi non era un appellativo gradito. «Gaebril? Il tuo amante è morto, Morgase. Il falso Drago, Rand al’Thor, ha aggiunto Caemlyn alle sue conquiste.» Lini emise un verso sommesso come se si fosse punta, ma l’uomo mantenne gli occhi puntati sulla regina.

Dal canto suo, Morgase dovette afferrare il bracciolo della sedia per evitare di premersi una mano contro lo stomaco. Se l’altra mano con il calice non fosse stata appoggiata al bracciolo, avrebbe versato tutto in terra. Gaebril morto? L’aveva ingannata, l’aveva trasformata nella sua sgualdrina privata, usurpato la sua autorità, aveva oppresso il popolo in suo nome e alla fine si era nominato re di Andor, che non aveva mai avuto un re. Dopo tutto ciò, com’era possibile che lei provasse quella vaga sensazione di rimpianto nel sapere che non avrebbe mai più sentito il tocco delle sue mani? Era follia. Se non avesse saputo che era impossibile, avrebbe creduto che l’uomo in qualche modo aveva usato l’Unico Potere su di lei.

Adesso al’Thor aveva preso Caemlyn? In tal caso, sarebbe potuto cambiare tutto. Lo aveva incontrato una volta, un ragazzo di campagna spaventato che proveniva da occidente, e che aveva tentato di fare del suo meglio per mostrare rispetto alla sua regina. Un giovane con la spada marchiata con gli aironi dei maestri spadaccini. Ed Elaida era stata sospettosa con lui. «Perché lo chiami falso Drago, Niall?» Se voleva chiamarla per nome, allora poteva a sua volta fare a meno anche dell’appellativo comune di ‘mastro’. «La Pietra di Tear è caduta, com’era riportato nelle Profezie del Drago. I sommi signori di Tear in persona lo hanno acclamato Drago Rinato.»