Rand camminò lentamente verso Bashere con il pugnale fra le mani. «Se fossi stato più lento» osservò sottovoce «sarei morto. Potrei ucciderti all’istante e nessuna legge di Andor o di qualunque altra nazione mi riterrebbe colpevole di un’azione scorretta.» Si rese conto di essere pronto a farlo. Una rabbia pura e fredda aveva rimpiazzato saidin. Poche settimane di conoscenza non giustificavano il comportamento di quell’uomo.
Gli occhi a mandorla dell’abitante della Saldea erano calmi come se si trovasse a casa sua. «A mia moglie non piacerebbe. Per dirla tutta, nemmeno a te. Probabilmente Deira prenderebbe il comando dei miei uomini e andrebbe di nuovo a caccia di Taim. Non è d’accordo con la mia proposta di seguirti.»
Rand scosse leggermente il capo: la sua rabbia stava spegnendosi davanti alla compostezza dell’uomo. E alle sue parole. Era stata una sorpresa apprendere che fra i novemila cavalieri di Bashere tutti i nobili si erano portati le mogli al seguito, come anche la maggior parte degli ufficiali. Rand non capiva come facesse un uomo a condurre la propria consorte in mezzo al pericolo, ma era tradizione in Saldea, a esclusione delle campagne nella Macchia.
Rand evitò di guardare le Fanciulle. Erano guerriere in tutto e per tutto, ma anche donne, e lui aveva promesso di non tenerle lontane dal pericolo, o dalla morte. Però non aveva promesso di non tirarsi indietro, e questo fatto lo dilaniava, ma manteneva la parola data. Faceva quanto doveva anche quando si odiava per questo.
Sospirando, lasciò cadere il pugnale. «Quella domanda» disse educatamente. «Perché?»
«Perché tu sei chi sei» rispose semplicemente Bashere. «Perché tu — e immagino anche quelli che intendi riunire — siete quello che siete.» Rand sentì rumore di passi alle sue spalle; per quanto provassero, gli Andorani non riuscivano a nascondere l’orrore per quell’amnistia. «Puoi fare ciò che hai fatto con il mio pugnale in ogni momento,» proseguì Bashere, appoggiando in terra la gamba sollevata e sporgendosi in avanti «ma qualsiasi assassino per raggiungerti deve prima superare gli Aiel. E i miei cavalieri, per inciso. Mah! Qualunque cosa dovesse avvicinarsi a te, non sarebbe umana.» Allargò le braccia e si sedette di nuovo. «Be’, se vuoi esercitarti con la spada, fallo pure. Un uomo ha bisogno di allenarsi e di rilassarsi. Ma non farti spaccare il cranio. Troppe cose dipendono da te e non vedo nessuna Aes Sedai qui in giro per guarirti.» I baffi quasi nascosero il sorriso fugace. «E poi se muori non credo che i nostri amici Andorani manterranno il loro caldo benvenuto per me e i miei uomini.»
Gli Andorani avevano riposto le spade, ma gli occhi rimasero puntati su Bashere con un’espressione ostile che non aveva nulla a che fare con quanto l’uomo si fosse avvicinato a uccidere Rand. Di solito ostentavano una certa tranquillità nelle vicinanze di Bashere, anche se era un generale straniero con un esercito straniero su terreno andorano. Il Drago Rinato lo voleva con sé e quest’accozzaglia avrebbe fatto buon viso anche a un Myrddraal se lo avesse voluto il Drago. Se Rand invece si fosse ribellato alla presenza dell’uomo... Non ci sarebbe stato bisogno di nascondere nulla. Erano avvoltoi che si sarebbero nutriti della carne di Morgase prima ancora che fosse morta, e avrebbero fatto lo stesso con Bashere se ne avessero avuto occasione. E con Rand. Era davvero impaziente di liberarsi di loro.
Il solo modo di vivere è morire. Quel pensiero gli venne in mente all’improvviso. Una volta gli era stata detta la stessa cosa, in un modo tale che vi aveva creduto, ma non era un suo pensiero. Devo morire. Merito solo la morte. Si allontanò da Bashere stringendosi la testa fra le mani.
Bashere si alzò in un istante e afferrò Rand per una spalla anche se era molto più alto di lui. «Cosa succede? Quel colpo ti ha davvero rotto la testa?»
«Sto bene.» Rand allontanò le mani dell’uomo; non era mai un evento doloroso, si trattava della sorpresa di percepire improvvisamente i pensieri di un altro nella propria testa. Bashere non era il solo che l’osservava. La maggior parte delle Fanciulle lo scrutava con estrema attenzione, in particolar modo Enaila e la bionda Somara, la più alta di tutte. Quelle due probabilmente gli avrebbero portato qualche tipo di infuso non appena avessero assolto al proprio dovere, e avrebbero controllato che lo bevesse tutto. Elenia, Naean e il resto degli Andorani respiravano con affanno, stringendo giubbe o gonne, e osservavano Rand con gli occhi sgrananti dalla paura, spaventati dall’idea che forse stavano assistendo ai suoi primi segni di follia. Solo le Fanciulle si rilassarono, ma Enaila e Somara non si allontanarono.
Agli Aiel non importava del ‘Drago Rinato’: per loro Rand era il Car’a’carn, l’uomo che nelle profezie li avrebbe riuniti e spezzati. Lo avevano accolto anche se al tempo stesso erano preoccupati, e avevano accettato con lui l’incanalare e tutto quello che avrebbe portato. Gli altri — gli abitanti delle terre bagnate, pensò Rand — lo chiamavano il Drago Rinato, ma non ragionavano mai sul significato di quel nome. Credevano che fosse la reincarnazione di Lews Therin Telamon, il Drago, l’uomo che tremila e più anni prima aveva sigillato il buco nella prigione del Tenebroso e posto fine alla Guerra dell’Ombra. Aveva posto fine anche all’Epoca Leggendaria, quando l’ultimo contraccolpo del Tenebroso contaminò saidin e ogni uomo che poteva incanalare cominciò a impazzire, iniziando da Lews Therin e i Cento Compagni. Chiamavano Rand il Drago Rinato e non sospettavano affatto che una parte di Lews Therin Telamon potesse albergargli in testa, pazzo come il giorno in cui erano iniziati il Tempo della Follia e la Frattura del Mondo, folle come ogni Aes Sedai maschio che avesse cambiato il volto del mondo oltre ogni immaginazione. Lo aveva raggiunto lentamente, ma più Rand imparava sull’Unico Potere, più diventava forte con saidin, più aumentava d’intensità la voce di Lews Therin, con maggior forza lui doveva lottare per evitare che i pensieri di un uomo morto prendessero per sempre il sopravvento sui suoi. Quello era uno dei motivi per cui gli piaceva esercitarsi con la spada; l’assenza di pensiero era una barriera.
«Dobbiamo trovare un’Aes Sedai» mormorò Bashere. «Se le voci sono vere... Che la Luce mi folgori gli occhi, vorrei che non l’avessimo mai lasciata andare via.»
Nei giorni seguenti la presa della città da parte di Rand e dei suoi Aiel molte persone erano fuggite da Caemlyn; il palazzo stesso si era svuotato in una sola notte. Vi erano individui che Rand avrebbe voluto trovare, persone che lo avevano aiutato, ma erano svaniti. Altri sgattaiolavano via. A fuggire in quei primi giorni era stata anche una giovane Aes Sedai, talmente giovane che il viso ancora non mostrava la tipica mancanza di età che contrassegnava quelle donne. Gli uomini di Bashere avevano segnalato di averla trovata in una locanda, ma quando lei aveva scoperto chi fosse Rand, era fuggita gridando. Letteralmente. Non ne avevano mai scoperto il nome o l’Ajah di appartenenza. Circolavano voci sulla presenza di un’altra Aes Sedai in città, ma adesso a Caemlyn pullulavano centinaia di voci, migliaia, ognuna più improbabile dell’altra. Difficilmente avrebbero portato alla scoperta dell’Aes Sedai. Le vedette Aiel ne avevano avvistate alcune di passaggio a Caemlyn, e tutte stavano recandosi da qualche parte con grande urgenza, nessuna con l’intenzione di entrare in una città occupata dal Drago Rinato.
«Posso davvero fidarmi di qualsiasi Aes Sedai?» chiese Rand. «È solo un mal di testa. E la mia non è abbastanza dura da non farmi male quando viene colpita.»