Forse si provava esattamente ciò che lei provava adesso.
Aprì il fascicolo.
A quanto ne sapevano loro, Buffalo Bill l'aveva fatto cinque vòlte. Almeno cinque volte, e probabilmente di più, negli ultimi dieci mesi aveva sequestrato una donna, l'aveva uccisa e l'aveva scuoiata. (Lo sguardo di Clarice scorse sui referti delle autopsie, fino ai test dell'istamina libera... confermavano che le aveva uccise prima di fare il resto.)
Quando aveva finito, buttava il cadavere nell'acqua corrente. Ognuno era stato trovato in un fiume diverso, a valle di un ponte di un'autostrada interstatale, e ogni volta in uno Stato diverso. Tutti sapevano che Buffalo Bill viaggiava molto. Era la sola cosa che i tutori della legge sapevano di lui... la sola cosa, a parte il fatto che aveva almeno una pistola. La pistola aveva sei solchi e tirava un po' sulla sinistra... probabilmente era una Colt o una copia esatta della Colt. I segni sui proiettili recuperati indicavano che preferiva sparare i .38 Special nelle camere più lunghe di una .357.
I fiumi non lasciavano impronte digitali, non lasciavano tracce di capelli o di fibre.
Quasi certamente era un maschio bianco: bianco perché di solito i mostri scelgono le vittime nel loro gruppo etnico e tutte le vittime erano bianche; e maschio perché in tempi recenti non sono mai risultati casi di donne che commettono omicidi in serie.
Due giornalisti si erano ispirati per un titolo all'orribile poesiola di e.e. cummings, Buffalo Bill... ”ti piace il tuo ragazzo dagli occhi azzurri, Signore della Morte?”
Qualcuno, forse Crawford, aveva incollato il ritaglio con la citazione all'interno della cartelletta.
Non c'era una correlazione chiara tra i luoghi dove Bill sequestrava le
vittime e quelli dove le scaricava.
Nei casi in cui i cadaveri erano stati trovati abbastanza presto perché fosse possibile determinare con esattezza l'ora della morte, la polizia aveva scoperto un'altra cosa che l'assassino aveva fatto: le aveva tenute in vita per qualche tempo. Le vittime non erano state uccise prima di una settimana o dieci giorni dal momento del sequestro. Quindi Bill doveva avere un posto dove tenerle, un posto per lavorare in assoluta tranquillità. E questo significava che non era un vagabondo. Era piuttosto un ragno che tesseva la sua tela. Con un suo rifugio. Chissà dove.
Era questo che inorridiva il pubblico più di ogni altra cosa... il fatto che le tenesse prigioniere per una settimana o più, sapendo che le avrebbe uccise.
Due erano state impiccate, due uccise con colpi d'arma da fuoco. Non c'era evidenza di stupro o di maltrattamenti fisici prima della morte, i referti delle autopsie non registravano segni di sfregi "specificamente genitali", anche se i patologi annotavano che sarebbe stato quasi impossibile determinare fatti del genere in cadaveri più decomposti.
Tutte erano state trovate nude. In due casi, qualche capo di abbigliamento della vittima era stato trovato sulla strada nei pressi delle loro case, tagliato sulla schiena come un abito funebre.
Clarice esaminò le fotografie senza scomporsi. Fisicamente, i cadaveri ripescati in acqua erano i peggiori. Avevano anche un pathos assoluto, come avviene spesso nelle vittime di omicidi commessi all'aperto. Le indegnità subite dalla vittima, l'esposizione agli elementi e agli occhi di estranei suscitano collera, se il tuo lavoro ti permette di andare in collera.
Spesso, negli omicidi commessi al chiuso, l'evidenza delle sgradevoli abitudini personali di una vittima, e le vittime della vittima (le mogli picchiate, i figli maltrattati) sembrano suggerire che il morto se l'è cercata, e molte volte è veramente così.
Ma nessuna delle vittime di Buffalo Bill se l'era cercata. Non avevano neppure la pelle, e giacevano sulle rive dei fiumi cosparse di rifiuti, tra le lattine di olio per i motori fuoribordo e i sacchetti per i sandwich che fanno parte del nostro squallore quotidiano. Le donne uccise quando faceva freddo conservavano quasi intatte le loro facce. Clarice rammentò che i denti non erano messi allo scoperto dalla sofferenza e che le tartarughe e i pesci, nutrendosi della carne, avevano creato quell'espressione. Bill scuoiava i tronchi e quasi sempre lasciava intatti gli arti.
Non sarebbe stato così inquietante guardare le foto, pensava Clarice, se nella cabina non fosse stato tanto caldo e se quel maledetto aereo non avesse ballato così, con un'elica che fendeva l'aria meglio dell'altra, e se lo stramaledetto sole non avesse battuto in quel modo sui finestrini graffiati, martellando come un'emicrania.
È possibile prenderlo. Clarice si aggrappò a quel pensiero per trovare la forza di restare seduta nella cabina sempre più piccola, con quelle informazioni atroci tra le mani. Poteva contribuire a fermarlo. E allora avrebbe potuto rimettere il fascicolo dalla copertina liscia e un po' appiccicosa dentro al cassetto e girare la chiave.
Fissò la nuca di Crawford. Se voleva fermare Buffalo Bill, era in buona compagnia. Crawford aveva organizzato con successo la caccia a tre mostri. Ma c'era stato un prezzo da pagare. Will Graham, il segugio più abile che mai avesse fatto parte della muta di Crawford, era una leggenda all'Accademia: ma adesso era un alcolizzato che viveva in Florida, con una faccia che non si poteva guardare, dicevano.
Forse Crawford si era accorto che lo stava fissando. Si alzò dal sedile del secondo pilota. Il pilota toccò il volante dell'assetto mentre Crawford si portava verso la coda, sedeva accanto a Clarice e si agganciava la cintura. Quando si tolse gli occhiali da sole e mise le lenti bifocali, lei ebbe la sensazione dì conoscerlo di nuovo.
Quando Crawford staccò lo sguardo dal suo viso, guardò il rapporto e tornò a fissarla, qualcosa gli passò sul volto e subito scomparve. Una faccia più animata della sua avrebbe lasciato trasparire il rammarico.
«Io ho caldo. Lei no?». «Bobby, fa troppo caldo, qui dentro» gridò al pilota. Bobby regolò un comando, ed entrò l'aria fredda. Qualche fiocco di neve si formò nell'aria umida della cabina e si posò sui capelli di Clarice.
E poi tornò a essere Jack Crawford in caccia, con gli occhi che sembravano una limpida giornata d'inverno.
Aprì il fascicolo a una carta geografica che mostrava la parte centrale e orientale degli Stati Uniti. Vi erano segnati i luoghi dov'erano stati trovati i cadaveri... punti sparpagliati in un disordine muto e sghembo come le costellazioni di Orione.
Crawford prese una penna dalla tasca e indicò l'ultima località, la loro meta.
«Elk River, circa dieci chilometri a valle dell'U.S.79» disse. «In questo caso abbiamo avuto fortuna. Il corpo si è impigliato in un palamito... una lenza calata nel fiume. Non pensano sia rimasto in acqua molto a lungo. Lo stanno portando a Potter, la sede della contea. Voglio sapere subito chi è, così potremo cercare i testimoni del sequestro. Manderemo al più presto le impronte, appena le avremo.» Crawford inclinò la testa per guardare Clarice Starling attraverso la metà inferiore degli occhiali. «Jimmy Price mi ha detto che sa prendere le impronte di un annegato.»
«Per la verità non ho mai avuto a che fare con un annegato vero e proprio. Prendevo le impronte digitali delle mani che il signor Price riceveva ogni giorno per posta. Molte, comunque, erano di annegati o di corpi rimasti a lungo in acqua.»
Coloro che non avevano mai lavorato sotto la supervisione di Jimmy Price credevano che fosse un simpatico brontolone. Come molti brontoloni, in realtà era un vecchio meschino e stizzoso. Jimmy Price era supervisore per le Impronte Latenti al laboratorio di Washington. Clarice Starling aveva lavorato con lui quando studiava medicina legale.
«Quel Jimmy» disse affettuosamente Crawford. «Com'è che chiamano quel genere di lavoro...?»
«Chi lo fa viene chiamato "lo sciagurato del laboratorio"; certuni preferiscono chiamarlo "Igor"... è stampato sul grembiule di gomma che ti danno.»
«Ecco.»
«Poi ti dicono di far finta di sezionare una rana.»