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«E lo studio?»

«Una volta un addetto al censimento cercò di quantificarmi. Gli mangiai il fegato con contorno di fave e una bottiglia di Amarone. Torni a scuola, piccola Starling.»

Educato fino all'ultimo, Hannibal Lecter non le voltò la schiena. Si allontanò a ritroso dalla barriera prima di girarsi di nuovo verso la branda; si sdraiò e divenne remoto come un crociato di pietra giacente su una tomba.

Clarice si sentì all'improvviso svuotata, come se avesse donato sangue per una trasfusione. Impiegò più tempo del necessario per rimettere i fogli nella cartella perché non era certa che le gambe la sostenessero. Era dominata da un senso di fallimento che detestava. Ripiegò la sedia e l'appoggiò alla porta dello sgabuzzino. Avrebbe dovuto passare di nuovo davanti a Miggs. Barney, laggiù in fondo, leggeva. Avrebbe potuto chiamarlo perché venisse a prenderla. Accidenti a Miggs. Non era peggio di quello che le poteva capitare quando passava accanto ai muratori o ai fattorini delle consegne in città, ogni giorno. Si avviò nel corridoio.

Vicinissima, la voce di Miggs sibilò: «Mi sono morsicato il polso per poter moooriiiire... vedi come sanguina?».

Clarice avrebbe dovuto chiamare Barney ma, colta alla sprovvista, guardò nella cella, vide Miggs scuotere le dita e sentì lo spruzzo caldo sulla

guancia e sulla spalla prima di avere il tempo di girarsi dall'altra parte.

Si allontanò, e si accorse che era sperma, non sangue. Lecter la stava chiamando, lo sentiva. La voce del dottor Lecter risuonava dietro di lei, e il tono metallico e graffiante era un po' più accentuato.

«Agente Starling.»

Si era alzato in piedi e la chiamava mentre lei proseguiva. Clarice frugò nella borsetta per prendere dei fazzolettini di carta.

Dietro di lei... «Agente Starling.»

Ormai era sui binari gelidi dell'autocontrollo e continuava ad avvicinarsi al cancello.

«Agente Starling.» C'era una nota nuova nella voce di Lecter.

Clarice si fermò. In nome di Dio, che cos'è che desidero tanto? Miggs sibilò qualcosa che lei non ascoltò.

Si fermò di nuovo davanti alla cella di Lecter e vide uno spettacolo raro: il dottore era agitato. Sapeva che poteva sentirle quell'odore addosso. Sentiva qualunque odore.

«Non avrei voluto che le succedesse una cosa simile. La scortesia mi sembra indicibilmente disgustosa.»

Si sarebbe detto che commettere omicidi lo avesse purificato dalle sgarberie meno importanti. O forse, pensò Clarice, lo eccitava vederla marchiata in quel modo. Non avrebbe saputo dirlo con esattezza. Le scintille negli occhi di Lecter volavano nella sua tenebra come lucciole in una grotta.

Qualunque cosa sia, approfittane! Clarice alzò la cartella. «La prego, lo faccia per me.»

Forse si era decisa troppo tardi. Lui era di nuovo calmo.

«No. Ma farò in modo che sia contenta di essere venuta. Le darò qualcosa d'altro. Le darò ciò che desidera di più, Clarice Starling.»

«E cioè, dottor Lecter?»

«L'avanzamento, è naturale. Perfetto... ne sono lieto. Me l'ha fatto venire in mente il giorno di san Valentino.» Il sorriso che mostrava i denti minuti e candidi poteva essere ispirato da qualunque ragione. Parlò a voce così bassa che lei lo udì appena. «Cerchi i suoi biglietti di san Valentino nella macchina di Raspail. Mi ha sentito? Li cerchi nella macchina di Raspail. E adesso è meglio che vada. Non credo che Miggs possa rifarlo tanto presto anche se è pazzo, le pare?»

Clarice Starling era emozionata, esausta, e stava in piedi con uno sforzo di volontà. Alcune delle cose che Lecter aveva detto su di lei erano vere, altre sfioravano la verità. Per qualche secondo le parve che una coscienza estranea si scatenasse nella sua mente e buttasse giù tutte le cose dagli scaffali, come un orso in una roulotte.

Era furiosa per ciò che le aveva detto di sua madre; e doveva liberarsi della collera. Si trattava di lavoro.

Sedette a bordo della sua vecchia Pinto, di fronte all'ospedale, e trasse un respiro profondo. Quando i finestrini si appannavano, era un po' riparata dagli sguardi di coloro che passavano sul marciapiede.

Raspail. Ricordava quel nome. Era stato un paziente di Lecter e una delle sue vittime. Aveva avuto a disposizione soltanto una serata per esaminare il materiale relativo a Lecter. Il dossier era molto voluminoso e Raspail era stato una delle tante vittime. Doveva leggere i dettagli.

Clarice avrebbe voluto precipitarsi; ma si rendeva conto che la fretta era lei a crearla. Il caso Raspail era stato chiuso anni prima. Nessuno era in pericolo. Aveva tempo. Doveva cercare informazioni e consigli prima di procedere.

Crawford avrebbe potuto toglierle il caso e affidarlo a qualcun altro. Era un rischio che doveva correre.

Cercò di chiamarlo da una cabina telefonica, ma seppe che era andato a mendicare fondi per il Dipartimento della Giustizia davanti alla Sottocommissione della Camera per gli Stanziamenti.

Avrebbe potuto chiedere i dettagli sul caso alla divisione omicidi della polizia di Baltimora: ma l'omicidio non è un reato federale, e sapeva senza il minimo dubbio che si sarebbero rifiutati di collaborare.

Tornò a Quantico, a Scienza del Comportamento, con le modeste tende a quadretti marrone e i fascicoli grigi pieni di incubi. Ci rimase fino a sera inoltrata, dopo che fu uscita anche l'ultima segretaria, a esaminare i microfilm sul caso Lecter. Il vecchio visore bizzoso splendeva come un fuoco fatuo nella stanza buia, e le parole e i negativi delle foto le scorrevano davanti al volto contratto.

Raspail, Benjamin René, maschio bianco di 46 anni, era primo flautista dell'Orchestra Filarmonica di Baltimora. Era un paziente dello psichiatra dottor Hannibal Lecter.

Il 22 marzo 1975 non si era presentato per un concerto a Baltimora. Il 25 marzo il suo cadavere fu scoperto seduto in un banco di una chiesetta di campagna presso Falls Church, in Virginia. Aveva addosso soltanto il cra-vattino bianco e la marsina. L'autopsia aveva rivelato che il cuore di Raspail era stato trapassato, e che erano stati asportati il timo e il pancreas.

Clarice Starling, che fin dall'infanzia aveva sempre saputo sulla lavorazione della carne molto più di quanto desiderasse sapere, riconobbe che gli organi mancanti erano quelli chiamati genericamente "animelle".

Alla squadra omicidi di Baltimora erano convinti che quegli organi avessero figurato sul menù di una cena che Lecter aveva offerto al presidente e al direttore della Filarmonica la sera dopo la sparizione di Raspail.

Il dottor Hannibal Lecter sosteneva di non saperne nulla. Il presidente e il direttore della Filarmonica testimoniarono di non ricordare cos'era stato servito alla cena di Lecter, sebbene questi fosse noto per l'eccellenza della sua tavola e collaborasse con numerosi articoli a varie riviste di gastronomia.

In seguito il presidente della Filarmonica fu curato per anoressia e problemi di alcolismo in un ospedale generico per malattie nervose, a Basilea.

Secondo la polizia di Baltimora, Raspail era la nona vittima conosciuta di Lecter.

Raspail era morto senza lasciare testamento, e le cause legali intentate dai vari parenti per l'eredità erano state seguite dai giornali per diversi mesi, fino a quando l'interesse del pubblico era declinato.

Inoltre, i parenti di Raspail si erano associati alle famiglie delle altre vittime che erano state pazienti di Lecter, in un'azione per ottenere che le cartelle cliniche e le registrazioni dello psichiatra pazzo venissero distrutte. Era impossibile sapere quali segreti imbarazzanti poteva aver rivelato il caro estinto, pensavano; e le cartelle cliniche costituivano una documentazione.

Il tribunale aveva nominato esecutore testamentario di Raspail il suo avvocato, Everett Yow.

Clarice Starling avrebbe dovuto rivolgersi all'avvocato per arrivare alla macchina. Era possibile che Yow tendesse a proteggere la memoria di Ra-spail e, se fosse stato avvertito con un po' d'anticipo, fosse capace di distruggere le prove per coprire il cliente defunto.