Le falene libere nell'aria lasciavano scie verdi e fluorescenti davanti ai suoi occhi, e lievissimi soffi d'aria sul suo volto quando le loro ali piumose
sbattevano nell'oscurità.
Gumb controllò la Python. Era stata caricata con proiettili di piombo .38 Special. Sarebbero penetrati nel cranio e, espandendosi, avrebbero ucciso immediatamente. Se l'essere fosse stato in piedi quando lui avesse sparato, e se avesse mirato dall'alto alla sommità del cranio, era meno probabile che il proiettile uscisse dalla mascella e lacerasse il petto, come sarebbe invece avvenuto con una Magnum.
Si mosse piano, senza far rumore, con le ginocchia piegate e le dita dalle unghie laccate che stringevano le vecchie assi. Si mosse senza far rumore sul pavimento di sabbia della camera dov'era la segreta. Senza far rumore ma non troppo lentamente. Non voleva che il suo odore avesse il tempo di arrivare alla cagnolina, sul fondo del pozzo.
La parte superiore della segreta era illuminata di verde, le pietre e la calce apparivano nitide, la grana del legno del coperchio era ben distinta alla sua vista. Strinse la torcia e si sporse. Erano là sotto. L'essere giaceva sul fianco come un gambero gigantesco. Forse dormiva. Precious era raggomitolata lì accanto, e senza dubbio era addormentata... non poteva, oh no, non poteva essere morta.
La testa era scoperta. Mirare al collo... era una tentazione. Così avrebbe salvato i capelli. Ma era troppo rischioso.
Jame Gumb si sporse sopra l'apertura, scrutando con gli occhi peduncolati dei suoi occhialoni. La Python gli dava una sensazione piacevole, con quella canna pesante, meravigliosamente adatta a puntare verso il basso. Poteva tenerla nel raggio della lampada a infrarossi. Puntò il mirino sul lato della testa, dove i capelli erano umidi contro la tempia.
Forse fu il rumore o l'odore, non poteva saperlo... ma Precious si alzò e guaì, spiccando un balzo nell'oscurità, e Catherine Baker Martin si piegò sulla cagnolina e si tirò addosso il telo. Erano soltanto masse che si muovevano sotto il telo e Gumb non sapeva quale fosse la cagnetta e quale Catherine. Guardava verso il basso, all'infrarosso, e la sua percezione della profondità era menomata. Non riusciva a capire quale delle masse fosse Catherine.
Però aveva visto Precious spiccare un balzo. Sapeva che aveva la zampa illesa... e di colpo comprese qualcosa di più. Catherine Baker Martin non avrebbe fatto male alla barboncina, come non gliene avrebbe fatto lui. Oh, che immenso sollievo. Grazie al sentimento che avevano in comune avrebbe potuto spararle alle stramaledette gambe, e quando si fosse piegata per stringerle le avrebbe fatto esplodere quella testa fottuta. Non era necessario essere prudente.
Accese le luci, tutte le luci della cantina, e andò a prendere il riflettore dal magazzino. Era perfettamente padrone di sé, ragionava con assoluta lucidità... mentre attraversava il laboratorio ricordò di far scorrere un po' d'acqua nei lavelli, in modo che niente intasasse gli scarichi.
Mentre passava di corsa accanto alla scala reggendo il riflettore, finalmente pronto ad agire, sentì suonare il campanello.
Il campanello strideva e gracchiava e Gumb dovette soffermarsi per pensare che cosa fosse. Non lo sentiva da anni, non aveva mai neppure saputo se funzionava o no. La suoneria era installata sulla scala in modo che fosse possibile sentire il campanello al pianterreno e al primo piano; e adesso squillava, come una tetta di metallo nero coperta di polvere. Mentre la guardava suonò di nuovo e continuò a suonare. La polvere si sollevava dalla suoneria. C'era qualcuno alla porta principale e premeva il vecchio pulsante con la scritta SOVRINTENDENTE.
Se ne sarebbero andati.
Gumb preparò il riflettore.
No, non se ne andavano.
L'essere nel pozzo disse qualcosa, ma lui non gli prestò attenzione. Il campanello continuava con quel suono stridente. Stavano premendo il pulsante senza staccarsi.
Era meglio salire per guardare dalla finestra. La Python a canna lunga non sarebbe entrata nella tasca della vestaglia. La posò sul banco del laboratorio.
Era arrivato a metà della scala quando il campanello smise di suonare. Attese per qualche attimo. Silenzio. Decise di andare a guardare comunque. Mentre attraversava la cucina, un colpo battuto energicamente alla porta posteriore lo fece trasalire. Nella dispensa, vicino a quella porta c'era un fucile a pompa. Gumb sapeva che era carico.
L'uscio della scala della cantina era chiuso, e quindi nessuno poteva sentire l'essere che gridava là sotto, anche se urlava con tutte le sue forze... ne era sicuro.
Bussarono di nuovo. Gumb socchiuse appena la porta, senza togliere la catena.
«Ho provato a suonare alla porta principale ma non mi ha aperto nessuno» disse Clarice Starling. «Sto cercando la famiglia della signora Lippman. Lei può aiutarmi?»
«Non abitano più qui» disse Jame Gumb, e chiuse la porta. Si avviò verso la scala della cantina quando i colpi alla porta ricominciarono. Stavolta erano ancora più energici.
Aprì di nuovo la porta, e non tolse la catena.
La giovane donna avvicinò un tesserino allo spiraglio. C'era scritto Fe-deral Bureau of Investigation. «Mi scusi, ma ho bisogno di parlarle. Devo trovare la famiglia della signora Lippman. So che abitava qui. Vorrei che mi aiutasse, per favore.»
«La signora Lippman è morta da anni. E non aveva parenti, a quanto ne so.»
«Allora un avvocato, un amministratore? Qualcuno che avesse i documenti della sua attività. Lei ha conosciuto la signora Lippman?»
«Molto superficialmente. Perché?»
«Sto indagando sulla morte di Fredrica Bimmel. Lei chi è, scusi?»
«Jack Gordon.»
«Ha conosciuto Fredrica Bimmel quando lavorava per la signora Lip-pman?»
«No. Era alta e grassa? Forse l'ho vista, ma non ne sono sicuro. Non volevo essere scortese... dormivo... La signora Lippman aveva un avvocato, devo avere il suo biglietto da visita da qualche parte, vedrò di trovarlo. Le dispiace entrare? Ho un freddo tremendo, e il mio gatto scapperà fuori fra un secondo. Filerà come una fucilata prima che riesca a bloccarlo.»
Gumb andò alla scrivania con avvolgibile nell'angolo più lontano della cucina, l'aprì e guardò in un paio di ripiani. Clarice Starling varcò la soglia e prese il taccuino dalla borsa.
«Quella storia orribile» disse Gumb mentre frugava nella scrivania. «Rabbrividisco ogni volta che ci penso. Stanno per arrestare qualcuno, secondo lei?»
«Non ancora, ma stiamo lavorando. Signor Gordon, lei è venuto ad abitare qui subito dopo la morte della signora Lippman?»
«Sì.» Gumb si chinò sulla scrivania, voltando le spalle a Clarice. Aprì un cassetto, vi frugò.
«È rimasto qui qualche documento? Qualche documento della sua attività?»
«No, niente. All'FBI hanno qualche idea? La polizia di qui fa una grande confusione. Hanno una descrizione, o magari le impronte digitali?»
Dalle pieghe della vestaglia di Gumb, sul dorso, uscì una falena testa-di-morto. Si fermò al centro della schiena, più o meno nel punto corrispondente al cuore, e si assestò le ali.
Clarice lasciò ricadere il taccuino nella borsetta.
Jame Gumb. Grazie a Dio ho l'impermeabile aperto. Devo uscire di qui e trovare un telefono. No. Lui sa che sono dell'FBI, se lo perdo di vista un attimo la ucciderà. Le sparerà alle reni. Lo troveranno e gli piomberanno addosso. Il suo telefono. Non lo vedo. Non è in questa stanza, devo chiedere il telefono. Devo stabilire la comunicazione e poi agire. Costringerlo a stendersi con la faccia a terra e aspettare la polizia. Ecco quello che devo fare. Lui si sta voltando.
«Ecco il numero» disse Gumb. Aveva in mano un biglietto da visita.
Devo prenderlo? No.
«Bene, la ringrazio. Signor Gordon, potrei fare una telefonata?»