Falcón esaminò mentalmente quelle parole e non vi trovò nessuna ambiguità.
«Torniamo alle minuzie», disse. «Quando ha parlato con i Vega l’ultima volta?»
«Ho parlato con Lucía verso le undici di sera, per dirle che Mario si era addormentato e che lo avrei messo a letto. Abbiamo scambiato qualche parola, cose di mamme, niente altro.»
«È stata al telefono più a lungo del solito?»
Consuelo batté ripetutamente le palpebre mentre gli occhi le si riempivano di lacrime, le labbra strette intorno alla sigaretta. Soffiò via il fumo, deglutì con sforzo.
«È stato come al solito», rispose.
«Non le ha chiesto di parlare con il bambino o…»
Consuelo si piegò in avanti, affondò i gomiti nelle cosce e pianse. Falcón si alzò e le si avvicinò per porgerle un fazzoletto, dandole qualche colpetto tra le scapole.
«Mi dispiace», le disse. «I piccoli particolari portano a cose più grandi.»
Le tolse di mano la sigaretta e la spense nel posacenere. Consuelo si ricompose e Falcón tornò alla sua poltrona.
«Dopo la morte di Raúl mi emoziono sempre quando si tratta di bambini. Di tutti i bambini.»
«Deve essere stato difficile per i suoi figli.»
«Sì, ma hanno dimostrato una grande capacità di ripresa. Credo di aver sofferto io al posto loro, in un certo senso. È sorprendente scoprire quali vie possa prendere il dolore», disse Consuelo. «Ma ora mi ritrovo a mandare soldi a bambini africani resi orfani dall’AIDS, a quelli sfruttati in India e in Estremo Oriente, ai bambini che vivono in strada a Città del Messico e a San Paolo, ai bambini soldato che vengono riabilitati… non riesco a farne a meno e non ho idea del perché mi sia successo all’improvviso.»
«Raúl non aveva lasciato del denaro alla fondazione benefica Los Niños de la Calle?»
«Credo che lo abbia fatto per motivi più profondi.»
«Il senso di colpa per… Arturo? Il figlio che gli era stato rapito e che non ha più ritrovato?»
«Non mi faccia piangere di nuovo», protestò Consuelo. «Ci penso continuamente.»
«Okay. Parliamo d’altro. Lucía ha una sorella a Madrid, non è vero? Forse si potrà occupare di Mario.»
«Sì, ha due bambini, uno dell’età di Mario. Mario mi mancherà», disse Consuelo. «Perdere il papà è terribile, ma perdere anche la mamma è una catastrofe, specialmente a quell’età.»
«Ci si adatta», affermò Falcón, avvertendo la ferita della sua stessa esperienza. «L’istinto di sopravvivenza non viene compromesso, si accetta l’affetto da qualsiasi parte arrivi.»
Si fissarono negli occhi per qualche istante, i pensieri in orbita intorno all’idea della morte dei genitori, finché Consuelo si alzò per andare in bagno. Mentre l’acqua scorreva dal rubinetto, Falcón si allungò sulla poltrona, già esausto. Doveva assolutamente trovare la forza interiore necessaria al suo lavoro o cercare qualche nuovo modo per tenere a distanza i mondi ai quali si affacciava.
«Allora, che cosa crede che sia accaduto ieri notte in quella casa?» gli domandò Consuelo, dopo essersi sistemata il trucco.
«Sembra che Rafael Vega abbia soffocato la moglie e poi si sia ucciso bevendo una bottiglia di liquido sturalavandini», le rispose Falcón. «La causa della morte deve ancora essere stabilita. Se il copione è questo, sotto le unghie di Vega dovremmo trovare tracce del tessuto del cuscino… o qualcosa di simile, che ci darebbe…»
«E se non lo si trova?»
«Allora dovremo cercare più a fondo. Siamo già… perplessi.»
«Per via della macchina nuova e del fatto che stesse per andare in vacanza?»
«Raramente i suicidi pubblicizzano le loro intenzioni. In genere si comportano normalmente. Pensi a quante volte abbiamo sentito dire ai parenti: ‘Sembrava così calmo e normale!’ Dipende dal fatto che aver preso la decisione dà loro finalmente un po’ di pace. No, a renderci perplessi sono la scena del cosiddetto suicidio e lo strano biglietto.»
«Ha lasciato una lettera?»
«Non esattamente. Nel pugno aveva un foglietto di carta con su scritto in inglese: ‘… nell’aria sottile che respirerete dall’11 settembre fino alla fine…’ Le dice qualcosa?»
«Be’, non spiega nulla, no? Perché l’11 settembre?»
«Uno della scientifica ha suggerito che stesse finanziando Al-Qaeda», disse Falcón. «Scherzava.»
«Però… non ci hanno indotto a credere che oggi tutto è possibile?»
«Vega le era parso in qualche modo instabile?»
«Rafael sembrava assolutamente stabile», affermò Consuelo. «Era Lucía a essere instabile. Soffriva di depressione, con qualche manifestazione ossessivo-compulsiva. Ha visto il guardaroba?»
«Un sacco di scarpe.»
«Molte della stessa forma e colore, come i vestiti, d’altronde. Se le piaceva un paio di scarpe, ne comprava tre uguali. Si stava curando.»
«Perciò, se Vega fosse stato in crisi, data la sua natura non si sarebbe mai rivolto a qualcuno al di fuori della famiglia, ma non avrebbe potuto confidarsi con la moglie.»
«Il lavoro nei ristoranti mi ha insegnato a non giudicare la vita delle persone dall’esterno. Le coppie, perfino le più stravaganti, hanno i loro modi per comunicare, forse non tutti gradevoli, ma che funzionano.»
«Che mi dice della situazione tra i Vega? Se ne sarà resa conto, frequentandoli.»
«Sì, ma la presenza di una terza persona modifica sempre i comportamenti, si comincia a recitare.»
«È un’osservazione generica o fondata su osservazioni specifiche?»
«Su osservazioni specifiche, ma la si può applicare in generale», rispose Consuelo. «E questa è la seconda volta che insinua che possa avere avuto una storia con Vega.»
«Davvero? Be’, non intendevo farlo. Stavo solo pensando che in quelle circostanze un’amante avrebbe potuto rappresentare una soluzione possibile e questo avrebbe modificato il paesaggio mentale e coniugale.»
«Non per Rafael», disse Consuelo, scotendo la testa. «Non era quel tipo d’uomo.»
«Chi sarebbe quel tipo d’uomo?»
Consuelo batté una sigaretta sul pacchetto, l’accese e soffiò il fumo verso il vetro.
«Il suo Inspector Ramírez, per esempio. A proposito, dov’è?»
«Ha accompagnato la figlia in ospedale per qualche accertamento.»
«Niente di serio, spero.»
«Non lo sanno. Ma ha ragione su Ramírez, è sempre stato un casanova… il tipo che si pettina per le segretarie dell’Edificio de los Juzgados.»
«Forse aveva occhio per le situazioni di fragilità, per via del mestiere che faceva. Un tipo che si poteva definire anche così.»
«Rafael Vega? Il Macellaio?»
«Giusto. Un passatempo che non si accorda molto con l’amore. ‘Vuoi vedere i miei ultimi tagli di carne?’»
«Che cosa ne pensava di questa sua passione?»
«Ne approfittavo. La sua carne era sempre la migliore. Quasi tutte le bistecche sul menu dei miei ristoranti le tagliava lui.»
«E psicologicamente…?»
«Una passione di famiglia, non credo che ci sia sotto niente di più. Se suo padre fosse stato un falegname…»
«Certo, avrebbe fabbricato mobili nel tempo libero. Però, macellare la carne…?»
«A Lucía dava i brividi. D’altronde era schizzinosa.»
«Ipersensibile?»
«Era piena di fisime, nervosa, depressa, non riusciva a dormire. Prendeva due pillole ogni notte, una per addormentarsi e l’altra quando si svegliava alle tre o alle quattro del mattino.»
«Vetri a prova di proiettile», osservò Falcón.
«Aveva bisogno di silenzio totale per dormire, la casa era sigillata ermeticamente, una volta dentro dal mondo esterno non arrivava più nulla. Non c’è da meravigliarsi che fosse un po’ matta. Qualche volta, quando mi apriva la porta, mi aspettavo di sentire lo spostamento d’aria, come se la pressione all’interno fosse diversa.»