Falcón tornò alla casa, la camicia appiccicata alla schiena sudata. Chiamò Pérez sul cellulare.
«Dov’è adesso?» gli domandò.
«All’ospedale, Inspector Jefe.»
«L’ho lasciata che perquisiva il garage e l’esterno della casa.»
«L’ho fatto.»
«E tutta quella carta bruciata nel barbecue?»
«Era stata bruciata, ne ho preso nota.»
«Si è fatto male?»
«No.»
«Allora che cosa sta facendo all’ospedale?»
«La signora Jiménez ha fatto venire la cameriera, dice che aveva dei problemi con il bambino, Mario. Ha pensato che vedere una faccia familiare gli avrebbe fatto bene e anche vedere i nonni.»
«Ha parlato di questo con il Juez Calderón?»
«Sì.»
«Non me ne ha fatto cenno.»
«Aveva altre cose in mente.»
«Per esempio?»
«A me non lo avrebbe detto, no?» rispose Pérez. «Si capiva che pensava ad altro, tutto qui.»
«Mi dica soltanto perché è in ospedale», disse Falcón, che non riusciva ad abituarsi al suo modo irritante di lavorare e di fare rapporto.
«Sono arrivato all’appartamento dei signori Cabello, i genitori della signora Vega. Hanno tutti e due più di settant’anni. Mi fanno entrare, io spiego che cosa è successo e la signora Cabello crolla, io penso che sia per il colpo della notizia, ma il signor Cabello mi dice che la moglie è malata di cuore. Io chiamo un’ambulanza e le presto le prime cure. Aveva smesso di respirare e ho dovuto farle un massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca, Inspector Jefe. L’ambulanza arriva e per fortuna c’è un defibrillatore a bordo. Ora è nel reparto di rianimazione e io sono qui seduto con il signor Cabello. Ho telefonato all’altra figlia e sta arrivando da Madrid con il treno ad alta velocità.»
«Ha chiamato la signora Jiménez?»
«Non ho il suo numero.»
«Il Juez Calderón?»
«Ha il cellulare spento.»
«Me?»
«Stiamo parlando, Inspector Jefe.»
«D’accordo, buon lavoro», tagliò corto Falcón.
Di nuovo nel fresco della casa Falcón ebbe l’impressione che le sue viscere fossero in fiamme. Tutti si aggiravano nell’ingresso impazienti, i due cadaveri chiusi nei sacchi e deposti sulle barelle.
«Che cosa state aspettando?»
«Abbiamo bisogno che il Juez Calderón firmi il levantamiento del cadáver», spiegò il Médico Forense, «ma non riusciamo a trovarlo.»
Mentre si recava dai Krugman, Falcón telefonò alla signora Jiménez per dirle dei genitori della signora Vega e dell’arrivo imminente della sorella di Lucía da Madrid. Mario era crollato per lo sfinimento e dormiva, gli disse Consuelo, che lo invitò a bere qualcosa di fresco.
«Ho ancora da fare.»
«Sarò qui tutto il giorno, non vado al lavoro», disse lei.
Marty Krugman venne ad aprire, stirandosi come se avesse sonnecchiato sul divano fino a quel momento, e Falcón gli domandò del giudice. Krugman gli indicò le scale e si trascinò di nuovo sul divano, a piedi nudi, i jeans bassi in vita. Falcón seguì il suono delle voci che parlavano inglese. Calderón se la cavava bene; aveva l’entusiasmo di un cucciolo che fa le feste al padrone.
«Sì, sì», stava dicendo, «capisco perfettamente, il senso di sradicamento è evidentissimo.»
Falcón sospirò. Una conversazione sull’arte. Bussò alla porta e Maddy la spalancò, un sorriso ironico sulla faccia. Gli occhi di Calderón alle sue spalle erano sgranati, le pupille dilatate: per un attimo Falcón si sentì spiazzato.
«Inspector Jefe!» disse Maddy, «Il Juez Calderón e io stavamo facendo un discorso molto interessante, non è vero, giudice?»
Falcón si scusò per l’interruzione, ma il giudice era atteso per firmare il levantamiento del secondo cadavere. Calderón si riprese, un pezzo alla volta, come se stesse raccogliendo i suoi indumenti nella camera da letto di una donna sconosciuta.
«Aveva il cellulare spento», fece notare Falcón.
Maddy inarcò un sopracciglio, Calderón si guardò intorno per accertarsi di non aver lasciato nulla di compromettente, poi si accomiatò dalla signora Krugman con un saluto prolungato che terminò con un baciamano, prima di avviarsi giù per le scale con il passo svelto di uno scolaro che abbia un bel voto nella cartella. Si fermò a metà rampa.
«Lei non viene, Inspector Jefe?»
«Ho una domanda da fare alla signora Krugman.»
Calderón fece capire chiaramente che avrebbe aspettato.
«Deve andare, Juez, il lavoro l’aspetta», lo congedò Maddy con un piccolo gesto della mano.
La faccia di Calderón fu stravolta da una ridda di emozioni, speranza, gioia, delusione, struggimento, gelosia, collera e rassegnazione. Incespicò giù per le scale incapace di coordinare i movimenti.
«La sua domanda, Inspector Jefe?» disse Maddy, lo sguardo dritto come la linea dell’orizzonte sul mare.
Falcón le chiese di vedere un’altra volta le fotografie del signor Vega in giardino e Madeleine entrò nella camera oscura e sistemò le stampe sul tavolo. Falcón indicò l’angolo superiore delle foto.
«Fumo», disse.
«Stava bruciando qualcosa», spiegò Maddy. «Bruciava spesso delle carte.»
«Quanto spesso?»
«Dall’inizio di quest’anno… molto spesso.»
«E tutte le sue fotografie sono…»
«Sì, di quest’anno. Anche se non è sceso regolarmente giù al ponte fino a marzo.»
«Lei sapeva che qualcosa lo turbava», le fece notare Falcón, provando una certa irritazione nei suoi confronti.
«Glielo ho detto, non erano affari miei. E mi sembra che lei non sappia ancora se sia stato un suicidio o un omicidio.»
Falcón si voltò e si diresse alla porta, senza replicare.
«Un uomo molto sensibile e intelligente, il giudice», osservò la donna.
«È una persona buona», disse Falcón. «E un uomo appagato anche.»
«Sono una rarità dopo i trent’anni», affermò Maddy.
«Perché dice così?»
«Giù al fiume vedo più uomini che donne.»
«Le donne hanno il dono di saper rimanere in contatto con gli altri», disse Falcón, «per loro è più facile parlare.»
«Non c’è nessun segreto, noi non facciamo altro che accettare le cose. Gli uomini, come Marty, per esempio, cercano sempre di dare una risposta a domande alle quali è impossibile rispondere. Complicano i problemi a furia di ragionarci su.»
Falcón annuì e cominciò a scendere le scale. Maddy rimase ferma sul ballatoio, le braccia conserte, la schiena appoggiata alla parete.
«E perché il Juez Calderón sarebbe così appagato?»
«Si sposa quest’anno», rispose Falcón senza voltarsi.
«La conosce? È simpatica?»
«Sì», rispose Falcón sulla porta.
«Su col morale», gli disse lei in inglese. «Hasta luego, Inspector Jefe.»
6
Mercoledì 24 luglio 2002
Falcón comprese l’allusione perfettamente e tornò alla casa dei Vega furioso, una furia che si placò soltanto alla vista della domestica che si stava dirigendo verso l’Avenida de Kansas City. La raggiunse e le domandò se avesse comprato di recente un liquido sturalavandini. No, mai. Le chiese quando avesse lavato il pavimento della cucina l’ultima volta. La signora Vega era ossessionata dall’idea che il bambino potesse prendersi qualche germe da un pavimento sporco e pretendeva che fosse lavato tre volte al giorno: la sera precedente Mario era già dalla signora Jiménez quando lei aveva lavato per la terza volta quello della cucina, la sera.
L’ambulanza con i due cadaveri stava partendo mentre Falcón entrava di nuovo nella casa dei Vega. La porta d’ingresso era aperta, Calderón stava fumando nell’ingresso. Felipe e Jorge gli fecero un cenno di saluto, uscendo con le loro attrezzature e i sacchetti delle prove. Falcón richiuse la porta alle loro spalle per non fare entrare il caldo.