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Falcón si strofinò la nuca, dubbioso davanti all’uscita melodrammatica di Ortega.

«Di chi stiamo parlando?»

«Di quel… di quel cabrón… del Juez Calderón. Fa perfino rima.»

«Ah, sì, il caso di suo figlio. Io non…»

«È stato lui il cabrón che ha voluto far rinchiudere Sebastián per tanto tempo, il cabrón che si è battuto perché avesse il massimo della pena. Quell’uomo è solo la lettera della legge e nient’altro, è solo spada e niente bilancia e, a mio umile parere, perché la giustizia sia giustizia ci vogliono tutte e due le cose.»

«Ho saputo del caso di suo figlio solo stamattina.»

«Era su tutti i giornali», si stupì Ortega. «Il figlio di Pablo Ortega arrestato. Accusato il figlio di Pablo Ortega. Il figlio di Pablo Ortega e bla bla bla. Sempre ‘il figlio di Pablo Ortega’… mai Sebastián Ortega.»

«In quel periodo avevo molti pensieri, non riuscivo a occuparmi dei fatti del giorno», spiegò Falcón.

«Il mostro mediatico si è saziato abbondantemente», borbottò Ortega, prendendosela con il suo sigaro acceso.

«Non vede mai suo figlio?»

«Non vuole vedere nessuno. Si è tagliato fuori dal resto del mondo.»

«E sua madre?»

«Sua madre lo ha abbandonato… ci ha abbandonati quando lui aveva solo otto anni. È scappata in America insieme a un idiota col cazzo grosso… e poi è morta.»

«Quando è stato?»

«Quattro anni fa. Di tumore al seno. Sebastián ne ha sofferto molto.»

«Allora la vedeva?»

«Passava tutte le estati con lei da quando aveva compiuto sedici anni», rispose Ortega, pugnalando l’aria con il sigaro. «Nulla di tutto questo è stato preso in considerazione da quel cabrón…»

Perse l’abbrivio, cambiò posizione sulla poltrona, sulla faccia una smorfia di disgusto.

«Il crimine era molto grave», disse Falcón.

«Me ne rendo conto», ribatté Ortega alzando la voce. «È solo che la corte non ha accolto nemmeno una circostanza attenuante. Lo stato mentale di Sebastián, per esempio. Era evidente che si trattava di un giovane mentalmente disturbato: come si spiega altrimenti il comportamento di uno che rapisce un bambino, lo violenta, lo lascia andare e poi si costituisce? Quando è arrivato il momento di difendersi in tribunale non ha aperto bocca, si è rifiutato di controbattere le dichiarazioni del bambino… ha accettato tutto. Per me non ha senso. Non sono un esperto, ma perfino io capisco che ha bisogno di essere curato, non di essere chiuso in una prigione piena di violenza, in isolamento.»

«Ha fatto ricorso?»

«Ci vuole tempo. E soldi, naturalmente. Non è stato facile. Ho dovuto lasciare la mia casa…»

«Perché?»

«La vita era diventata impossibile. Nei bar e nei negozi si rifiutavano di servirmi, la gente attraversava la strada per evitarmi, sono stato messo al bando per le colpe di mio figlio. Non era possibile resistere, sono stato costretto ad andarmene. E ora sono qui… solo, con l’unica compagnia della merda e del fetore altrui.»

«Conosceva il signor Vega?» domandò Falcón, approfittando dell’occasione.

«Sì. È venuto a presentarsi una settimana dopo il mio trasloco. L’ho anche ammirato per questo, sapeva perché ero venuto qui, in strada giravano i fotografi, ma lui non si è fatto né in qua né in là, mi ha dato il benvenuto e mi ha offerto i servizi del suo giardiniere. Ogni tanto lo invitavo a bere qualcosa e quando è cominciato il problema del pozzo nero mi ha dato il suo parere, ha mandato un suo geometra e mi ha fatto un preventivo gratuito.»

«Di che cosa parlavate quando veniva a bere un bicchiere?»

«Mai niente di personale, il che era un sollievo per me. Avevo pensato che potesse… sa com’è quando la gente si presenta a casa tua e vuole dimostrarti amicizia. Avevo pensato che potesse avere un interesse morboso per le sciagure di mio figlio o che volesse avvicinarsi a me in qualche modo… C’è un sacco di gente che prova il desiderio di rendere più interessante la sua posizione nella società. Ma Rafael, nonostante i modi cortesi, era molto chiuso… su un piano personale faceva entrare tutto, ma non faceva uscire niente. Se si voleva parlare di politica, be’, allora le cose erano del tutto diverse. Abbiamo parlato dell’America dopo l’11 settembre, per esempio. È stato interessante, perché lui era molto di destra. Tanto per farle capire, pensava che José Maria Aznar fosse un po’ troppo comunista per i suoi gusti. Ma quando sono crollate le Torri gemelle, sosteneva che gli americani se l’erano voluta.»

«Ce l’aveva con gli americani?» domandò Falcón.

«No, no, no que no. Gli piacevano, era in rapporti molto cordiali con la coppia della porta accanto. Marty lavora per lui e sono sicuro che a Rafael non sarebbe dispiaciuto scoparsi sua moglie.»

«Sul serio?»

«No, stavo scherzando. O forse parlavo in generale, a tutti quanti piacerebbe farsi Maddy Krugman. L’ha mai vista?»

Falcón annuì.

«Che ne pensa?»

«Perché credeva che gli americani se la fossero voluta?»

«Diceva che si immischiano continuamente nelle faccende politiche degli altri Paesi e che le cose si ritorcono contro di noi, quando si agisce così.»

«Niente di specifico, allora, solo chiacchiere da caffè?»

«Sorprendente, però, visto che gli americani gli piacevano e che aveva deciso di andare in vacanza in America quest’estate», ribatté Ortega, stringendo tra le labbra il mozzicone di sigaro. «Un’altra cosa che diceva degli americani era che sono tuoi amici finché gli sei utile, e che appena smetti di fare soldi per loro o di aiutarli ti mollano senza tanti complimenti. La loro è una fedeltà condizionata, non una vera fedeltà. Credo che abbia usato proprio queste parole.»

«E lei che ne ha pensato?»

«Giudicando dalla veemenza del tono, mi era sembrato che parlasse per esperienza personale, probabilmente negli affari, ma non ho mai saputo quale fosse quell’esperienza.»

«Quanto spesso lo ha visto quest’anno?»

«Due o tre volte, per lo più per la questione del pozzo nero.»

«Dall’anno scorso le era sembrato cambiato in qualche modo?»

Silenzio mentre Ortega fumava a occhi socchiusi.

«Si è suicidato?» domandò alla fine.

«È quello che stiamo cercando di accertare», rispose Falcón. «Per ora abbiamo scoperto che c’era stato un cambiamento in lui verso la fine dell’anno scorso, era preoccupato, bruciava non si sa quali carte nel barbecue in fondo al giardino.»

«Io non ho notato niente, ma il nostro rapporto non era certo intimo, d’altronde. L’unica cosa di strano che ricordo è successa un giorno nel Corte Inglés di Nervión. Mi sono imbattuto in lui che stava raccogliendo un portafogli di pelle o qualcosa del genere e quando mi sono avvicinato per salutarlo, mi ha guardato spaventatissimo, come se fossi il fantasma di un parente morto da tempo. Ho girato i tacchi e non ci siamo parlati. Probabilmente è stata l’ultima volta che l’ho visto. Una settimana fa.»

«Non ha notato qualche visitatore regolare o insolito? Qualche visita notturna?»

«Senta, va bene che sono quasi sempre qui, specialmente ora che il lavoro scarseggia, ma non passo le giornate a spiare i vicini.»

«Come passa il tempo?»

«Be’, purtroppo ne passo molto dentro la mia testa, più di quanto dovrei o vorrei.»

«Che cosa ha fatto ieri sera?»

«Mi sono ubriacato da solo. Una brutta abitudine, lo so. Mi sono addormentato qui e alle cinque mi ha svegliato il gelo dell’aria condizionata.»

«Quando le ho chiesto degli eventuali visitatori dai Vega, non intendevo…»

«Senta, le uniche visite abituali erano quelle dei genitori di Lucía e di quella stronza della casa di fronte che ogni tanto tiene il bambino.»