Falcón sedette dietro con il signor Cabello, mentre Cristina Ferrera si immetteva nel traffico di mezzogiorno. Il vecchio teneva in grembo le sue mani da contadino, lo sguardo fisso sul complesso disegno della treccia che Cristina Ferrera portava fissata intorno al capo.
«Quando ha visto Lucía per l’ultima volta?» domandò Falcón.
«Siamo stati da lei domenica a pranzo.»
«C’era anche il signor Vega?»
«È venuto all’ora di andare a tavola. Era stato fuori a provare la macchina nuova.»
«Come stava sua figlia?»
«A quest’ora lei saprà già che non stava bene, non era più stata bene dalla nascita di Mario. Non era mai facile trovarla serena, ma non c’era niente di diverso dal solito quel giorno. Era come sempre.»
«Dovrò rivolgerle qualche domanda che potrebbe essere dolorosa per lei», disse Falcón. «Voi siete la sua famiglia e solo tramite voi possiamo cominciare a capire la situazione tra sua figlia e il signor Vega.»
«L’ha uccisa lui?» domandò il signor Cabello, girandosi verso Falcón per la prima volta.
«Non lo sappiamo. Speriamo che l’autopsia faccia luce sulla loro morte. Lei crede che possa averla uccisa?»
«Quell’uomo era capace di tutto», affermò Cabello, senza drammaticità, come un semplice dato di fatto.
Falcón attese in silenzio.
«Era un uomo duro, freddo», continuò il vecchio, «un uomo che non si lasciava avvicinare veramente da nessuno. Non parlava mai dei genitori morti e nemmeno di qualche altro membro della sua famiglia. Non amava mia figlia, nemmeno prima che cominciasse ad avere dei problemi, quando era una bella ragazza… quando… quando…»
Il signor Cabello chiuse gli occhi per cancellare i ricordi, i muscoli della mandibola in tensione per contenere il dolore.
«Vi eravate accorti di qualche differenza nel comportamento di vostro genero dall’inizio di quest’anno?»
«Solo che era più chiuso del solito. A tavola non apriva bocca.»
«Glielo aveva fatto notare?»
«Diceva che era per via del lavoro, che aveva troppi cantieri tutti in una volta. Non gli abbiamo creduto. Mia moglie era sicura che avesse un’altra donna da qualche parte e che le cose gli andassero male.»
«Perché lo pensava?»
«Per nessuna ragione in particolare: è una donna, vede cose che io non vedo. Sentiva che il male era nel cuore, non nella testa.»
«C’era qualcosa di specifico che vi ha indotto a credere che avesse un’amante?»
«Stava raramente a casa con Lucía, mia figlia andava a letto prima che lui tornasse da non si sa dove e qualche volta mio genero usciva prima che lei si svegliasse. C’era questo e c’era anche il suo modo di fare con Lucía.»
«I vicini dicono che Mario sembrava molto importante per lui.»
«Questo è vero. Voleva molto bene al bambino… e per Lucía era diventato difficile stare dietro a Mario dopo che quella puta di una malattia si è impossessata della sua mente», disse Cabello. «No, non dico che mio genero fosse proprio cattivo e certamente un estraneo non l’avrebbe mai detto. Capiva che era necessario sapersi rendere simpatico, era solo vivendogli vicino che si scopriva la sua vera natura.»
«Quando ha trascorso del tempo con lui?»
«In vacanza, al mare. Avrebbe dovuto essere sereno in vacanza, ma per molti versi era peggio. La compagnia prolungata degli altri lo innervosiva. Credo che l’idea di metter su famiglia non gli piacesse.»
«Che cosa era successo ai suoi genitori? Lo sa?»
«Diceva che erano morti in un incidente stradale quando lui aveva diciannove anni.»
«Lei ne sa più del suo avvocato.»
«Non avrebbe mai parlato con Carlos Vásquez di cose simili.»
«Però gli ha detto che suo padre faceva il macellaio», precisò Falcón. «E che lo puniva.»
«Lei avrà visto la stanza che ha in casa», disse Cabello, «ha voluto dare una spiegazione a Carlos Vásquez. A me non ha mai detto che cosa gli avesse fatto suo padre. Capisce, non è un uomo normale. È sempre diffidente, perché crede che gli altri siano come lui.»
«A Lucía non piaceva la macelleria?»
«Solo dopo la nascita di Mario, prima non le importava.»
«Vi aveva sorpreso che avesse voluto sposarlo?»
«Si trovava in un momento difficile.»
Erano fermi a un semaforo. Un ragazzo africano, a capo scoperto sotto il solleone, si muoveva tra le auto per vendere giornali. Pareva che il signor Cabello avesse bisogno del movimento per riuscire a parlare. Il semaforo diventò verde.
«Come le dicevo, Lucía era bella», riprese Cabello, imbarcandosi in una spiegazione che si era costruito dentro di sé nel corso degli anni. «Non le mancavano certo i pretendenti… e lei sposò il figlio di un uomo che aveva una grande tenuta nei dintorni di Córdoba. Andarono a vivere in una casa nella tenuta, erano molto felici, ma Lucía non rimaneva incinta. Fece degli esami: risultò che non aveva niente e che forse non dipendeva da lei. Il marito rifiutò di farsi vedere. Lucía aveva sempre pensato che avesse paura di scoprire che era lui ad avere dei problemi. Corsero parole grosse, dissero tutti e due cose che non potevano essere ritirate e il matrimonio finì male. Lucía tornò a vivere con noi. Aveva ventotto anni e si era persa i migliori partiti della sua generazione.
«Io possedevo ancora dei terreni agricoli fuori Siviglia, non molto grandi, ma qualcuno era in una posizione strategica per lo sviluppo urbanistico. Un sacco di imprenditori immobiliari venivano a bussare alla mia porta e uno dei più insistenti era uno sconosciuto, un cliente di Carlos Vásquez.
«Lucía allora lavorava al Banco de Bilbao. Ogni anno la banca aveva una caseta per la Feria de Abril. Lucía ballava benissimo, viveva per la Feria de Abril, durante la Feria usciva tutte le sere e stava fuori tutta la notte. Non vedeva l’ora che arrivasse quella settimana, perché poteva scordare i suoi problemi ed essere se stessa. Lo ha incontrato lì. Era un cliente importante della banca.»
«Aveva vent’anni più di lei», osservò Falcón.
«Mia figlia si era giocata quelli della sua generazione: i migliori erano già sposati e quelli ancora liberi non le interessavano. Poi un uomo importante si interessa a lei e anche i suoi superiori alla banca ne sono contenti. Cominciano a considerarla, le fanno avere una promozione. Lui è già ricco, ha trovato il suo posto nel mondo, dà sicurezza. Tutte queste cose sono molto attraenti per una donna che si è convinta di rimanere zitella, per così dire.»
«Che cosa avevate pensato voi?»
«Le chiedemmo se fosse sicura che un uomo di quell’età volesse ancora farsi una famiglia.»
«Non vi eravate chiesti come mai non fosse mai stato sposato?»
«Ma era stato sposato, Inspector Jefe.»
«Già, avevo dimenticato, il signor Vásquez aveva accennato a un certificato di morte che aveva dovuto essere richiesto.»
«Noi sappiamo soltanto che era di Città del Messico, forse era messicana, ma non lo sappiamo con certezza. Come al solito, Rafael ci diceva solo il minimo indispensabile.»
«Non vi preoccupava l’idea che quella sua reticenza potesse essere dovuta a un passato disonesto?»
«Be’, Inspector Jefe, lei ha messo il dito sulla piaga. Io ero disposto a non far caso alla sua reticenza. La mia situazione finanziaria non era quella di oggi, avevo la terra, ma non un lavoro, il capitale, ma non un reddito. Rafael Vega appianò le mie difficoltà, mi fece socio in un’impresa che mi fruttò molti soldi in cambio di parecchi lotti dei miei terreni. Costruimmo edifici residenziali, finanziati dal Banco de Bilbao, e li affittammo. Rafael mi rese ricco e mi assicurò un reddito. È per questo che un vecchio contadino come me vive in un attico a El Porvenir.»
«Che cosa ottenne in cambio il signor Vega, a parte la mano di sua figlia?»