«Dove mettono a lavorare gli uomini?»
«In fabbrica, nelle aziende che sfruttano la manodopera, nei cantieri edili, nei magazzini, sui camion… lavori umili. Se ne trovano perfino nelle serre nelle pianure verso Huelva. Anche ragazze.
«Quattro o cinque anni fa le prostitute bisognava cercarle per trovarle, oppure se ne vedeva qualcuna in certi quartieri, molto circoscritti. Ora si entra in un garage in mezzo al nulla e si trova una ragazza ‘al lavoro’.»
Montes si accese una sigaretta con il mozzicone di quella che aveva appena fumato.
«So di essere troppo vecchio per questo lavoro, non è più una sfida ormai, è qualcosa che ti schiaccia, davvero troppo per me. Diceva di avere un’altra domanda da farmi, Inspector Jefe», soggiunse Montes. «Si sbrighi, prima che sia sopraffatto dalla disperazione e mi butti dalla finestra.»
Falcón esitò, rendendosi conto perfettamente della stanchezza del collega, della fatica radicata in lui, della sua colossale frustrazione.
«Stavo scherzando, Inspector Jefe», lo rassicurò Montes. «Sono troppo vicino alla pensione. Mi dispiace per gli altri, che sono a metà carriera, il loro sarà un percorso lungo e difficile.»
«Volevo chiederle di Sebastián Ortega, ma posso rimandare a un’altra volta.»
«No, no… nessun problema, davvero, Inspector Jefe. Ho solo bisogno di andare in ferie», disse Montes. «Sebastián Ortega. Che vuole sapere di lui?»
«Pablo Ortega è vicino di casa di Rafael Vega, il Juez de Instrucción del caso è Esteban Calderón.»
«Ah-ah! Sì, be’, io non metterei quei due nella stessa stanza.»
«Che cosa era successo? Sembrerebbe un caso particolare.»
«Quale versione ha avuto?»
«Capisco… la cosa è complicata», convenne Falcón. «Ho sentito che aveva sequestrato il bambino, lo aveva seviziato per giorni, poi lo aveva liberato e aveva aspettato che la polizia lo arrestasse.»
«Questa è l’accusa che lo ha inchiodato in tribunale: sequestro e violenza sessuale; e per questo il Juez Calderón e l’accusa sono riusciti a farlo rinchiudere per dodici anni», disse Montes. «Io non ero sul caso e perciò non lo so di prima mano, ma so anche che è vero. Detto questo, l’unica deposizione video in archivio è quella ufficiale utilizzata al processo. In primo luogo, Sebastián Ortega non si è facilitato le cose. Non ha aperto bocca, non ha mai dato la sua versione dell’accaduto. E quando non c’è niente che li contraddice, tutti si sentono autorizzati a usare l’immaginazione.
«Domanda numero uno: perché lo ha rapito? Domanda numero due: perché aveva una stanza predisposta dove tenerlo prigioniero? Domanda numero tre: perché legare il bambino? E le risposte a tutte queste domande, nella mente degli investigatori e della pubblica accusa, erano che Sebastián Ortega aveva organizzato tutto quanto per poter molestare il bambino a suo piacimento. Senonché… non l’ha fatto.»
«Non ha fatto che cosa?»
«Non l’ha molestato… o meglio, non esistono prove che l’abbia fatto e anche il bambino ha detto che Sebastián Ortega non l’ha mai toccato in quel modo. Poi, io credo, il giudice ha scambiato qualche parola con gli investigatori, i quali hanno parlato con i genitori del bambino. E nella deposizione video successiva, la dichiarazione della vittima era diventata più convincente… o fantasiosa, a seconda di come la si pensa.»
«Allora quale sarebbe stato lo scopo del rapimento?»
«Si conoscevano, provenivano dallo stesso quartiere. Esito a definirli amici, per via della differenza di età, ma è più o meno quello che erano. Perciò Sebastián Ortega non aveva bisogno di rapirlo, lo ha semplicemente invitato a casa sua. Poi le cose si sono fatte un po’ strane, da quel che mi sembra di capire. Lo ha tenuto rinchiuso in quella stanza che aveva predisposto e lo ha legato. Ma nel primo interrogatorio, pur dicendo di aver avuto paura dello strano comportamento di Ortega, il bambino aveva dichiarato di non essere stato oggetto di molestie sessuali.»
«Non capisco», disse Falcón. «Allora che cosa ha fatto Sebastián?»
«Gli ha letto racconti per bambini, gli ha cantato delle canzoni… non era male come chitarrista, a quanto sembra. Gli ha preparato da mangiare, gli ha fatto bere tutta la Coca Cola che voleva.»
«Perché lo ha legato?»
«Perché il bambino aveva detto che doveva tornare a casa, se no suo padre si sarebbe arrabbiato.»
«E questo è durato qualche giorno?»
«Impazzivano tutti alla ricerca del bambino, i genitori avevano chiamato Sebastián, che però aveva detto che gli dispiaceva, ma non aveva visto… Manolo, così si chiamava, mi pare. Poi un giorno, si è arreso, così… ha liberato il bambino, si è seduto sul letto e ha aspettato la punizione.»
«E di questo non si è parlato in tribunale?»
«In parte, ma ovviamente la pubblica accusa non aveva la mia stessa visione delle cose, ha definito Sebastián aggressivo e violento.»
«Lei che ne pensa?»
«Io credo che Sebastián Ortega sia un giovane disturbato che probabilmente non dovrebbe stare in prigione. Ha agito male, ma non al punto di meritare dodici anni di reclusione.»
«E gli investigatori?»
«La storia vera era troppo strana. Con una buona dose di esperienza forse sarebbe stato possibile trattare il caso in modo da portare a galla tutta la verità, ma era estate, i due investigatori erano giovani e insicuri, il che li rendeva influenzabili. L’interesse dei mezzi di comunicazione dovuto alla notorietà di Pablo Ortega ha avuto la sua parte, gli investigatori non hanno voluto fare la figura degli stupidi e, come il Juez Calderón, erano eccitati all’idea di una condanna esemplare.»
«Che ne pensa del ruolo del Juez Calderón nel caso?»
«Non sono affari miei… ufficialmente», rispose Montes. «Ma personalmente credo che in lui abbia prevalso la vanità. Dopo il suo caso, Inspector Jefe, era diventato famoso, la stampa, la televisione si erano buttate su quella storia. Il giudice è giovane, prestante, di buona famiglia, con le relazioni giuste e… Sì, be’, tutto qui.»
«Che cosa stava per dire?»
«Mi sono ricordato solo ora della sua futura moglie… Mi dispiace.»
«E così la notizia si è già sparsa, eh?»
«Lo sapevamo anche prima che lo sapesse lui.»
«Crede che il Juez Calderón conoscesse veramente il caso?»
«Io non so che cosa pensasse in realtà. Tra lui e i miei uomini c’erano state molte chiacchierate informali. So che diceva di ritenere tutta quella storia il prodotto grottesco della fantasia di un pervertito manipolatore, che la corte non avrebbe creduto a una parola e sarebbe stato meglio anche per il bambino se avesse parlato in modo meno ambiguo di ciò che gli era accaduto. Gli investigatori lo riferirono ai genitori e il bambino finì per fare come gli era stato detto.»
«Lei dov’era in quel periodo?»
«In malattia. Operato di ernia.»
«Non sembra che giustizia sia stata fatta.»
«Per essere onesto, come le ho già detto, Sebastián Ortega non ha contestato nulla della deposizione in video del bambino mostrata in tribunale, non si è difeso affatto. Potrebbe esserci una possibilità di ricorrere in appello, ma per quanto ne so Sebastián Ortega non vuole. Ho come l’impressione che per qualche motivo Sebastián sia dove vuole essere.»
«Crede che dovrebbe avere un aiuto psicologico?»
«Sì, ma non vuole nemmeno quello. Non parla più con nessuno, mi dicono, si è chiuso in un isolamento volontario e ha ridotto le comunicazioni al minimo indispensabile.»
Falcón si alzò per accomiatarsi.
«Mi dica, riconosce nessuno in questa fotografia?» disse, posando la foto di Ortega sulla scrivania davanti a Montes.