«Fino a quando che cosa?» disse Marty.
«Fino a quando hai ricominciato a pensare, idiota! Fino a quando non sei scomparso di nuovo dentro la tua fottutissima testa! Io ero innamorata di Reza Sangari. Lui si sollazzava con altre donne, io ho smesso di vederlo e poi tu lo hai ucciso… oppure no, Marty? Forse anche questo è tutto nella tua testa, frutto della tua miserabile fantasia perversa. Io non ho mai voluto che tu lo ammazzassi e, se lo hai fatto, hai fatto tutto da solo. Una volta morto lui, io ho avuto bisogno di te e tu c’eri: questo, questo ci ha uniti! La stronzata che hai detto di Esteban, non so dove…»
«Manca qualcosa in questa storia», affermò Falcón all’improvviso. «C’è un grosso stacco tra lei sottoposto alle pressioni dell’FBI e la sua comparsa a Siviglia come vicino di casa di Rafael Vega.»
Tre facce si voltarono simultaneamente verso Marty Krugman, che si passò la rivoltella nell’altra mano, si asciugò il palmo sudato sui pantaloni e strinse di nuovo l’arma nella sinistra.
«Che cosa è successo veramente, Marty?» domandò Falcón. «Gli investigatori della squadra Omicidi non lasciano andare tanto facilmente una persona sospetta che ha avuto l’occasione, ha un forte movente e nessun alibi. Quelli dell’FBI non sono diversi dagli altri. Dopo anni di questo lavoro abbiamo tutti un certo fiuto nell’individuare gli assassini e li spremiamo finché non si spezzano. Perché non ci dice come mai l’hanno lasciata andare?»
Marty Krugman si strinse nelle spalle. Che diavolo.
«Incontrai uno in treno», disse.
Maddy si raddrizzò sul divano, aggrottando la fronte.
«In genere la gente non parla molto sui treni dei pendolari e nemmeno ti chiede come la pensi sul tuo Paese, ma quel tipo, non so per quale ragione, voleva sapere tutto delle famose teorie di Marty Krugman. Voleva sapere fino a che punto fossi un bravo americano. Voleva sapere quanto fossero profonde le mie paure, quanto fosse bestiale la mia avidità. Credo, ripensandoci, di aver fatto centro per quanto riguardava le paure. Volevo che gli Stati Uniti restassero la nazione più potente del mondo, gli dissi, perché, con loro al timone, sapevo dov’ero. Ci incontrammo di nuovo qualche giorno più tardi e facemmo una passeggiata in Bryant Park, dietro la biblioteca. Faceva un freddo tremendo. Là c’è un posticino dove si mangia bene, il Bryant Grill. E là quell’uomo mi rivelò che conosceva il mio problema e che avrebbe potuto risolverlo.»
«Come si chiamava quell’uomo?» domandò Falcón guardando Maddy.
«Foley Macnamara», rispose Marty, senza batter ciglio.
Maddy trasalì, accennò ad aprire la bocca.
«Diventammo clienti abituali del Bryant Grill. Foley mi spiegò quanto fosse importante il modo di presentarsi quando si deve mantenere il potere, come il fine giustifichi i mezzi e come i mezzi debbano necessariamente essere spregiudicati e messi in atto senza il minimo scrupolo per ricordare a quanti hanno manie di potere contro chi si sono messi. Disse che era quello in gran parte il lavoro dell’Agenzia: un lavoro di immagine, per conservare la fedeltà alla marca.»
«L’agenzia, Marty?», disse Maddy, incredula. «Quale agenzia?»
«Fu allora che gli domandai se fosse della CIA e lui mi rispose di no.»
«Oh, Marty… no!» esclamò Maddy. «Sei partito del tutto. L’Agenzia. Gesù Cristo.»
«Disse che era un consulente e che forniva informazioni a certi dipartimenti. Disse che lavorava solo nel settore degli affari e della politica, niente di militare.
«Gli piacevano le mie caratteristiche: non avevo mai lavorato per lo Stato, avevo alle spalle una carriera ben documentata come architetto, parlavo già spagnolo quasi perfettamente. Tutto ciò che volevano da me era che andassi a Siviglia, mi mettessi in contatto con un’agenzia immobiliare e loro mi avrebbero trovato una casa accanto a quella di Rafael Vega.»
«Tanto per cominciare, Marty, noi non avevamo intenzione di andare a Siviglia. Se ben ricordi avevamo preso una casetta in Provenza, volevamo restarci un anno per provare a vivere come in quel libro cretino… se ben ricordi.»
«Però siamo andati a Barcellona a trovare il mio vecchio amico Gaudi e siamo finiti a Siviglia, Maddy. Io dovevo soltanto mantenere costante il flusso di informazioni su Vega, sulla sua situazione, sulle sue idee e i suoi eventuali progetti. In cambio le indagini sull’omicidio di Reza Sangari avrebbero preso un’altra direzione, e noi saremmo stati liberi di lasciare gli Stati Uniti e ricominciare la nostra vita altrove, senza ammissione di colpa da parte mia.»
«Ma è folle!» Maddy si nascose il viso tra le mani. «Non puoi raccontare a queste persone idiozie del genere.»
«Sapeva chi fosse l’uomo che doveva spiare?» domandò Falcón.
«L’ho scoperto soltanto quando le cose hanno cominciato a cambiare nella vita di Rafael Vega. La loro teoria era che meno sapevo più sarei stato convincente.»
«Chi era il suo contatto qui a Siviglia?»
«Il suo nome in codice era ‘Romany’. Ci incontravamo giù al fiume, tra i due ponti.»
«Le ha mai rivelato la vera identità di Vega?»
«Non mi dirà che crede a questa roba, Inspector Jefe?» si stupì Maddy. «Perché, lasci che glielo dica… questa è la prova che abbiamo a che fare con uno squilibrato.»
«Ho scoperto tutto da solo», disse Marty, ignorandola. «Il che significa che per molti mesi non ho saputo nulla. Con Vega parlavamo di tutto, ma lui non diceva mai nulla di sé. Non ha lasciato trapelare assolutamente nulla fino alla fine dell’anno scorso, quando per la prima volta si è ubriacato in mia compagnia e ha cominciato a parlare dell’’altra sua vita’. Non ho saputo tutto in una volta, ho dovuto mettere insieme i pezzi dopo una serie di conversazioni, ma la ragione della sua angoscia era il suo precedente matrimonio con un donna morta qualche anno prima a Cartagena, in Colombia. Avevano avuto una figlia, che in seguito si era sposata e aveva avuto dei bambini. Si erano tenuti in contatto e alla fine dello scorso anno aveva ricevuto la notizia che lei, il marito e i figli erano morti in un incidente stradale: un camion li aveva spinti fuori strada. Per lui era stato un colpo devastante e, ovviamente, non aveva nessuno con cui sfogarsi tranne me.»
«Vega lo aveva ritenuto veramente un incidente?» domandò Falcón.
«La paranoia di quell’uomo è saltata fuori a causa del suo stato di confusione e di dolore. Non sapeva se fossero i suoi nemici che si erano rifatti vivi o se si trattasse di una punizione divina.»
«Allora le ha detto che cosa faceva in quell’’altra sua vita’?», disse Falcón. «Perché aveva dovuto tagliare i ponti con la moglie e con la figlia?»
«Non me l’ha proprio detto», rispose Marty. «Mi ha detto che aveva cominciato a vedere dei volti che uscivano dal suo passato.»
Maddy allargò le braccia, come se quelle parole fossero la dimostrazione definitiva della follia del marito.
«Le vedeva in sogno?» domandò Falcón.
«Credo che all’inizio si fosse trattato di sogni e poi il sogno e la realtà avevano cominciato a fondersi e questo lo aveva spaventato. Finché erano state facce viste in sogno si era limitato a interrogarsi sul perché la sua mente le avesse fatte riaffiorare, ma quando ha cominciato a vedere quelle stesse facce in persone vive ha pensato di essere sul punto di impazzire. Non voleva parlarne con nessuno, diceva di aver iniziato a prendere qualcosa contro l’ansia, ma le facce continuavano a comparirgli davanti nei parchi, nei negozi, nei caffè. E tuttavia non riusciva a identificarle.
«È venuto fuori che in Cile era nell’esercito», continuò Marty. «Ne dedussi che doveva essere stato coinvolto nel golpe militare del 1973. Gli ho fatto presente che nel processo rivoluzionario di Pinochet erano accadute molte brutte cose e che forse quelle facce erano di persone che avevano sofferto per mano di uomini del nuovo regime. E mentre gli dicevo così, capivo di aver colto nel segno. Si era immerso nei suoi pensieri e parlava con se stesso: gli ho sentito dire: ‘Erano quelli che non avevano invocato la madre’. Credo che fossero persone che aveva torturato.»