«Avete pensato che Rafael Vega fosse di nuovo nel traffico d’armi?»
«Abbiamo pensato soltanto che fosse meglio tenerlo d’occhio. Ma le ho mentito a questo proposito, era stato effettivamente addestrato da noi, conosceva i nostri metodi, il tipo di persone che siamo. Così abbiamo cercato altri per questo lavoro ed è stato al quel punto che è entrata in scena l’FBI. Marty Krugman era il candidato perfetto… a parte una certa instabilità nel suo matrimonio.»
«Sa che sensazione ho in questo momento, signor Flowers?» disse Falcón. «La sensazione che lei mi stia raccontando quel tanto che basti a soddisfare la mia curiosità.»
«Tutta la storia richiederebbe troppo tempo.»
«Prima mi dice di non voler lasciare qualcosa in sospeso, poi di voler tenere d’occhio lo stato mentale di Vega.»
«Tutte e due le cose».
«Quali erano le ‘cose in sospeso’ che vi preoccupavano tanto?»
«Cominciavamo a pensare che avesse ricominciato a operare», rispose Flowers. «La nostra professione è come un vizio, Inspector Jefe. Scoprimmo che aveva comprato un passaporto a nome di Emilio Cruz e che aveva ottenuto visti per il Marocco.»
«Io avevo pensato che si stesse preparando una via di fuga.»
«Da che cosa avrebbe dovuto fuggire?»
«Forse da lei, signor Flowers.»
«Aveva comprato il passaporto a nome di Emilio Cruz prima che gli mettessimo Marty Krugman alle costole, prima che scoprissimo il suo collegamento con la mafia russa.»
«Perché aveva abbandonato il programma di protezione iniziale?»
«È come essere morti», spiegò Flowers. «Ho fatto anch’io la stessa cosa.»
«Vega aveva motivi fondati per credere che non fosse stato un incidente a distruggere la famiglia della figlia?»
«È successo a venti anni di distanza dalla sua fuga. Ecco uno degli effetti collaterali della nostra professione: non si riesce mai a credere che le cose siano quelle che sembrano. La gente muore in incidenti stradali tutti i giorni, Inspector Jefe.»
«E che cosa avete scoperto sul suo collegamento con i russi?»
«Permetteva ai russi di riciclare il denaro sporco per mezzo dei suoi progetti immobiliari e in cambio i russi lo aiutavano a soddisfare i suoi gusti pedofili. Mi risulta che gli piacesse guardare. El Salido, ricorda?»
«Allora a che vi serviva Marty Krugman? Sapevate già tutto.»
Silenzio da parte di Flowers. Un lungo sospiro annoiato.
«Quando gli avete detto che Rafael Vega era Miguel Velasco?»
«No, no, lei sbaglia, Inspector Jefe. Su questo non le sto mentendo», insistette Flowers. «Lei pensa che noi glielo abbiamo rivelato e che, a causa del suo coinvolgimento passato nella politica cilena, Marty Krugman si sia sentito spinto a ucciderlo.»
«Costringere qualcuno a bere acido…» disse Falcón.
«È un modo orribile di morire», convenne Flowers. «Sembra davvero un omicidio per vendetta. Ma io voglio essere chiaro in proposito. Noi non abbiamo rivelato la vera identità di Vega, non lo volevamo morto. Deve credere a quanto le ha detto Marty…»
«Allora che cosa volevate sapere?»
«Non ne siamo sicuri.»
«Non è molto convincente, signor Flowers», gli fece notare Falcón.
«Probabilmente perché è la verità e noi abbiamo creato questo grande mito dell’infallibilità americana.»
«Che ne dice di questa ipotesi…» disse Falcón. «Volevate conoscere il suo stato mentale perché temevate che avesse informazioni tali da compromettere ulteriormente importanti membri del governo americano del tempo. Il segretario di Stato, per esempio.»
«Temevamo, se avesse avuto in mano qualcosa, che potesse cercare di usarla contro di noi, ma non sapevamo di che cosa potesse trattarsi.»
«Chi sarebbero questi ‘noi’?»
«È tutto quanto dirò sull’argomento», affermò Flowers. «Lei mi ha detto di voler sapere se Krugman avesse ucciso Vega e io posso assicurarle che non è così. Si accontenti di questo.»
«Come posso esserne sicuro?»
«Perché Marty Krugman era con me la notte in cui Rafael Vega è morto, dalle due alle cinque del mattino», rispose Flowers. «Ho la registrazione certa dell’ora e della data perché l’incontro è avvenuto al consolato americano.»
29
Mercoledì 31 luglio 2002
Tornando alla Jefatura Falcón si fermò per un café solo in Avenida de Argentina. Si sentiva stanco e abbattuto come tutti gli altri avventori del bar. Il caldo aveva privato i sivigliani della loro naturale alegría, lasciandone una versione scorbutica a vagare per le strade e a popolare i caffè.
Nessun segno di Ramírez o di Cristina Ferrera in ufficio. Prese i nastri degli interrogatori dei due incendiari e la cassetta originale rubata nella finca di Montes e salì da Elvira. Incontrò Ramírez che scendeva le scale.
«Ho parlato di nuovo con quei due, ho chiesto come avessero conosciuto Montes», disse Ramírez. «Vent’anni fa Montes si occupava di una squadra di calcio per bambini svantaggiati e loro facevano parte della squadra. Ho appena controllato con l’Inspector del GRUME e ho esaminato per bene i loro fascicoli. Montes li aveva sempre aiutati quando avevano avuto a che fare con la legge.»
«Sapevano che Montes si era ucciso?»
Ramírez scosse il capo e gli augurò buona fortuna con Elvira.
Non gli fu permesso di vedere il Comisario e nemmeno di entrare nell’ufficio della segretaria, che lo sospinse nel corridoio con una sola parola di spiegazione: Lobo.
Dieci minuti dopo venne chiamato. Lobo era in piedi accanto alla finestra, le braccia conserte sul petto, teso, in collera. Elvira, seduto alla sua scrivania, aveva il volto segnato, come se fosse rimasto là tutta la notte.
«Che cos’ha da offrirci?» chiese Lobo, saltando la catena di comando tanto era furioso.
«Due deposizioni audio degli incendiari…»
«Hanno fatto il nome di Ignacio Ortega?»
«No, hanno fatto quello di Alberto Montes.»
Lobo batté il pugno sulla scrivania di Elvira, tre colpi micidiali che scagliarono matite e penne di qua e di là.
«Che altro?» riprese Lobo.
«Una videocassetta con riprese effettuate da una telecamera nascosta nella finca, dove si vedono quattro uomini impegnati in attività sessuali con minori.»
«Qualcuno di noto?»
«Un penalista e un presentatore della televisione.»
«Joder!» imprecò Lobo.
«Ramírez può identificarne un altro, un uomo d’affari che proviene dal suo barrio. Il quarto non si sa chi sia.»
«Chi è a conoscenza di questa cassetta?»
«Ramírez e io.»
«Lasci le cose come stanno», ordinò Lobo, reso brutale dalla collera.
«E i due piromani?» domandò Elvira.
«Non credo che sappiano che cosa hanno rubato.»
«Allora l’unico collegamento tra Ignacio Ortega e la finca di Montes è l’impianto di aria condizionata», disse Elvira. «Non esiste nessuna prova che Ortega procurasse i minori tramite i russi per gli incontri nella finca. E nemmeno si può provare che portasse clienti alla finca per partecipare ad atti sessuali con minori.»
«Esatto», ammise Falcón, consapevole che era tutto sbagliato ancor prima di cominciare. «L’unico modo di accertare che portava clienti alla finca è interrogare gli uomini sulla cassetta.»
«Qualcosa nella registrazione dimostra che le riprese sono state effettuate alla finca di Montes?» domandò Lobo.