Sato annuì. «Dunque, secondo lei questo portale è una metafora?»
«Ne sono convinto» rispose Langdon. «Nella teoria, per lo meno. Quella del portale mistico da varcare per ottenere l’illuminazione è una metafora piuttosto comune. Porte e portali sono simboli abbastanza diffusi del rito di passaggio. Ma cercare un portale concreto sarebbe come andare materialmente alla scoperta delle porte del paradiso.»
Sato ci rifletté un attimo. «Il rapitore di Solomon, però, sembra convinto che lei possa aprire materialmente questo portale.»
Langdon sospirò. «Ha commesso un errore tipico di molti fanatici: ha confuso la metafora con la realtà.» Come i primi alchimisti, peraltro, che si erano impegnati anima e corpo per trasmutare il piombo in oro, senza rendersi conto che ottenere oro dal piombo altro non è che una metafora dello sviluppare appieno il potenziale umano, ovvero trasformare una mente da ottusa e ignorante a illuminata.
Sato indicò la mano. «Se quell’uomo vuole che lei gli trovi un portale, perché non le ha detto chiaramente come fare per scoprire dov’è? Che motivo aveva di mettere in piedi tutta questa messinscena? Perché questa mano tatuata?»
Langdon si era posto la stessa domanda e la risposta che si era dato era inquietante. «Be’, pare che la persona con cui abbiamo a che fare, oltre a essere mentalmente instabile, sia anche molto istruita. La mano dimostra che conosce bene i misteri e i relativi codici. Per non parlare della storia di questa sala.»
«Non capisco.»
«Tutto ciò che ha fatto questa sera è in perfetto accordo con gli antichi protocolli. Nella tradizione, la Mano dei Misteri è un invito sacro, e come tale va presentata in un luogo sacro.»
Il direttore dell’os strinse gli occhi. «Questa è la Rotonda del Campidoglio, professore, non un santuario.»
«Conosco molti storici che non sarebbero d’accordo con lei, signora Sato» replicò Langdon.
In quel momento, dall’altra parte della città, Trish Dunne era seduta nel Cubo, alla fievole luce della parete al plasma. Aveva finito di istruire lo spider di ricerca e aveva digitato le cinque parole chiave che Katherine le aveva dato.
Non arriveremo da nessuna parte.
Ben poco ottimista, lanciò lo spider, dando inizio alla ricerca. Le frasi stavano per essere confrontate, a una velocità impressionante, con testi di tutto il mondo, per trovare una corrispondenza perfetta.
Trish era curiosa di sapere che cosa stessero cercando, ma ormai aveva imparato che lavorare con i fratelli Solomon significava non conoscere mai tutta la storia.
20
Langdon guardò ansioso l’orologio: mancavano due minuti alle venti. Il muso sorridente di Topolino non servì a rallegrarlo. Devo trovare Peter. Stiamo perdendo tempo.
Sato si era allontanata un momento per fare una telefonata, ma ora stava tornando da lui. «Ha fretta, professore?»
«No, no» rispose lui nascondendo l’orologio sotto la manica. «Sono solo molto preoccupato per Peter.»
«La capisco. Le assicuro, però, che la cosa migliore che può fare per il suo amico è aiutarmi a comprendere come ragiona il suo rapitore.»
Langdon aveva la netta sensazione che non sarebbe andato da nessuna parte finché il direttore dell’OS non avesse ottenuto le informazioni che cercava.
«Un attimo fa lei ha detto che la Rotonda è in qualche modo consacrata a questi antichi misteri. Giusto?»
«Giusto.»
«Mi può spiegare che cosa intende esattamente, per favore?»
Langdon si rese conto che doveva stare attento alle parole: aveva tenuto interi corsi sul simbolismo mistico di Washington, e anche limitandosi al Campidoglio i riferimenti mistici erano innumerevoli.
L’America ha un passato nascosto.
Ogni volta che teneva una lezione sulla simbologia americana, i suoi studenti rimanevano sbigottiti nell’apprendere che le vere intenzioni dei padri fondatori erano ben diverse da quelle che molti politici adesso attribuivano loro.
l’America non ha realizzato il proprio destino.
Coloro che avevano fondato la capitale degli Stati Uniti l’avevano originariamente chiamata Roma e avevano dato al suo fiume il nome Tevere. Vi avevano costruito pantheon e templi, adornati con le immagini delle divinità classiche più importanti: Apollo, Minerva, Venere, Elio, Vulcano e Giove. Al centro, come in molte città del mondo classico, avevano eretto un tributo imperituro alla tradizione: un obelisco egizio. Più grande di quelli del Cairo e di Alessandria d’Egitto, si elevava in altezza per quasi centosettanta metri, più di trenta piani, per ricordare e ringraziare il padre fondatore da cui la capitale aveva preso il nome, venerato quasi come un dio.
Washington.
A distanza di secoli, nonostante in America vigesse la separazione fra Chiesa e Stato, quella Rotonda che ospitava i più importanti organi pubblici brillava di antico simbolismo religioso. Ospitava oltre dieci divinità diverse, più di quante ve ne fossero al Pantheon di Roma. D’altra parte, il Pantheon romano nel 609 era diventato una chiesa cristiana, mentre quello americano non si era mai convertito, e le vestigia della sua vera storia restavano tuttora visibilissime.
«Come lei forse sa, il progetto della Rotonda si è ispirato a uno dei luoghi sacri più venerati di Roma, il tempio di Vesta.»
«Quello delle vestali?» Sato guardò Langdon dubbiosa: evidentemente non credeva che le sacerdotesse vergini incaricate di sorvegliare il fuoco sacro potessero avere a che fare con il Campidoglio di Washington.
«Il tempio di Vesta era circolare, con una fossa al centro in cui ardeva il fuoco dell’illuminazione, sorvegliato da un gruppo di vergini che aveva il compito di mantenere sempre accesa la fiamma.»
Sato si strinse nelle spalle. «La Rotonda è circolare, d’accordo, ma non ha nessuna fossa.»
«Non più, tuttavia per anni al centro di questa sala c’è stata una grande apertura, proprio lì dove si trova la mano di Peter Solomon adesso.» Le indicò il pavimento. «Si vedono ancora i segni della grata che impediva alla gente di cadere di sotto.»
«Che cosa?» Sato osservò il pavimento, stupita. «Non l’avevo mai sentito.»
«Mi sa che ha ragione.» Anderson indicava con il dito una serie di borchie di metallo disposte in cerchio. «Avevo visto quei tondi di metallo, ma non sapevo a cosa servissero.»
Non sei il solo, pensò Langdon, immaginando le migliaia di persone, celebri legislatori compresi, che ogni giorno attraversavano il centro della Rotonda senza avere idea che una volta da lì sarebbero caduti nei sotterranei del Campidoglio.
«Poi l’apertura venne chiusa, ma per parecchio tempo i visitatori della Rotonda poterono vedere il fuoco che ardeva nella cripta» spiegò Langdon.
Saro si voltò verso di lui. «Fuoco? Nel Campidoglio?»
«Più che un vero e proprio fuoco, era una torcia sempre accesa. Era qui, direttamente sotto di noi. Doveva essere visibile e rendeva questo luogo una sorta di moderno tempio di Vesta. Il Campidoglio aveva persino la sua vestale: un dipendente federale, il custode della cripta, ha mantenuto la fiamma accesa per cinquant’anni, senza interruzioni, finché politica, religione e annerimento da fumo hanno spento gli entusiasmi.»
Trent Anderson e Inoue Sato erano sorpresi.
L’unica traccia del fatto che in passato lì ardesse una torcia era ormai la rosa dei venti a quattro punte nel pavimento della cripta al piano sottostante, simbolo della fiamma perpetua dell’America, che un tempo aveva gettato luce fino ai confini del Nuovo Mondo.