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«Abituarmici! Spero proprio di no! È una vergogna e un delitto! Non hanno un ispettore scolastico, da queste parti? Quei bambini dovrebbero essere a scuola. Ho intenzione di scoprire i capi della malavita che stanno dietro a questa storia. Ma, come dicevo, qui il responsabile sei tu…»

Suggs scrollò con forza la testa e indicò il cocchiere. Per un po’ si scrutarono l’un l’altro in un silenzio infranto solo dallo scalpiccio del cavallo lungo un viale scenografico d’alberi di mandarini, e dai brontolii dolorosi dell’addome di Suggs.

Beele si vedeva di fronte un uomo abbronzato, dal collo taurino, dai capelli un po’ grigi tagliati a spazzola e dai lineamenti regolari che era difficile tenere a mente. Suggs dimostrava una quarantina d’anni e sembrava un ingegnere petrolifero; non c’era niente che lo distingueva dagli uomini comuni, tranne gli occhi freddi e opachi e una sottile cicatrice bianca sulla fronte. Dunque quello era l’aspetto degli uomini della CIA al lavoro!

Si chiese come se la sarebbe cavata lui, nella CIA. Occorrevano intelligenza, coraggio, curiosità e onestà? Barthemo ne aveva da vendere… ma aveva anche quel qualcosa d’indefinibile che distingue l’agente della CIA da tutti i comuni mortali?

Quando Barthemo Beele aveva due anni, era stato abituato a servirsi di uno sgabello con vasino che veniva tenuto in un armadio, davanti al quale pendeva una tenda. Quel piccolo segreto, con la sua aura di vergogna, lo aveva interessato tanto che si sentiva spinto a sollevare la stoffa e a guardarlo una dozzina di volte al giorno. In seguito si era reso conto che la sua curiosità aveva avuto origine da quell’episodio. Infatti, il piccolo «Themo» aveva preso la sciagurata abitudine di sollevare tutte le stoffe pendenti per guardare sotto. E dopo aver sollevato la gonna d’una visitatrice, moglie di un vescovo, «Themo» aveva ricevuto la prima solenne battuta della sua vita.

Eppure, come se il suo motto fosse Video, ergo sum, Barthemo aveva continuato a sollevare le stoffe pendenti ed a guardarci sotto, e non sapeva resistere alla tentazione di farlo. Era capace di alzare l’angolo di una tovaglia e di fissare le gambe del tavolo, affascinato, arrossendo per il senso di colpa e di uno strano piacere che non sapeva definire.

Era diventato un ragazzino magro dedito ai pettegolezzi, che aveva la mania di formare delle società segrete insieme agli amici, e di scrivere sulle staccionate quelle che sperava fossero parole oscene: VERGOGNA, ORGANISMO e soprattutto AMORE. Un giorno, per caso, sollevò una coperta e sotto ci trovò due organismi che facevano l’amore: sua madre e un uomo che non era suo padre.

Barthemo si affrettò a raccontarlo al padre, il quale lo ringraziò per l’informazione prendendolo a sculaccioni e chiudendolo in camera sua per un giorno intero. Quando pensò che il bambino avesse imparato la lezione, Beele padre si calmò e lo fece uscire… a condizione che badasse agli affari suoi. In effetti, Barthemo a quell’epoca si faceva già degli affari: vendeva informazioni alla polizia. Per compensi che andavano da cinque cents a un quarto di dollaro, diceva quali membri di quali società segrete rubavano le gomme da motocicletta ai benzinai e le riviste agli empori. In seguito, contro compensi più consistenti, passava informazioni sui furti di automobili e sui topi d’appartamento. Continuò così anche alle medie superiori, quando i suoi doveri di cronista scolastico gli portavano via gran parte del tempo libero. Quando partì per il college, la polizia gli fece un dono in danaro, e gli disse che era «Il miglior piccolo spione che abbiamo mai avuto.»

Un giorno, pensò Beele mentre la carrozzella procedeva per Boulevard Mohammed V, un giorno lui avrebbe scritto un libro in difesa degli informatori della polizia: Mi chiamavano spione. «Perché,» avrebbe scritto, «coloro che rischiano la vita smascherando assassini, ladri, spacciatori di droga, e tutti gli elementi corrotti e viziosi della nostra società, coloro che compiono il loro dovere di cittadini (poiché la mancata denuncia di un reato è un reato a sua volta) sono considerati dalla società con odio e disgusto?»

In quanto a Suggs, si vedeva davanti un giovanotto magro e nervoso, sul quale la visiera, con il cartellino STAMPA infilato nella banda elastica, sembrava un’inutile affettazione. Suggs si divertì a immaginare coperture più adeguate per Beele. Con un lindo abito scuro e una valigetta ventiquattr’ore, avrebbe potuto passare, forse, per un commesso viaggiatore dell’IBM. Oppure poteva farsi crescere la barba, così sarebbe sembrato uno di quegli eccentrici dei Corpi della Pace… un branco di fanatici comunisti. Fanatismo, ecco: quell’aria da giovane-vecchio, la freddezza della sua faccia e il piglio del vero fantico… quello era Beele. Suggs si chiese cosa ci sarebbe voluto per indurre Beele a uccidere un uomo. Quel ragazzo poteva diventare un killer passabile, con un’adeguata istruzione da parte di Suggs: magari niente di speciale, come Killer. Suggs si chiese quanto tempo sarebbe passato prima che lui fosse costretto a uccidere Beele.

«A proposito,» disse. «Non azzardarti a mangiare niente o a bere l’acqua di qui. Sto cercando di farmi mandare un carico di viveri e di acqua dall’America. La roba che hanno qui ti ammazza.»

«Dissenteria?»

Quasi per rispondergli, lo stomaco di Suggs brontolò. Ma poi si accorse che non era il suo stomaco: era quello di Beele.

Il giovane annuì, tetro. «Ce l’ho anch’io. Deve essere stato quel sandwich e quel caffè che ho preso prima di partire dagli Stati Uniti.»

Mentre Beele firmava il registro e riempiva il modulo della polizia al banco dell’albergo, Suggs prese una cartolina con gli incantatori di serpenti al mercato di Dar El Fna. «Cara Madge,» scrisse. «Mi diverto sempre molto, anche se tu e Susie mi mancate tanto. Con affetto, Bubby.» La consegnò al sorridente concierge, e ricevette in cambio la chiave della sua camera e una grossa lettera arrivata per via aerea. Era dell’avvocato di Madge. Non c’era bisogno di aprirla.

«Non è giusto!» bisbigliò, cacciandosi la lettera in tasca. «Farmi causa di divorzio proprio adesso! Be’, non ho tempo di preoccuparmene, ecco tutto.» Però si morse le labbra, pensando alle possibili conseguenze che la cosa poteva avere per la sua carriera. Nella CIA, gli uomini con problemi coniugali non venivano promossi.

Appena nella stanza, Beele si abbandonò su un divano mentre Suggs andava avanti e indietro, spiegando la loro missione. Prese un lungo coltello a lama curva e ci giocherellò mentre parlava.

«I francesi stanno per lanciare un nuovo missile da queste parti… Non sappiamo ancora dove. Lo chiamano Le Bateau Ivre, e ho scoperto il nome dell’astronauta… un giovane pilota dell’aviazione francese che si chiama Marcel Brioche. Mi è costata uno dei miei uomini migliori, questa informazione.» Le budella cominciarono a brontolare tra dolori cocenti, e Suggs riprese a camminare come una belva in gabbia.

«So che il lancio avverrà presto, ma non so in quale posto nei dintorni di Marrakech hanno nascosto l’astronave. Perciò il nostro primo obiettivo consisterà nello scoprire la data e il luogo esatto del lancio.

«I francesi hanno due buone ragioni per tenerlo segreto. Innanzitutto,» e si spuntò le unghie con il coltello, «hanno un nuovo supercarburante, migliore di tutti quelli che abbiamo realizzato noi fino ad ora. Noi lo vogliamo, e lo vuole anche la Russia. Solo che noi ci teniamo di più ad averlo, e ti spiegherò perché. È roba così ‘calda’ che i soli ugelli che la reggono sono fatti d’un materiale chiamato reuttite. E l’unico posto al mondo dove si trova la reuttite è…»