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La faccia schiacciata e priva di naso del manichino ricevette la pioggia, mentre i gatti strisciavano sui ripiani superiori. Harry guardava un uomo dipinto su una parete metallica, come se fosse un insetto. Il Sistema Riproduttivo guardava i caratteri stampati dei libri della biblioteca e ne decifrava il significato. Poi li bruciò, gettandoli in una caldaia. Il fuoco della caldaia era basso, soffocato dalle ceneri dell’Enciclopedia Britannica, dell’Enciclopedia Americana e di Mrs. Thrumbold, la bibliotecaria.

I carrelli per la spesa, sospinti da bombolette spray d’insetticida, vagavano per le corsie del supermarket Faresafe, mentre Harry piantava il coltello in un barattolo e rideva. Cal osservava i carrelli, ma Harry, indebolito dai fumi, cadde svenuto. Cal lo trascinò fuori, mentre Jack guardava sbadigliando gli elicotteri giocattolo. Dentro al freezer del Silver Horseshoe Casino, le cellule armate di piccozze lavoravano meticolosamente, foggiando ingranaggi di ghiaccio.

Jack osservava la colossale locomotiva che scendeva lungo le guide inclinate verso un enorme giro della morte, e aspettava di vederla cadere. Daisy guardava una lavatrice che lanciava lingue di fiamma verde. Un bambino, che era entrato strisciando in una casa semisfasciata per dormire, fu svegliato da uno strano rumore.

Cal e Harry guardarono gli esseri simili a zombie che infilavano le monete nelle slot-machines. Daisy osservò l’ascesa delle bocce da bowling, senza riuscire a concentrare lo sguardo e senza comprendere. Il defunto sindaco di Las Vegas salì, quando il suo corpo si riempì di gas, alla superficie della sua piscina. Un’elica gigantesca sollevò una trina di spuma.

Trascinandosi dietro il cavo penzolante e camminando impettito, un flipper messaggero salutò un altro flipper messaggero, quando lo incrociò, mostrandogli un 450 e una Super Special Light.

«6.000.000,» rispose il secondo flipper.

Il Professore contemplò l’ascesa e la discesa della sonda venusiana. Il defunto sindaco di Las Vegas ridiscese sul fondo della sua piscina. Gli ingranaggi di ghiaccio non funzionarono.

Cal salvò Harry da una macchina a raggi X tutta decorata, che innaffiava di radiazioni la strada. Jack si era perduto. Una banca era stata saccheggiata. Sulla morbida cenere grigia del danaro giaceva un guardiano morto, con la fondina vuota. Qualcosa cercava di entrare nella stanza dove stava il bambino.

«O Levitazione!» esclamò Brian. Harry sferrò un pugno a Cal e gli fece perdere i sensi, lo trascinò su per cinque piani fino a un tetto, e lo buttò nel vuoto. Cal non levitò. «L’immagine dell’assassino apparirà sulla retina della vittima!» Quel tetto ricordava a Harry un altro tetto, sul quale lui aveva saltato la corda tanto tempo prima. Mentre scendeva, lesse alla luce della lampada tascabile il cartellone che faceva pubblicità a una palestra.

Visitate Parigi! disse un manifesto a Cal quando questi riprese conoscenza. La caduta sul mucchio di scarpe l’aveva lasciato senza fiato. Al tramonto il motore di vetro si avviò, funzionò per un attimo, ed esplose in schegge lucenti. «Ciao, Terrestre,» disse ROBO. «Ci tengono prigionieri,» batté convulsamente Cal. Jack ricordò di avere fame. Un divano-letto pieghevole lo trasportò nel cinema drive-in. Brian e i juke-box salutarono rumorosamente Cal, Harry, Daisy e Jack. Cal salutò cordialmente Brian, Harry, Daisy e Jack. Jack, felice di essere stato ritrovato dopo essersi perso, salutò tutti con notevole sollievo. Daisy si mostrò sorpresa nel vedere Cal, ma salutò lui, Brian e Jack. Harry salutò Brian e Jack. L’ultimo settore dell’orologio sullo schermo scomparve. Incominciava il «Film», un centone di pellicole educative provenienti dalla scuola (ora trasformata in fabbrica), di trasparenti raffazzonati e di vecchi film dell’orrore:

«Le macchine sanno fare tante cose,» disse una voce deliziosa e deliziata. «Sì, le macchine sanno fare tante cose. La mamma vi cuce i vestitini con una macchina, e li lava con un’altra!»

La donna che cuce viene bruscamente sostituita da un sauro che agita furioso la coda, sferzando i grattacieli. Sotto la sua zampa c’è un’automobile. Scena di un sotterraneo, una ragazza legata a una ruota gigantesca. «Sappiamo che tu non avresti parlato sotto la tortura, Goodfelloe, ma non sopporterai di vedere lei straziata dalla mia ruota!»

Un orrore indicibile lo invade quando i raggi della luna piena fanno spuntare il pelo sulle sue mani. Egli diviene più di un lupo… e meno di un essere umano. Una forma scura si muove tra le nebbie di Rue Morgue, seguendo un’esile fanciulla. Il dottor Frankenstein strappa il lenzuolo che copre il suo esperimento… e il tavolo è vuoto! Papà falcia il prato con una macchina.

«No!» disse il bambino, indietreggiando verso un angolo del materasso sudicio. La stanza era pazzamente inclinata. C’erano dei punti in cui l’intonaco si era staccato, e le canne del graticcio sembravano ossa sbiancate.

Il nero carro funebre con lo stemma del Conte Alucard sferraglia nella notte transilvana. Non c’è il cocchiere. Strani esseri vegetali hanno circondato la piccola fattoria. «Dunque mi credete pazzo? Credete che sia una follia, il desiderio di creare la Vita?» Il bambino si lava i denti con lo spazzolino elettrico ed è felice.

Un pannello si apre, rivelando… «Ma mi dica, dottore, quale è la sua teoria a proposito di questi delitti misteriosi?» «Teoria? Come sarebbe a dire? Perché dovrei avere una teoria, io? Dove vuole arrivare?» Le macchine mungono le mucche.

Il medico si rialza e si toglie gli occhiali. «Strano. Se almeno sapessimo che cosa ha lasciato quei due piccoli segni sulla sua gola.» Le macchine rendono la vita più facile e più lieta.

«No,» disse il bambino. La scatola grigia conosceva bene la sua parte. Avanzò in silenzio, levando alto il braccio con l’ascia.

«L’esercito non può far niente, signore. I mostri si sono impadroniti della città.» Una ragazzina che ride e corre sui pattini a rotelle; un ragazzino consegna i giornali, informando un’elegante bicicletta cromata. «Qui nella giungla, mia cara, vi sono molti misteri su cui coloro che vivono fuori di qui preferiscono non indagare.» «Qui, nella grande Catena di Mesabi, c’è una delle più grandi miniere scoperte nel mondo! Le macchine hanno bisogno di ferro.» Un egittologo solleva un oggetto. «Uhm. Sembra lo Scarabeo della Morte. Ma come diavolo è finito nella stanza del povero Emerson?» «Papà usa le macchine nel suo lavoro…» Tornio, calcolatrice, camion del latte e trapano da dentista si spartiscono lo schermo in parti eguali.

Appare la radiografia di un braccio fratturato. «Questa deve essere la Città Perduta!» esclamò l’esploratore più anziano, scostando le felci per guardare. «…E anche nelle ore di svago.» Carrello da golf, cinepresa, mulinello per canna da pesca, fucile da caccia. «Nessuno può sentirti anche se gridi, mia cara. Siamo soli nel castello. Ah! Ah! Ah! Ah!»

Cal pensò alle due macchine che combattevano. Kenogenesi. Alteravano i propri geni con il passare del tempo. Era inevitabile che di tanto in tanto succedesse una cosa del genere. Una specie di demenza. Si avventavano sui loro simili. Normalmente, pensava, erano incapaci di uccidere di proposito. Era inconcepibile che potessero sempre riconoscersi tra loro, in tutte le mutazioni. No, molto più probabile che rispettassero tutte le forme di vita. Ma…

«Le macchine sono buone con noi, finché noi siamo buoni con loro.» Papà dà l’olio al tosaerba. «Guardami negli occhi, mia cara.» Il mesmerista inturbantato si piega sulla fanciulla pallida. «Negli occhi. Negli occhi.»

«Ci sono macchine che fanno più belle le donne…» Quattro donne sotto i caschi, dal parrucchiere, leggono Popular Mechanics. «Non può essere stato un essere umano a far questo!» «Le macchine…» «Santo cielo! È… una testa umana!»