Qualche volta Kurt riceveva più punizioni di Karl.
Qualche volta Kurt riceveva più ricompense di Karl.
Qualche volta erano pari.
Con il passare del tempo, ci furono meno ricompense, e nessuna punizione, per l’uno e per l’altro. Si stavano adattando al sistema come un orologio sincronizzato. Come un orologio, come un orologio, come un orologio sincronizzato.
Louie sedette sul pavimento e pianse sull’uovo di ghisa.
«Finiscila di piagnucolare,» ordinò Grandison. «È inutile piangere sul latte versato. Inutile gettare olio sul fuoco. Dalla padella nella brace. Jack l’Asso non poteva mangiare il grasso…» Si arrestò, sull’orlo del delirio e tacque, mentre guardava le grandi spalle grasse del figlio (spalle da manzo) scosse dal pianto.
«Se avessi un quarto di dollaro,» si lagnò Louie, «potresti almeno prendere una tazza di caffè.»
«Il distributore automatico del caffè! Cristo, perché non ci avevo pensato? Probabilmente è pieno di zucchero e di latte in polvere! Diavolo, figliolo, dobbiamo scassinarlo…»
«Ma, Papà, non ha ancora finito di pagarsi da sé…»
Troppo debole per rispondere, il vecchio si alzò dal tavolo e si avviò verso il lucente distributore automatico del caffè. Cominciò a prenderlo a calci e a pugni, fiaccamente, maledicendo la prudenza che lo aveva indotto a comprare il modello antifurto.
«È inutile, Papà. Ci vuole un quarto di dollaro. L’onestà è…»
Louie s’interruppe, vedendo l’espressione di suo padre. Il vecchio estrasse un quarto di dollaro dalla tasca, lo insinuò con mano tremante nella fenditura e prese furiosamente a pugni i pulsanti della doppia panna e del doppio zucchero. Scese un bicchiere, e la macchina lo riempì per metà di un grigio liquido untuoso. Grandison l’afferrò e bevve, e lo zucchero gli ravvivò il sangue.
Quasi subito la macchina fece scendere un altro bicchiere e, ronzando, lo riempì a metà di liquido grigio e tiepido. Grandison lo prese e l’offrì al figlio, mentre scendeva un terzo bicchiere.
«No, no, grazie, Papà, non devo bere caffè. Fa male alla circolazione, quando si è in allenamento.»
Grandison prelevò un altro bicchiere dalla macchina, che ne fece scendere un altro ancora e cominciò a riempirlo. «Per cosa diavolo ti stai allenando?» chiese.
«Oh, niente di speciale. Solo per tenermi in forma, vedi. Non si sa mai, potrebbe capitare di imbattermi al bar in qualcuno che vuole fare il bullo o qualcosa del genere, vedi.»
Grandison era troppo occupato, ormai, per chiedersi se Louie era davvero pazzo o no. Il torrente di liquido grigio e untuoso ormai usciva ininterrotto dalla macchina, sebbene il carico dei bicchieri di carta si fosse esaurito. Un gruppo di bicchieri restò impigliato sotto al beccuccio, e il liquido spruzzava nella sala. Grandison si allarmò quando si accorse che il getto non dava segno di affievolirsi. Doveva esserci una scorta di quaranta litri o di ottanta, vero? E ormai, aveva riversato sul pavimento di acciaio inossidabile un quantitativo di liquido addirittura superiore.
Quando tutto il pavimento fu bagnato e viscido, Grandison si sentì prendere dalla frenesia. Cominciò a correre da una delle porte d’acciaio inossidabile e di gomma all’altra, provando a smuovere le maniglie e a bussare, sebbene si rendesse conto che era tutto inutile.
Poi, con sua immensa sorpresa, udì un rumore oltre una delle porte. Dei passi!
«Aiuto! Aiuto!» gracchiò, e batté i pugni sull’accaio lucente.
Sentì una chiave stridere, e la porta si spalancò. Il pollo chiocciò e volò via attraverso quel varco, sbattendo le grandi ali membranose di pipistrello, mentre l’elica caudale ruotava lentamente.
Un Marine con la barba ispida stava davanti a lui, con la mano sul calcio dell’automatica, e scrutava il pavimento.
«Cosa succede qui dentro? Chi ha manomesso il distributore automatico del caffè?»
Mormorando un rauco ringraziamento, Grandison tentò di passare dalla porta. Il Marine gli bloccò la strada.
«Calma, amico. Voglio vedere il suo lasciapassare. E voglio anche sapere che cosa stava combinando con quel distributore.»
«Il mio lasciapassare? Ma io sono Grandison Wompler,» fremette il vecchio. «Non mi riconosce? Io sono il vecchio Granny Wompler…»
«Non m’importa se lei è il presidente di questa fottuta società in persona. Non può uscire di qui senza un lasciapassare!»
La porta sbatté, scaraventando Granny indietro di un passo. Perse l’equilibrio sul liquido viscido e cadde. Non valeva neanche la pena di rialzarsi.
Finalmente arrivò Louie e lo aiutò a rimettersi in piedi. «Non badargli, papà,» disse, indicando con il pollice la porta chiusa, contro la quale, adesso, batteva una marea di caffè alta trenta centimetri. «Fai finta che non esista. Ehi, senti questa!» E sventolò la rivista. «Ricetta per il Piccione Louisiana: Marinate una coppia di piccioni grassi nel Tio Pepe tiepido, al quale avrete aggiunto…»
Capitolo Quindicesimo
Da Marrakech alla Luna!
«Décidémment, nous sommes hors du monde.»
Poco dopo il tramonto, due uomini stavano in una viuzza buia, nei pressi dello Jardin Abdallah. Parlavano a voce sommessa.
«Io ho fatto tutto il possibile,» disse Marcel Brioche. «Mon général, il resto è nelle mani del bon Dieu.»
«Parli inglese, vache! I muri hanno le orecchie, a Marrakech. Mi dica esattamente quali misure ha preso per garantire la sicurezza di questa missione… in altre parole, della sua persona.»
«Innanzitutto, ho fatto credere a entrambi gli agenti, cioè al russo e all’americano, che ho concluso una specie di accordo con la parte avversa. In questo modo li ho sbilanciati, fino ad ora, mettendoli uno contro l’altro. Se avrò fortuna, saranno così occupati a spiarsi reciprocamente, o a combattersi, che mi lasceranno in pace.»
«E se non avrà fortuna?»
«Ho dato ordine al mio cameriere Antoine di indossare un duplicato della mia tuta spaziale e di nascondersi vistosamente, per così dire. Cioè, lui deve avviarsi furtivamente, per vie secondarie, verso il luogo del lancio, che conosciamo solo noi tre, tirandosi dietro tutti coloro che potrebbero avere intenzione di seguirmi. Se qualcuno vuol farmi la pelle, spero che commetta un errore cruciale.»
«E Antoine è al corrente del rischio?»
«Come me, è un buon francese. E per un buon francese, i rischi non esistono.»
«Capisco…» La voce del generale si spezzò.
«Qualcosa che non va, generale?»
«No, Brioche, niente.» L’uomo più vecchio si portò una mano alla fronte. «Non… non pensavo che questa missione potesse mettere a repentaglio la vita di un uomo.»
«Probabilmente il rischio è minimo, generale. Come ho detto, solo noi tre sappiamo dove avverrà il lancio. Persino i tecnici che hanno montato segretamente l’astronave sono stati ricondotti in Francia sotto scorta armata, e non potranno comunicare con nessuno fino a dopo il decollo. Antoine rappresenta solo un fattore di sicurezza.»
«Sì, forse ha ragione.» Le nocche delle dita del generale sembravano voler spianare le rughe d’ansia sulla sua fronte. «Continui, la prego.»
«Non c’è altro da dire. Mi recherò al luogo del lancio passando per le strade principali, con un normale tassi. Indosserò l’alta uniforme, come se uscissi a cena. Mi incontrerò con Antoine sul luogo del lancio e lì indosserò la tuta spaziale. Il decollo avrà luogo allo scoccare della mezzanotte.»