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«Lo sapevo,» disse Brian con rabbiosa ilarità. «Ecco qui la tua Potenza Superiore.» Non aveva neppure finito di pronunciare quelle parole quando il motore cominciò a balbettare; si spense prima che avessero percorso altri cento metri.

«Eccoci presi come pesci all’amo,» disse Brian. «Or vedi che ha fatto per noi il tuo Autore! Io lo sapevo…»

Daisy lo zittì, obiettando che ne aveva abbastanza della sua chiaroveggenza. I cinque scesero a sgranchirsi le gambe e a dare un’occhiata ai dintorni.

Il panorama non era sgradevole. Sul pendio, in alto, sorgeva una rozza baracca, dal cui comignolo uscivano sbuffi di fumo ad intervalli regolari. Sotto la strada gli alberi erano fitti, e si udiva il mormorio di un vicino ruscello. Cal decise di andare a riempire d’acqua qualche bottiglia vuota, e Daisy e il Professore l’accompagnarono, mentre Jack e Harry salivano a dare un’occhiata alla baracca. Il Professore continuava a snocciolare sottovoce una sfilza ininterrotta di invettive.

Dopo un po’, dalla baracca uscì un grido, e due figure si precipitarono fuori. Jack e Harry riuscivano a conservare ancora un’aria dignitosa, nei loro abiti estivi, ma si erano tolti i cappelli di paglia e li agitavano fanciullescamente, mentre scendevano a balzi il pendio. Quando si avvicinarono, Cal vide che avevano i volti arrossati e gli occhi lucidi.

«Il tesoro!» urlò Harry. «Abbiamo trovato il tesoro! Oro! C’è un grosso macchinario, là dentro, una caldaia a vapore o non so cosa, tutto fatto d’oro!»

«Una caldaia a vapore! Questo spiega gli sbuffi regolari che escono dal camino,» disse Cal. «Ma d’oro? L’oro è troppo tenero perché se ne possa ricavare una macchina. Deve essere ottone.»

«Guardate! Ho strappato via questo!» Jack mostrò il volano di una valvola: era a forma di ruota, e sembrava proprio d’oro.

«Aspetta un momento.» Cautamente, Cal strofinò il volano contro una pietra ruvida, fino a mettere allo scoperto l’acciaio. «Direi che serve per evitare la ruggine. È proprio oro.»

«Allora questo è il modo migliore di utilizzarlo,» dichiarò con fermezza Daisy.

«Anche se non è oro massiccio, là ce n’è abbastanza per arricchirci tutti!» disse Brian. «Per arricchirci, mia cara!» Prese le mani di Daisy, ma lei le ritrasse.

«L’oro è la fonte di tutti i mali,» disse con voce inespressiva.

«No, qui t’inganni, mia cara. Non è l’oro la fonte di ogni male, sibbene l’amore per l’oro. Cupiditas. In quanto a me, io odio l’oro quanto chiunque altro. Ma sii buona, mia cara, e per stavolta, prosperiamo.»

«Prosperiamo!» Daisy dilatò le narici. «Prosperiamo! Se sei tanto sciocco da arrampicarti lassù a pasticciare con quel macchinario pericoloso, ebbene, sia! Fai pure e prospera!» Le narici continuarono a dilatarsi. «Se hai tanta fame d’oro, aggiungi anche questo al tuo tesoro!»

E strappandosi l’anello di fidanzamento (per la verità dovette ritornare al camioncino e trovare un po’ di burro rancido da spalmarsi sul dito, ma alla fine ci riuscì), glielo scagliò.

«Se questa è la maniera in cui hai caro comportarti, o donna, io sono il tuo umilissimo servitore, siine certa!» gridò il Professore, mentre un violento rossore cominciava a salirgli per il collo venato. Ma non gli era ancora giunto alle ciglia, quando Brian rimase sconcertato nell’udire i singhiozzi di Daisy. I grandi occhi cerchiati di rosso, da troppo tempo traboccanti, riversarono torrenti di lacrime sulla sua faccia.

Alla vista di quella donna alta e statuaria che dimenticava la sua compostezza di dea fino al punto di piangere, anche Brian scoppiò in lacrime. Corse accanto a lei, e tornò a infilarle l’anello nel dito ancora imburrato.

«Non voglio quest’oro, mia cara,» singhiozzò, e per una volta tanto dimenticò di aggiungere qualche espressione rettorica e forbita. «Né questo, né altro!»

Harry fece udire un brontolio schifato. «Le donne! Finiscono sempre per far rammollire un uomo,» disse.

«Bene,» ridacchiò Jack, fregandosi le mani. «Così restiamo in tre, credo.»

«Non contatemi,» disse Cal. «Devo riflettere. In primo luogo, non siamo sicuri di potercela fare ad uscire di qui e, anche se ne usciamo, non sappiamo se arriveremo in qualche posto dove l’oro abbia valore. In secondo luogo, non so come potremmo prenderlo, se non fondendo l’intera caldaia o portarla con noi; il che mi sembra improbabile,» aggiunse, adocchiando il volano che pesava una dozzina di chili.

«In terzo luogo, può darsi che apprtenga a qualcun altro… un piccolo particolare, che tuttavia val la pena di prendere in considerazione, poiché a quanto ne so le leggi del Nevada e dello Utah sono ancora in vigore, e la gente ha l’abitudine di difendere con le armi le sue proprietà. Non posso credere che qualcuno se ne sia andato abbandonando questa roba. No, sono sicuro che è un pezzo del Sistema Riproduttivo, il che ci conduce al quarto luogo.

«Il Sistema Riproduttivo è ancora più attaccato degli uomini alle sua proprietà. Ha un modo molto carogna di difendersi dai vandalismi. Io cercherei di essere molto prudente, se dovessi avvicinarmi a quella roba.»

«Prudente? Per farti un favore, immagino?» fece Harry in tono beffardo.

«Posso continuare?» chiese Cal. «In quinto luogo, una volta ho visto un film che s’intitolava Il tesoro della Sierra Madre, dove si scopriva che il vero pericolo, quando c’è di mezzo l’oro, è…»

«Perché non la pianti con tutti questi ragionamenti da intellettuale?» urlò Harry, rauco per il furore. «O hai paura della polizia, o proprio non ti va che io abbia qualcosa di mio. È così? Solo perché l’ho scoperto io, quest’oro non ti va bene, eh? Prima mi hai portato via la ragazza, e poi ti sei sbarazzato di lei, e adesso vuoi portarmi via la mia caldaia. Be’, è mia! Adesso Jack ed io andremo lassù e la faremo a pezzi, e chi ci segue dovrà pentirsene!» Harry si batté la mano sulla pistola.

I due uomini salirono la collina; i loro cappelli di paglia identici erano inclinati nell’identico modo. Entrarono nella baracca. Cal, Brian e Daisy rimasero fermi dov’erano, senza capire la sfuriata di Harry. Passò qualche minuto.

Poi echeggiò uno sparo, seguito da altri due in rapida successione. Gli echi non si erano ancora spenti, quando Jack uscì barcollando dalla baracca: il petto del vestito chiaro si stava annerendo di sangue. Scese qualche passo, vacillando, poi si piegò in avanti e rotolò giù per il pendio. Quando arrivò in fondo, aveva ancora il cappello in testa, inclinato in un angolo elegante.

Cal lo girò e gli slacciò il colletto. Era tutto quello che gli veniva in mente, in fatto di pronto soccorso.

«È pazzo,» mormorò Jack. «Io volevo andarci con calma… la macchina andava ancora a tutta forza, né io né lui sappiamo come smantellare una caldaia a vapore… temevo che scoppiasse o qualcosa di simile. Volevo andarci piano, magari spegnerla, prima. Lui si è infuriato. Non so perché, forse ha pensato che avessi paura. ‘Andarci piano?’ ha detto. ‘Per fare un favore a te, immagino. Cribbio, questa è grande’. Lo ha ripetuto due o tre volte, mentre mi sparava:

«’Questa è proprio grande’.»

Jack tossì, ricadde, e perse il filo del racconto.

«È…?» chiese Daisy.

Uno scossone improvviso colpì il terreno come un gigantesco tamburo, scaraventandoli tutti lunghi distesi. La baracchetta svanì in un lampo bulboso che scaturì all’improvviso, sviluppandosi in un alto fiore di fumo nero. Alla base ribollirono nubi di vapore e di polvere. Un albero poco saldamente radicato si staccò dal pendio lassù, aggiungendo il suo tonfo all’acciottolio di ingranaggi e di macerie. Quando tutto finì, fu come se la baracchetta non fosse mai esistita.