«Oh, dottore, mi fa tanto male la gola,» mormorò lei.
«È normale, nelle tonsillectomie,» fece lui, asciutto. «Sì, sì, tutti dobbiamo soffrire.»
«Ma non mi dispiace.» Lei lo disse in tono un po’ dubbioso, e poi il mento le tremò, mentre squittiva: «Sono così felice!»
Lui finse di studiare attentamente la cartella clinica.
«Non… non ha perso il rispetto per me, vero?» Gli occhi di Susie traboccavano di lacrime. Cercò di prendergli la mano, ma Smilax la tirò via.
«Ma no, certo… Susan. La rispetto molto. Davvero.»
«No, non è vero! Mi odia! Oh, sapevo che non avrei mai dovuto cedere! Le ho dato le mie tonsille e adesso… e adesso mi chiama Susan!»
Mentre il lamento si faceva più acuto, il dottore diveniva più irrequieto… come un cane bene educato quando sente suonare una sirena. Era chiaro che avrebbe preferito essere altrove. Le assicurò di nuovo che provava per lei il rispetto più profondo, ma la sua voce aveva una sfumatura d’impazienza, e le parlava guardando la parete.
«No, non è vero! Non le importa niente di me! Non mi guarda neanche!»
Smilax si girò a guardarla come un aracnologo guarda un esemplare che ha aggiunto da molto tempo alla sua collezione, e che dopotutto non è poi così interessante.
«Non la odio,» disse. «È lei che dovrebbe odiare me, e forse è questo che intendeva dire: che mi odia. Non la biasimo, mia cara. Ora capisco che non avremmo mai dovuto incontrarci. Sono troppo vecchio per lei.»
«Ma se ci amiamo, cosa conta l’età?» chiese lei, tirando su con il naso.
Smilax si avviò fuori dalla porta senza rispondere. Poi si fermò senza voltarsi a disse: «Ordinerò un’aeroambulanza per riportarla a casa.»
La ragazza girò la faccia verso il muro.
Era strano, pensò Smilax, che lei avesse avuto tanta importanza prima dell’operazione, mentre adesso non era altro che un paio di tonsille simmetriche. Seduto alla scrivania, rigirò il barattolo, osservando i due oggetti spugnosi con un distacco che lo sbalordiva. Era addirittura indifferente al piacere che aveva provato abbandonandola. Non gliene importava, ecco tutto.
C’erano tante cose importanti cui pensare, adesso. Poche ore prima era uscito dalla sala operatoria convinto di trovare Aurora Candlewood intenta a tormentare l’abbietto Grawk. Invece, non c’era traccia di nessuno dei due.
La console della cabina di controllo gli disse ciò che era accaduto: Aurora aveva liberato Grawk dalla gabbia, poi era fuggita grazie alla mentalità letterale del Sistema. Adesso era diretta a ovest, con 87 probabilità su cento di fermarsi al Laboratorio Wompler e 11 di proseguire fino alla California.
Smilax batté: «Dov’è l’aviere Grawk?»
«PRESUMENDO CHE AVIERE GRAWK SIGNIFICHI LA STESSA COSA CHE AVIERE DI TERZA CLASSE GRAWK, SI TROVA ALLE COORDINATE 555A31.996-B29.201H56, NORAD.»
«Come si chiama la stanza in cui si trova?»
«IL NOME DELLA STANZA È 402 O SALONE.»
«Che cosa gli è successo?»
«HA TENTATO DI MOLESTARE LA DOTT. CANDLEWOOD. È STATO DOMATO CON OPERAZIONE SPAVENTO E RIPOSA TRANQUILLAMENTE IN UN DIVANO-LETTO.»
«È morto?»
Dopo una pausa, durante la quale il Sistema indubbiamente controllò se Grawk era morto, la risposta fu: «NO.»
«Quindi imprigionalo secondo il Piano Issione.»
Erano trascorse diverse ore, e Smilax non era ancora andato a vedere il suo prigioniero. Normalmente sarebbe stato felice di trascorrere qualche ora piacevole tormentandolo, ma oggi era tutto diverso. Oggi la vita di Smilax aveva perso calore… Aurora Candlewood. Oggi. Oggi vi si era insinuato il gelo… l’effetto Porteus.
Era sconvolto perché Aurora lo aveva abbandonato così, ma ciò che spaventava veramente Toto Smilax era il modo con cui se ne era andata: Aveva imbrogliato con un trucco la mentalità letterale del Sistema Riproduttivo. E se era possibile imbrogliarlo una volta, il trucco poteva venire ripetuto due volte, una dozzina, un migliaio di volte. E il Sistema poteva venire ingannato anche in faccende più gravi, venire indotto a commettere errori fatali per se stesso… o per il suo creatore.
Se c’era una cosa che Smilax temeva, era che un giorno la sua creatura si ribellasse al creatore e UCCIDESSE. Tremava al pensiero degli innumerevoli precedenti. La narrativa abbondava di casi famosi, come Frankenstein e Russum (con i suoi Robot Universali), genii scorbutici, apprendisti stregoni e sciagurati patti col diavolo. Ma ancora più orripilante era la storia vera della famiglia Porteus, in cui i genii di otto generazioni erano stati assassinati dalle loro creazioni. Ora, non sapeva bene se per atterrirsi o per rassicurarsi, Smilax trasse dal cassetto segreto della scrivania una genealogia polverosa e lesse dell’effetto Porteus.
Sorvolando sul predicatore puritano Interest Porteus (1680–1720, il quale, dopo aver fatto bruciare 45 streghe, era rimasto accidentalmente impiccato su un nuovo patibolo di sua creazione), lesse di Nathaniel Porteus (1710–63), stampatore e inventore. Nathaniel aveva ideato una specie di rotativa che sfornava il giornale a rapidità doppia dei suoi concorrenti. Ma un giorno Nathaniel era scomparso.
L’autorità interpellaron varii Vicini, semmai avessero dessi udito o veduto alcunché di sospetto nel di lui stabilimento, e dessi dissero Nulla, eccezion fatta pel clangore dell’Infernale Pressa.
Smilax saltò Tertiary Porteus (1780–1840), inventore del pallone a vapore, e lesse di Emmet Porteus (1830-1891), il barbiere che aveva inventato una macchina automatica per radere. Una mattina era stato trovato nella sua bottega…
seduto sulla seggiola con una tovaglia attorno alla gola, che era squarciata. La stanza odorava di sapone, ed ogni ricettacolo ne traboccava. In verità, il pavimento stesso era coperto di schiuma colorata di sangue, per la copiosità di quella tremenda effusione. La schiuma aveva ricoperto il diabolico corpo metallico della macchina, che s’era rapidamente arrugginita, e più altro non poteva muovere che la mascella. L’aprì, e in un’orrenda parodia del suo padrone, mi domandò se parevami che la giornata non fosse abbastanza calda.
Quando Smilax ebbe richiuso la genealogia nel cassetto, ed ebbe bevuto un sorso di brandy medicinale, si riprese quanto bastava per scendere dove languiva il suo prigioniero.
«Buonasera, aviere Grawk,» disse allegramente. «Pronto per altri spassi?»
L’ex generale era stato infilato in una speciale tuta che gli lasciava libera solo la testa. Il resto era avvolto da cavi che scorrevano su pulegge e leggere molle. Il risultato era che, per quanto poco si muovesse Grawk, dava sempre energia al Sistema.
«Le verranno dati da mangiare cento grammi di cioccolata al giorno,» l’informò Smilax. «Cioè, se farà abbastanza lavoro per bruciare tante calorie. I giorni in cui il suo lavoro scenderà sotto il minimo, la razione verrà ridotta. Naturalmente non riceverà un premio se supererà il minimo. Cento grammi al giorno la terranno in forma, credo, per molti, molti mesi… forse addirittura per anni, anche se senza dubbio la sua mente ne risentirà.»
«Mi faccia uscire di qui!» urlò Grawk, agitando le braccia come una marionetta. Le tensioni delle molle erano regolate in modo che non poteva portare una parte del corpo a contatto con qualunque altra parte, e non poteva neppure afferrare i cavi. Grawk si infuriò e ballonzolò come una scimmietta giocattolo, invano.
«Aspetti e vedrà!» gridò. «Il governo degli Stati Uniti avrà qualcosa da dire in proposito!»
«Grawk, si direbbe che lei non capisca. Gli Stati Uniti non esistono più. Gli Stati Uniti appartengono al passato.»
«Cos’ha detto del mio paese? Senta, se non fossi legato in questo modo…»
«No, senta lei. Tengo a informarla, aviere Grawk, se non altro per renderla ancora più infelice.»