Cal strisciò da un’ombra all’altra, fino a quando arrivò sull’orlo del tetto. Incuriosito, guardò giù… e si sentì gelare. C’erano camion e carri armati in movimento, laggiù. Lui poteva nascondere i più grossi con il pollice. Era a un’altezza di almeno cinquanta piani.
Risuonò uno sparo e Cal si buttò sul pavimento, poi cominciò a strisciare rapidamente verso una catasta di legname.
All’improvviso, un motore si avviò abbastanza vicino. Un riflettore si accese, inquadrando Smilax che era acquattato sopra un mucchio di casse. Il chirurgo alzò una mano per ripararsi gli occhi. Poi si accese un altro riflettore. Al di sotto del rombo del motore, Cal udì alcune voci che discutevano agitate. Dopo un momento, il secondo riflettore si spense. Smilax restò immobile, come trafitto da quell’unico raggio, con il fucile che gli penzolava dalla mano.
Un’ombra passò sopra la testa di Cal, che guardò in su. Il braccio d’una gru si stava avventando verso Smilax. Anche il dottore lo vide, e cominciò a piagnucolare. «È l’effetto Porteus! Il Sistema è impazzito! Si ribella al suo padrone! Lo sapevo! Lo sapevo!» Il braccio rallentò, ma continuò ad avanzare. «Aiuto!» implorò Smilax. «Padrone, non punirmi!»
Il braccio della gru si fermò, poi cominciò ad allontanarsi, e all’improvviso Smilax prese coraggio.
«Avanti, prova a uccidermi!» urlò, balzando avanti e indietro e agitando il pugno. «Ti sfido, incubo di dadi e bulloni! Io sono il padrone qui, lo sanno persino Potter e Aurora. Io solo posso controllarti… con questi!» Si strappò gli occhiali senza montatura e li agitò in alto. Gli occhiali brillarono nell’aspra luce. La faccia di Smilax, nuda, stranamente in ombra, scoprì i denti e ringhiò.
Il braccio della gru si mosse di nuovo nella sua direzione, e la benna si abbassò verso di lui come un paio di enormi fauci crudeli. Smilax urlò e sgattaiolò giù dal mucchio di casse da imballaggio, e come se non se ne fosse accorta, la benna afferrò le casse e le sollevò.
«Ahah, credevi di avermi preso? Sudicio mostro goffo, mi hai mancato! Avanti, ribellati pure al tuo creatore! Se non posso controllarti io, nessuno potrà farlo… mai!» Buttò sul pavimento gli occhiali e li schiacciò sotto i tacchi.
«Ahah! Abbasso il Sistema! Abbasso la macchina!» abbaiò, e cominciò a correre in cerchio, come un cucciolo che cerca di prendersi la coda. «All’inferno i gatti! Abbasso Albert Payson Terhune! A morte Lassie! Piscia sui lampioni!»
Il mucchio delle casse cadde all’improvviso, mancandolo di poco, con uno scroscio tremendo, e la benna calò violentemente insieme agli imballaggi. Smilax schizzò via e si voltò ad abbaiare furiosamente a quello sfasciume. Il telone fremette leggermente, e sotto di esso, dall’ombra, uscì un ticchettio minaccioso. Era il suono di miriadi di ferri da calza che sferruzzavano, facendo migliaia di maglioncini per cani… o di sudari.
Cal rabbrividì.
«No! No!» strillò Smilax. «Buono, buono! A cuccia! Buono, Sistema!»
Il riflettore lo seguì, mentre arretrava verso l’orlo del tetto. «No! No! Stai lontano!» gridò il dottore, gettando una gamba sopra la ringhiera. «Stammi lontano!» Ma il ticchettio parve lasciare lo sfasciume e si mosse nell’oscurità, dietro di lui; e adesso era accompagnato da un mormorio fioco e tremulo, acuto e misterioso.
«Stammi lontano!» urlò Smilax per l’ultima volta, e poi si buttò nel vuoto. Cal si precipitò alla ringhiera e guardò giù. Non vide Smilax, ma sentì il suo urlo fievole: «Bauauauauauau!»
Il riflettore restò puntato sulle sbarre della ringhiera dove il dottore si era buttato. Un attimo dopo, in quel raggio, ticchettando minacciosamente, marciò una schiera di bambine dai vestitini rossi-bianchi-azzurri tempestati di stelline d’argento. Miagolando, due grosse delle Bambole che Camminano di Wompler seguirono Smilax nel vuoto.
Il motore della gru si spense. Il riflettore girò, inquadrando il pilota: Aurora. Portava un paio d’occhiali.
«Tutto a posto?» gridarono lei e Cal nello stesso istante. Aurora scese dalla cabina e corse verso di lui. Cal corse verso di lei.
«Spegni quello stramaledetto riflettore!» gridò una voce astiosa.
«Ma, Papà, nessuno ci vedrà più, se…»
«Non voglio nessun se. Dobbiamo pur risparmiare su qualcosa. Spegni!»
Incespicando nell’oscurità, Cal e Aurora corsero l’uno verso l’altra.
Capitolo Ventiseiesimo
Utopia
«I buoni finirono felicemente, i cattivi infelicemente. Questa è la Finzione.»
Cal e Aurora erano a New York, qualche settimana dopo, e si tenevano per mano davanti a una macchina QUIDNAC.
«CARISSIMI,» batté la macchina. «SIAMO QUI RIUNITI OGGI…»
Dopo la morte di Smilax erano successe molte cose. Il drago era stato ucciso, il ranocchio s’era trasformato in principe, e il budino si era staccato dal naso. Almeno, questo era il modo in cui si esprimeva Grandison Wompler, il nuovo Presidente degli Stati Uniti. In ogni caso, il Sistema Riproduttivo, sotto la guida di Cal e di Aurora, era diventato un amico dell’uomo.
Cal chiese alla sua fidanzata come aveva fatto a intuire il segreto degli occhiali di Smilax… appena appena in tempo.
«Ho avuto tutto il tempo per pensare, mentre ero distesa a terra e mi fingevo svenuta,» disse lei. «E ho cercato di combinare le nostre due teorie. Tu pensavi che la chiave fosse una specie di talismano, mentre io ero sicura che fosse qualcosa di personale e di idiosincratico. L’unica cosa che corrispondeva a entrambe le teorie era quel paio d’occhiali senza montatura. Suppongo che il Sistema avesse un modo per controllarne l’identità, dirigendovi contro un raggio di luce.
«Quando voi due ve ne siete andati, ho cercato dappertutto un paio d’occhiali di scorta. Poi ho pensato che lui non avrebbe osato tenerlo in giro, per timore che qualcuno glieli rubasse. Nello stesso tempo, però, doveva avere accesso a un altro paio, perché altrimenti avrebbe dovuto smettere di fare il Dio quando andava dall’ottico. Allora ho chiesto al Sistema di farmi un duplicato di quegli occhiali, e il Sistema me l’ha consegnato in pochi secondi. Allora anch’io sono diventata Dio. Ho preso l’ascensore, sono salita sul tetto, dove ho incontrato i Wompler ed Elwood Trivian, e il resto lo sai.»
Il Sistema aveva apportato cambiamenti considerevoli nel panorama politico. Subito dopo l’elezione, Grandison Wompler era partito per un giro di conferenze nelle province russe, dove aveva parlato soprattutto ai circoli femminili. Nello stesso tempo, il nuovo Premier dell’Unione Sovietica si era impegnato a parlare ai circoli femminili del Nebraska e dello Iowa. Non erano programmi di scambi culturali: erano i principali doveri dei capi di Stato, ormai. Dopotutto, non avevano più scartoffie di cui occuparsi. A questo pensava il Sistema.
In effetti il Sistema si era addossato tutti i lavori che nessuno voleva fare. Il Sistema raccoglieva la spazzatura e la trasformava in preziosi prodotti chimici, come perle, profumi e zucchero d’acero e smalto per le unghie.
Il Sistema puliva i piatti in tutte le case del mondo. Anchiviava tutti i documenti che nessuno voleva leggere, e li leggeva. Si occupava di altri lavori sgradevoli, come battere a macchina, e impedire le guerre.
Tutte le dattilografe e gli impiegati statali all’inizio erano rimasti molto infelici nel ritrovarsi disoccupati. Infatti, avevano organizzato una marcia di protesta alla Centrale del Sistema a Washington. Ma il Sistema Riproduttivo sapeva benissimo che quelle donne non avevano voglia di spezzarsi le unghie tutti i giorni sui tasti delle macchine da scrivere, e trovò loro dei mariti. Sapeva che quegli uomini non avevano voglia di starsene seduti in ufficio a ingrassare e a diventare pallidi; e regalò loro delle medaglie al merito, d’oro massiccio, che quelli impegnarono per pagarsi le vacanze in Messico.