Gradualmente, la similarità tra i due imperi cominciò a evidenziarsi. I Norglani avevano il transmat, evidentemente: Skrinri e Vortakel erano arrivati dal pianeta madre solo poche ore prima grazie a un mezzo di trasporto istantaneo. La nave spaziale che torreggiava sopra la colonia attestava che i Norglani conoscevano anche i mezzi di spostamento tradizionali, probabilmente a velocità quasi pari ma non superiore a quella della luce.
Molto più difficile era scambiarsi informazioni concrete sulle distanze. Ma era ragionevole pensare che il pianeta madre dei Norglani si trovasse a tre o quattrocento anni luce da quella colonia. Il che significava che la sfera di colonizzazione norglana aveva su per giù lo stesso ordine di ampiezza di quella terrestre.
E fin qui, tutto chiaro. Però, il vero scopo del colloquio non era stato ancora affrontato. Stone ci stava arrivando con pazienza, costruendo uno schema vastissimo di idee e informazioni da comunicare ai Norglani prima di venire al nocciolo.
Mentre gli altri «parlavano», Bernard seguiva il discorso parola per parola, cercando di farsi un quadro dei Norglani come popolazione, che potesse servire in futuro per ulteriori negoziati. Erano una razza stratificata, questo era certo: le diversità di colore non erano semplici differenze di pigmentazione. I «verdi» erano più tarchiati, più bassi, ed evidentemente poco dotati intellettualmente: erano operai nati, addetti ai lavori pesanti. Gli «azzurri» erano più intelligenti, buoni organizzatori, esseri dai riflessi mentali veloci… ma mancavano di autorità, di decisione, della personalità che caratterizza un vero dirigente. Gli altissimi «violacei» avevano invece le prerogative necessarie per il comando.
Erano loro la crema della razza? Oppure, a loro volta, dipendevano da altri tipi ancora più efficienti? Fino a che punto la stratificazione si estendeva?
Impossibile dirlo: ma era probabile che Skrinri e Vortakel rappresentassero il sommo grado dell’evoluzione norglana. Se ne esistevano altri, ancora più dotati, allora i Norglani dovevano trovarsi ben più in alto dei Terrestri lungo la scala del progresso.
Fuori, stava facendosi notte. L’abbassamento di temperatura era già sensibile. Un vento gelato soffiava attraverso la spianata, e faceva sbattere i teli del tendone. Bernard aveva una fame diabolica. Ma i Norglani non mostravano alcun desiderio di sospendere momentaneamente le trattative per la notte. Quanto a Stone, il politico ora si trovava nel suo elemento, e portava avanti senza posa la sua rete di comunicazioni per potere arrivare ai negoziati veri e propri.
E quel momento si stava avvicinando. Stone tracciava diagrammi sul suolo polveroso sotto la tenda della conferenza. Un punto con un cerchio attorno: la sfera di colonizzazione terrestre. A una distanza di qualche metro, un altro punto, un altro circolo: la sfera norglana.
Oltre quelli, altri punti, niente cerchi. Quelle erano le stelle non ancora colonizzate, le terre sconosciute della galassia, che né i Terrestri né i Norglani avevano ancora raggiunto a quello stadio dell’espansione galattica.
Stone disse gravemente: «La popolazione terrestre sta occupando sempre maggiore spazio. Ci stabiliamo su altri mondi.»
E tracciò altri raggi che partivano dal punto raffigurante la sfera di dominazione terrestre. I raggi raggiungevano la zona neutrale.
«Anche i Norglani occupano sempre più spazio. Voi costruite le vostre colonie, noi le nostre.»
Altri raggi partivano dalla sfera norglana. Trascinando uno stecco sul terreno, Stone estendeva i raggi norglani fino a che alcuni di loro quasi s’incrociavano con quelli terrestri.
«Voi colonizzate qui» disse Stone. «Noi colonizziamo là. Continuiamo ad occupare nuovi mondi. E ben presto succede questo…»
Stone diede la spiegazione graficamente. Allungò due raggi, li incrociò. Lo stesso fece con altri.
«Raggiungiamo lo stesso territorio. Litighiamo per questo o quel pianeta. E sarebbe la guerra tra Terrestri e Norglani. Sarebbe la morte e la distruzione per entrambi.»
Skrinri e Vortakel fissavano il diagramma tracciato al suolo come se fosse la simbologia di qualche rito complesso. Le loro facce scheletriche non lasciavano trasparire i pensieri che passavano nella loro mente. I Terrestri aspettavano, silenziosi, osando appena respirare.
Vortakel disse lentamente: «Non deve essere. Non deve essere guerra tra Terrestri e Norglam.»
«Non deve esserci guerra» ripeté Stone.
Bernard si protese in avanti, con i nervi a fior di pelle come se lui stesso, e non Stone, avesse condotto i negoziati. Nonostante il freddo, nonostante la fame, sentiva uno strano senso di trionfo gonfiargli il petto. I Norglani avevano capito, era stato possibile comunicare. Gli ambasciatori di Norgla si rendevano conto dei gravi pericoli di una guerra. Il conflitto sarebbe stato evitato. I sentieri di espansione dei due imperi avrebbero dirottato da quelle pericolose traiettorie convergenti.
Stone continuò: «Dobbiamo scegliere la via della pace. I condottieri Norglani e quelli Terrestri si incontreranno. Ci divideremo le stelle.» Tacque, assicurandosi che gli ambasciatori comprendessero il senso della parola «dividere». «Tireremo una linea» riprese, sottolineando le parole col tracciare una riga di confine tra le due sfere di dominazione. Rapidamente, cancellò col piede i segmenti di raggi norglani che penetravano nella zona terrestre, e quelli dei raggi terrestri che si estendevano nella zona norglana.
Stone sorrise: «Tutti questi mondi» e fece un gesto verso la sinistra del suo diagramma, «saranno norglani. Nessun terrestre cercherà di occuparli. E da questa parte» e indicò il dominio terrestre, «i norglani non dovranno penetrare. Questi mondi saranno della Terra.»
Aspettò che i Norglani gli dessero una risposta.
Gli esseri violacei ristettero silenziosi, scrutando le linee tracciate sul terriccio. Prendendo quel silenzio come un segno che i due non avessero capito bene il suo discorso, Stone ripeté la proposta.
«Da questa parte, tutti i mondi saranno della Terra. Da questa parte, tutti di Norgla. Capito?»
«Capito» rispose Skrinri lentamente, con solennità.
Il vento faceva sbattere la tenda paurosamente. Alzandosi dalla strana posizione acquattata che aveva mantenuto tanto a lungo senza mostrare di soffrirne, Skrinri si fece avanti e torreggiò sul diagramma tracciato da Stone.
Posando accuratamente uno dei grossi piedoni nudi sulle linee, il norglano cancellò il confine che Stone aveva tracciato per delimitare i due settori proposti. Poi, inginocchiandosi, Skrinri cancellò con le dita tutti i raggi di espansione che Stone aveva fatto partire dalla sfera terrestre.
Un attimo prima che Skrinri parlasse, Martin Bernard già sapeva quello che avrebbe detto il norglano.
Il sociologo aveva l’impressione che una mano gelida l’avesse afferrato alla gola. Il senso di trionfo di qualche istante prima era svanito come una fiammella che viene smorzata.
La voce di Skrinri era tranquilla, senza traccia di malizia. Il norglano fece un gesto ampio con tutt’e due le mani, come se volesse abbracciare l’intero Universo.
«Norgla costruisce colonie. Noi espandere. Voi, Terrestri, avere occupato certi mondi. Potete tenere questi mondi. Noi non portare via. Tutti altri appartenere Norgla. Non dobbiamo dire altro.»
Con calma dignità, i due Norglani si avviarono all’uscita della tenda. Nel silenzio sbalordito che seguì, il vento metteva una strana nota di irrisione.
Tutti altri mondi appartenere Norgla. Allibiti, i nove Terrestri si fissarono l’un l’altro. Questo, nessuno se l’era aspettato.
«È un bluff!» disse aspramente Dominici. «Limitarci ai possedimenti che abbiamo ora? Ma non possono fare sul serio!»
«Forse possono» ribatté tranquillamente Havig. «Forse questa è la fine del nostro bel sogno di colonizzazione galattica. Forse questo è un bene e non lo sappiamo. Andiamocene. Per oggi, non concluderemo più niente.»