«Dove?» chiese Stone.
«Tutto quello che posso dirvi è pura deduzione; ipotesi campata in aria. Pensiamo di essere emersi dall’iperspazio su per giù nella regione della Nuvola Maggiore Magellanica. Hernandez è di là che fa osservazioni e rilievi. Abbiamo individuato una stella che ci sembra quasi certamente la S Doradus, e in questo caso la nostra ipotesi sarebbe esatta.»
«Perciò non siamo poi tanto distanti da casa» disse Dominici con una risatina isterica. «Solo nella galassia accanto, in fondo. Cosa sono cinquantamila parsec, eh?»
«Sapendo dove siamo» disse Stone, «dovrebbe essere possibile ritrovare la strada di casa?»
«Non è detto» rispose Laurance. «Il viaggio nel nonspazio non segue alcuno schema logico. Non c’è correlazione tra tempo e distanza, e nessuna possibilità di stabilire la direzione. Si viaggia alla cieca. In teoria si potrebbe lanciare una nave sperimentale telecomandata, e scoprire dove emerge seguendo la sua rotta con gli strumenti di bordo. Qualora la nave sperimentale emergesse in un punto dell’Universo conosciuto, noi saremmo in grado di duplicare la rotta e quindi di raggiungerla. Purtroppo, noi qui non abbiamo astronavi sperimentali da mandare in avanscoperta. La nostra unica speranza di tornare a casa si affida a calcoli che possono essere anche sbagliati, e bisogna essere preparati al fatto che il nostro prossimo punto di emersione può essere tanto Andromeda quanto la nostra galassia.»
«Ma se non altro avremo provato, vi pare?» disse Bernard.
«Già. Solo che non so se è prudente farlo. Ora come ora, ci troviamo in una galassia molto simile alla nostra. Potrebbe essere più saggio scegliere un pianeta di tipo Terra e stabilirci là, piuttosto che balzellare alla cieca per lo spazio e l’ipersapzio, magari perdendoci tra le galassie e morendo di fame lungo la strada.»
«Meglio morire di fame nel tentativo di raggiungere casa nostra» obbiettò Havig, rompendo il silenzio, «che arenarci su un mondo sconosciuto.»
«Forse avete ragione voi» ammise Laurance. «Però dovremo calcolare tutto accuratamente prima di ulteriori tentativi. A bordo abbiamo riserve di cibo per tre mesi. Questo ci dà tempo sufficiente per calcolare e perlustrare. Alla disperata potremo sempre riparare su un pianeta sconosciuto del tipo-Terra. Secondo me…»
Nakamura entrò a precipizio nella cabina. Sottovoce disse a Laurance: «Comandante, puoi venire un momento a prua? Vorrei mostrarti qualcosa.»
«Vengo subito. Vogliate scusarmi, signori.»
I due ufficiali uscirono insieme. Nella cabina seguì un lungo silenzio.
Bernard fissò lo schermo. Una vista che mozzava il respiro: una sconfinata distesa di stelle, una galassia che nessun occhio umano aveva mai visto prima di allora. Enormi astri dalla luce bianco-azzurra e stelline fioche, rossastre, punteggiavano il campo visivo. E giù, nella parte inferiore dello schermo, era sospesa una piccola e abbagliante nuvola bianca, una specie di matassa con due braccia rotanti alle due estremità. Bernard capì che quella era la sua galassia. La Via Lattea. In qualche punto di quell’immensa macchia di luce, c’era il Sole, la Terra e le migliaia di mondi che costituivano l’impero terrestre. Là in mezzo, c’erano anche mondi norglani, e infine altrettanti milioni di mondi disabitati e inesplorati. I due imperi rivali, e forse tutta la vita intelligente dell’Universo, erano là, in quel piccolo insignificante blocco luminoso, non più grande del pugno d’un uomo.
Bernard trattenne il respiro. È allucinante, pensò, contemplare la propria galassia da una distanza di cinquantamila parsec. La prospettiva cambia radicalmente. I valori cambiano. L’Uomo con tutte le sue ambizioni rimpicciolisce drasticamente e quasi si annulla di fronte all’immensità di uno, due… infiniti Universi. Da questa distanza assurda, inconcepibile, nessuna stella della nostra galassia può essere individuata a occhio nudo. E tuttavia, in quella insignificante massa stellare che s’intravvede lì, nell’angolo dello schermo, quanti progetti grandiosi per la conquista dell’Universo sono nati e nascono ogni nuovo giorno?
La risata amara di Stone interruppe i pensieri di Bernard. «Che cos’è peggio?» chiese Stone. «Smarrirsi qua fuori, a cinquantamila parsec da casa, o tornare sulla Terra con l’ultimatum dei Norglani? Tutto sommato, io preferirei aggirarmi in quest’immensità piuttosto che passare alla storia come degli ambasciatori dell’ultima catarsi terrestre.»
«Io no, invece» disse Dominici senza esitare. «Già, noi due non siamo nella stessa barca. Se torneremo sulla Terra, io sopravviverò di certo alla collera del Tecnarca, e chi sa che non sia tanto fortunato da sopravvivere anche alla guerra con i Norglani. O, altrimenti, potrei sempre sperare in una morte rapida. No, mio caro, non ci tengo affatto a smarrirmi qua fuori. Restare in eterno negli spazi, sul limitare del nulla, in nove Adami e nemmeno una Eva? Eh, no! Non fa per me, amici.»
Bernard, ignorando la discussione continuava a fissare il cielo sconosciuto attraverso lo schermo televisivo.
Pochi giorni prima, diecimila anni-luce gli erano sembrati una distanza quasi assurda. Una distanza raccapricciante, inconcepibile. In realtà non lo era affatto. Basta vedere le cose nella loro vera prospettiva. La Terra e Norgla sono praticamente vicine di casa, se il punto di osservazione si sposta a cinquantamila parsec. Spesso, col crescere della distanza, cresce anche il senso della relatività di ogni cosa. Bernard sorrise ironicamente.
E pensare che noi e i Norglani siamo già convinti di poterci dividere tutto l’Universo. Che arroganza cosmica, che idiozia! Che diritto abbiamo noi, nella nostra piccola insignificante galassia, di avanzare pretese su tutta questa immensità sconfinata?
«E voi che ne dite, Bernard?» chiese Dominici. «Non avete quasi aperto bocca. Che pensate dell’idea di Stone? Preferireste smarrirvi in eterno tra queste galassie sconosciute o essere l’ambasciatore della brutta notizia?»
«Be’, francamente preferirei tornare a casa» rispose Bernard. «Penso di esserne certo. Sento la mancanza dei miei libri, della mia musica… perfino dei miei studenti.»
«Non avete famiglia?» chiese Dominici.
«No, per la verità.» Bernard si adagiò contro lo schienale. «Due matrimoni, e tutt’e due falliti. Ho anche un figlio da qualche parte, avuto dalla mia prima moglie. Si chiama David Martin Bernard, e non lo vedo da quindici anni. Credo che non porti nemmeno il nome di suo padre. Gli hanno fatto credere di essere figlio di un altro. Se lo incontrassi per strada, non mi riconoscerebbe, nemmeno sentendo il mio nome.»
«Oh!» Il biofisico era imbarazzato. «Senza volerlo vi ho rattristato con questi ricordi. Scusatemi.»
Bernard si strinse nelle spalle. «No, non vi scusate. Non si tratta di una ferita interna, o di qualcosa di simile. Semplicemente, non ero tagliato per avere una famìglia. Sono incapace di mantenere rapporti umani veri, forse solo come insegnante. Più che altro, mi dispiace di non essermene accorto in tempo, questo sì.» Bernard si chiese perché mai stesse raccontando tutti i fatti suoi. «Invece, solo dopo la rottura del secondo matrimonio, mi resi conto che non avevo il temperamento adatto del marito, che ero uno scapolo nato. E così, allo stato attuale, non ho legami familiari sulla Terra. E comunque vorrei tornarvi.»
«Credo che sia così per tutti» disse Stone. «Anch’io, prima, non dicevo sul serio. Era solo un paradosso, il mio.»
«Una volta ero sposato anch’io» raccontò Dominici, a nessuno in particolare. «Lei era una tecnica di laboratorio, aveva i capelli biondi. Andammo in luna di miele a Farraville, su Arcturus X. Poi, lei morì, dieci anni fa.»
E naturalmente, tu non sei riuscito a consolarti pensò Bernard, vedendo un’improvvisa angoscia dipingersi sul volto di Dominici.
Il sociologo si sentiva a disagio. Fino a quel momento, tra i quattro uomini c’era stata molta riservatezza. Ora, invece, le confidenze venivano spontanee, quasi come un sollievo all’immane tensione. Però, continuando di quel passo, se ognuno avesse preteso di esporre la propria autobiografia a base di delusioni, di amori perduti, di dolori patiti, ben presto la situazione si sarebbe fatta intollerabile. Tutti avrebbero voluto parlare di sé, e gli altri avrebbero dovuto aspettare che venisse il loro turno. E Bernard sapeva che la colpa sarebbe stata sua, per aver toccato per primo il tasto delle rivelazioni.