La voce di Vortakel tacque improvvisamente. Lui e Skrinri, durante quello scoppio di collera, erano stati sollevati dal suolo. Ora stavano sospesi, a più di un metro da terra, e scalciavano furenti per la rabbia e l’avvilimento. Involontariamente i Terrestri risero… ma la risata si spense ben presto, tra la mortificazione generale. Bernard provò un senso di vergogna per avere riso. Due creature intelligenti erano state umiliate dinanzi ai loro occhi, spiriti orgogliosi erano stati domati e resi ridicoli. Per quanto la scena fosse grottesca, nessun terrestre aveva diritto di riderne. Tra poco potremmo esserci noi sospesi a mezz’aria pensò tristemente Bernard, mentre osservava i due Norglani che si dimenavano indignati.
«Metteteci giù!» urlò Skrinri.
«Su, mostrateci la vostra forza ora, uomini dell’imperiale Norgla» fu la secca risposta del rosgollano che parlava a nome degli altri. Senza scomporsi, gli esseri superiori mettevano in atto la loro sfida. «Non vi piace la levitazione, Norglani? Non la tollerate? Benissimo, allora. Costringeteci a rimettervi a terra.»
Braccia violacee dalle doppie giunture si agitarono pazzamente nell’aria. I Norglani salivano, in modo lento ma inesorabile, mentre i Terrestri osservavano in un silenzio assoluto. Ora Skrinri e Vortakel erano sollevati dal suolo di due o tre metri, e guardavano giù furiosi… e impotenti.
«Metteteci… giù!» grugnì Skrinri.
«Benissimo.»
I Norglani tornarono giù di colpo. Colti alla sprovvista, toccarono terra in un mucchio scomposto e poco dignitoso, e rimasero un attimo al suolo, aggrappati al terreno, quasi volessero essere assolutamente certi di non essere più sottoposti al controllo della volontà rosgollana. Quando i due ambasciatori si alzarono, lo fecero lentamente, a capo chino, e senza osare di guardare i Terrestri.
Seguì un lungo istante di silenzio.
Poi il rosgollano riprese: «Vi abbiamo trasportato qui dal vostro pianeta, e vi abbiamo dimostrato fino a che punto può arrivare in effetti la vostra forza. Rispondeteci, ora, uomini dell’imperiale Norgla. Proclamate ancora che l’Universo è vostro?»
I Norglani non risposero.
La voce del rosgollano continuò, pacata eppure carica di monumentale maestà: «E là ci sono i Terrestri, creature meno sicure di se stesse di voi Norglani, ma altrettanto orgogliose, altrettante arroganti. Voi, Terrestri, sappiamo che vorreste dividere l’Universo con quelli di Norgla. Ma siete certi che sia in vostra facoltà, che sia vostro diritto proporre una divisione del genere?»
Per lungo tempo, nessuno dei Terrestri osò dare una risposta. Era inutile tirare in ballo la propria forza, di fronte a esseri dotati di poteri che esulavano dalla comprensione umana. Scuotere il pugno contro un turbine di vento e una dimostrazione di debolezza non di forza.
Eppure, qualcosa bisognava pure rispondere.
Bisognava pure addurre qualche giustificazione.
Non sono io il portavoce della spedizione pensò Martin Bernard. Non sono obbligato a parlare. Chi me lo fa fare di prendermi questa responsabilità?
Ma quel silenzio, se ne rendeva conto, era intollerabile, e se nessun altro si decideva a parlare doveva farlo lui. Qualcuno doveva pure insorgere in difesa della Terra e delle pretese della Terra, visto che ormai quel raduno si stava trasformando in un vero e proprio processo.
Bernard fece un passo avanti con aria impacciata, mettendosi tra il suo gruppo e i Norglani, e guardando nella direzione in cui gli pareva si trovasse il rosgollano.
«Noi non abbiamo agito per orgoglio» esordì tranquillamente Bernard. «Le nostre azioni sono dettate da motivi che non hanno bisogno di giustificazioni. Siamo una razza in continuo aumento, abbiamo bisogno di spazio per espanderci. I Norglani, come noi, hanno bisogno di nuovo spazio. Noi speravamo solo di raggiungere un accordo per evitare un conflitto d’interessi e quindi una guerra.»
«Avete avanzato pretese su metà dell’Universo» disse la voce accusatrice del rosgollano. «Dove sarebbe la vostra umiltà, il vostro senso della misura?»
Bernard mantenne il suo punto di vista. «Sentiva» il silenzioso incoraggiamento degli altri Terrestri. «Abbiamo avanzato pretese su mezzo Universo, d’accordo» disse. «L’abbiamo fatto credendo in buona fede che l’Universo appartenesse esclusivamente ai Terrestri e ai Norglani. Questo forse il nostro orgoglio e il nostro errore, nato da questa cieca convinzione. Sì, eravamo nell’errore, in un tragico errore. Nell’Universo, nel nostro come negli altri, ci sono altre razze, ora lo sappiamo, e di tutte noi siamo forse la più giovane, e quindi la più avventata, e per questa giovanile avventatezza chiediamo la vostra indulgenza. Tuttavia, avanziamo ancora il diritto di espanderci. Il diritto di colonizzare pianeti ancora disabitati.»
Pensava di aver segnato un punto in favore dei Terrestri. Invece, sentì ondate di risa ironiche passare attraverso il cerchio dei Rosgollani. Arrossì fino alle orecchie, e si rese conto che quella sua affermazione di giusti diritti era suonata alle loro orecchie come un piagnisteo supplichevole.
«I Terrestri riducono le loro pretese» commentò il portavoce rosgollano con voce sardonica. «Invece di mezzo Universo, ora si accontenterebbero di una metà dei pianeti disabitati. Hanno fatto una grande concessione a quanto pare. È apprezzabile il loro lodevole desiderio di mostrarsi ragionevoli. Che ne dite voi, orgogliosi rappresentanti dell’imperiale Norgla? Parlate a nome del vostro popolo, date la vostra risposta. Siete disposti voi pure a ridurre le vostre pretese?»
I Norglani presero tempo prima di rispondere. Ormai si erano adeguati alla stranezza della situazione, e perciò conferirono a lungo tra loro prima che Vortakel rispondesse lentamente: «Ci avete dimostrato che, forse, non siamo noi… almeno non ancora, il popolo più potente dell’Universo. Ragione per cui, dobbiamo rassegnarci.»
Bene, bene pensò Bernard. Direi che ti è costato un bello sforzo, vecchio mio. Sei stato grande. Hai confessato che non sai che pesci pigliare. E ti secca molto! È evidente.
Alla dichiarazione norglana seguì un lungo istante di penoso silenzio. Nessuno parlava, nessuno reagiva. I due ambasciatori si tenevano l’uno accanto all’altro, a capo chino, mentre i Terrestri si stringevano in gruppo compatto a qualche metro di distanza e il cerchio di Rosgollani riuniti rimaneva attorno a loro, in una presenza più sensibile che visibile.
Poi quell’immobilità si ruppe.
«Un momento!» disse Laurance all’improvviso.
«Sì? Qualche recriminazione?»
«Dite piuttosto una protesta» replicò il pilota spaziale, facendosi avanti e mettendosi nel punto dove poco prima si era messo Bernard. Con aria di sfida, Laurance gridò: «Ci avete condotti quassù, chissà come, noi e ora anche i Norglani. Per voi è stato un giochetto da poco agguantarci e trascinarci qui. E adesso state tenendo questa piccola corte speciale. Molto bene. Certo voi disponete di poteri misteriosi che nessuno di noi pretende di avere, e li sfoggiate cavandone tutto il vantaggio possibile. Potete spazzare via le nostre astronavi, naturalmente, passare attraverso i muri e tenere la gente sospesa a mezz’aria. Però adesso rispondetemi: che diritto avete voi d’impicciarvi negli affari della nostra galassia? Chi vi ha autorizzati a considerarvi giudici, si può sapere? Rispondete a questo. È solo il diritto della vostra forza che vi autorizza a trattarci come pupazzi?»
«Noi non vi stiamo giudicando» rispose la voce del rosgollano. «Stiamo solo facendo da intermediari in una lite tra due razze. Due giovani razze, sia bene inteso. Per poter riuscire nel nostro intento, noi dobbiamo portare in campo la nostra autorità, dobbiamo dimostrarvi la nostra forza. È l’unico modo di trattare con i bambini» dichiarò il rosgollano.