«Con chi…?»
«Bambini, sì! La vita è nata tardi nella vostra galassia. Finora, solo due razze intelligenti si sono evolute laggiù, razze energiche, vigorose. Per la prima volta il cammino di queste due razze si è incrociato. Senza la nostra mediazione, ben presto i vostri imperi in espansione sarebbero entrati in conflitto. Per questo ci assumiamo il compito di scongiurare questa guerra, agendo nell’interesse di tutte le razze di tutti gli Universi conosciuti. E tra queste razze, lo ripeto, voi siete le più giovani, le meno potenti e ciononostante le più aggressive. Ragione per cui, saranno tracciati dei limiti per l’impero della Terra, e limiti per l’impero di Norgla. Nessuno di voi dovrà varcare questi confini nella ricerca di nuove colonie. In questo modo la vostra galassia potrà vivere in pace, per l’eternità, in una continuità senza fine.»
15
Tutto era deciso.
Grazie a qualche loro misteriosa magia, i Rosgollani avevano evocato, là in mezzo al campo, un modello su scala ridotta della parte dell’Universo che comprendeva la Terra e Norgla.
Il modello fluttuava a mezz’aria, una spirale con due estremità ricurve come serpenti, composta di milioni e milioni di particelle luminose. Il modellino, che nella sua bianca leggiadria era di una bellezza da mozzare il fiato, sembrava autentico mentre stava là sospeso, scintillante di gelidi bagliori.
All’improvviso, sorgendo dal nulla entro il modellino galattico, una linea di luce verde circondò una sfera del diametro di circa trenta centimetri, una luminescente sezione di spazio entro la lente appiattita, larga circa tre metri, che costituiva il modellino.
«Questa è la sfera di dominio terrestre» li informò una voce rosgollana.
Un istante dopo una seconda sfera spiccò entro il modellino, stavolta rossa, più o meno della stessa misura.
«E questa è la sfera di dominio norglano» fu l’avvertimento dei rosgollani.
Norglani e Terrestri fissavano il modello, e i due insignificanti imperi stellari delimitati all’interno di esso. Aspettavano, sapendo già quello che sarebbe successo di lì a poco.
Una linea di accecante luce violetta partì infatti a zig-zag attraverso il modellino, dividendolo dall’orlo al centro, passando attraverso i fitti gruppi di stelle per dividere la galassia in due rozzi segmenti, perfettamente uguali. Ora il modello appariva come un microorganismo nel primo stadio di fissione; il violento riverbero del confine violetto feriva gli occhi di tutti. Bernard guardò altrove, e si accorse che anche gli altri facevano lo stesso.
I colori cominciarono a diffondersi attraverso tutto il modello; la luce verde riempì tutta la metà terrestre, quella rossa si diffuse nella metà norglana. Il portavoce rosgollano riprese: «Questi saranno i confini eterni del vostro dominio. Attraversarli per qualsiasi ragione, sarebbe letale in modo definitivo. Terrestri e Norglani saranno i padroni assoluti del proprio settore, ma non dovranno mai uscirne.»
«Noi… noi non abbiamo alcuna autorità per accettare un accordo senza prima informare il nostro governo dei patti concordati» protestò Stone balbettando. «Sinceramente, ci manca il potere di…»
«Gli accordi conclusi qui non vanno discussi» replicò il rosgollano. «Non perdiamo di vista i fatti. Il consenso ufficiale delle autorità non è affatto necessario. Questo non è un trattato al quale si sia giunti dopo negoziati: questa è un’imposizione dall’esterno. La situazione è chiara. Rispetterete la linea stabilita di confine. Non avete altra alternativa.»
Adesso non ci sono più dubbi pensò Bernard. I trattati vengono concordati tra poteri uguali. Questo dei Rosgollani non è un trattato, è qualcosa di completamente diverso. È un ordine perentorio.
I Norglani, logicamente sembravano piuttosto soddisfatti da quella intimazione. Skrinri dichiarò: «Voi… ci ordinate di obbedire alla vostra decisione?»
«Sì. Ve l’ordiniamo. Questi sono i confini. Vi manterrete all’interno di essi senza farvi guerra gli uni contro gli altri. Ve lo comandiamo nel nome dell’armonia galattica. Non tollereremo disubbidienze. Siamo stati chiari?»
Undici figure fissarono attonite il modello e le aeree creature che l’avevano costruito. Nessuno parlò: né i Norglani, né i Terrestri. Parecchi secondi passarono nel più assoluto silenzio, senza che ci fosse risposta.
«Intesi?» chiese il rosgollano, in tono piuttosto aspro.
Qualcuno doveva pur parlare, ammettere ciò che ciascuno in cuor suo già accettava come ineluttabile. Martin Bernard si strinse nelle spalle e dichiarò tranquillamente: «Sì. Abbiamo compreso la situazione.»
«E quelli di Norgla?»
«Compreso» disse Skrinri, imitando non solo la risposta di Bernard, ma perfino il tono rassegnato.
«E così, è deciso.»
Il modello con i confini segnati si dissolse.
«Sarete riportati sui vostri pianeti. Là informerete i capi dei rispettivi governi dell’esistenza di questi confini che noi abbiamo tracciato. Avvertirete questi governi che ogni trasgressione avrà per effetto una punizione immediata.»
Tutto era compiuto.
Irrevocabilmente?
Indiscutibilmente?
Una luce fosforescente avvolse le due tozze figure degli ambasciatori Norglani e immediatamente Skrinri e Vortakel sbiadirono e scomparvero. Un attimo dopo, la maggior parte dei Rosgollani era stata trasportata altrove con lo stesso sistema.
Ancora una frazione di secondo, poi i Terrestri sentirono che un’ondata di calore li sommergeva, e senza alcuna sensazione di movimento, si ritrovarono nuovamente accanto alla loro astronave.
Nel silenzio si udì una voce rosgollana che ordinava gentilmente: «Entrate nella vostra astronave. Vi riporteremo nella galassia alla quale appartenete.»
Bernard alzò gli occhi per un attimo, e incontrò lo sguardo di Laurance. Il Comandante sembrava deluso, sconcertato, umiliato. Laurance guardò subito altrove. Bernard non osò guardare nessun altro. L’intero gruppo di Terrestri, silenzioso, vergognoso, si arrampicò sull’astronave in attesa.
Peterszoon, l’ultimo a salire a bordo, attivò i comandi dei portelli, chiudendo a tenuta stagna quello principale. Si udì un leggero sibilo mentre gli equilibratori di pressione entravano in azione. Laurance e il resto dell’equipaggio si avviarono in fila indiana verso la loro cabina di prua. Bernard, Havig, Stone e Dominici si avviarono stancamente verso poppa, nella cabina passeggeri.
Nessuno parlò.
I quattro diplomatici si sistemarono sulle cuccette antiaccelerazione e aspettarono incerti, ciascuno evitando accuratamente lo sguardo dei compagni. Un senso di generale umiliazione, deprimeva i loro spiriti.
L’astronave decollò quasi immediatamente, senza che nessuno provasse la minima sensazione. Lo scafo venne semplicemente staccato dal suolo e fatto fluttuare verso lo spazio, come se la velocità di decollo sul pianeta di Rosgolla fosse zero, e i concetti inerzia e massa, parole altrettanto prive di significato.
Fu Stone quello che decise di rompere il silenzio opprimente, mentre l’astronave guadagnava quota.
«È andata così» mormorò amareggiato, fissando la parete. «Avremo una bella storia da raccontare al nostro ritorno! Farà sensazione, eh? Gli audaci Terrestri s’imbattono non in una razza estranea, ma in due, e la seconda li prende a calci ancora più forti che la prima. Certo che in questa simpatica conferenza siamo arrivati terzi su tre, vero?»
Dominici scosse la testa. Non era d’accordo. «Be’, non direi che c’è andata così male.»
«No?» disse Stone meravigliato.
«Neanche un po’» sostenne Dominici. «Direi che, tutto sommato, i Norglani ne sono usciti più spennati di noi. Non dimenticate che i Norglani pretendevano l’intero Universo salvo la nostra piccola sfera di dominio… prima che entrassero in campo i Rosgollani. E adesso anche loro devono accontentarsi di un misero cinquanta per cento della comune galassia: niente più.»