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«Ebbene?» chiese Stone immediatamente. «Come ha preso la notizia? Parlate, Bernard.»

Il sociologo alzò le spalle. «Malissimo.»

Quella parola esauriente fece il suo effetto.

«Gli avete detto tutto?» volle sapere Dominici.

«Tutto» rispose Bernard. «Non ho cercato di mitigare i fatti. Gli leggevo sulla faccia quello che provava mentre parlavo. Voleva vedere l’umanità affermarsi negli spazi remoti; voleva vederla installare colonie su Andromeda mentre lui era ancora Tecnarca. Temo invece che dovrà rinunciare ai suoi sogni. Quantomeno ridimensionarli.» Bernard ebbe un pallido sorriso. «Mi fa molta pena. Quell’uomo è un monolite. Credo che non riuscirà ad adattarsi alla nuova situazione.»

«Non sottovalutatelo, Bernard» disse Stone. «McKenzie è un grand’uomo.»

«Grande, sì, ma questa grandezza potrebbe distruggerlo… E spero proprio che questo non avvenga» concluse Bernard. «Può darsi che abbia la forza di superare la crisi. Però, non sarà mai più lo stesso di prima.»

Naylor, il segretario del Tecnarca, uscì lentamente nell’anticamera, con faccia professionalmente inespressiva. Bernard si chiese come avrebbe reagito Naylor se avesse visto il suo capo prima, quando era totalmente prostrato, sconfitto. Forse sarebbe crollato anche lui.

«Signori» disse Naylor «è terminata la vostra udienza col Tecnarca?»

«Sì, è terminata» rispose Bernard. «E il Tecnarca mi ha pregato di trasmettervi un messaggio.»

«Dite pure.»

«Ha detto che non vuole vedere più nessuno per tutto il resto della giornata.»

«Sì, signore. Benissimo, signore.» Naylor si stampò bene in mente l’ordine e passò ad altro. «Devo prendere disposizioni per il vostro viaggio di ritorno verso casa?»

«Sì, grazie.»

Mentre Naylor si affaccendava attorno alle coordinate del transmat, Bernard si congedò dagli uomini coi quali aveva vissuto l’ingrata avventura negli spazi. Stone: ormai una figura scialba, desolata, la cui vita era scossa alla base quanto quella del Tecnarca. Domicini: battagliero come sempre, impassibile, almeno esternamente, nonostante l’esperienza vissuta. Havig: austero, introspettivo, pio, ma se non altro non più così disperatamente solo.

Sono tutti uomini, pensò Bernard.

Era contento di averli conosciuti. Ma ormai, era giunto il momento di separarsi. «Dottor Bernard, siete pronto?» chiese Naylor.

«Addio» disse Bernard.

«Il Signore vi accompagni sempre» gli gridò dietro Havig.

Bernard sorrise ed entrò nel campo transmat, emergendo immediatamente nel proprio appartamento di Londra, a ottomila chilometri di distanza. Tutto era ancora come l’aveva lasciato. Perfino l’aria era fresca: non c’era odore di chiuso. Tutto in ordine: i libri, la pipa, la musica, il brandy… tutto in attesa che lui tornasse per immergersi nella comoda vita di tutti i giorni, riprendendola dal punto in cui l’aveva lasciata.

Ma non sarà mai più la stessa, pensò Bernard. Mai più, per nessuno di noi.

Andò alla finestra, e fissò lo sguardo nella serata londinese. Le stelle brillavano lontanissime in mezzo alle tenebre velate da una leggera foschia.

Mai più la stessa cosa!

Eppure, nei recessi della sua anima, Bernard sentì che tutto sarebbe andato per il meglio. Sicuramente né lui, né l’infelice Tecnarca, né alcun uomo che oggi camminava sulla Terra avrebbe potuto vedere quel momento. Ma quel giorno sarebbe arrivato e l’Uomo avrebbe finalmente preso il posto che gli competeva tra le stelle.

FINE