Vinta dalla disperazione, non si accorse che lentamente gli occhi di Sennar si aprivano. Quando volse il suo sguardo su di lui, il mago abbozzò un debole sorriso.
«Sei un po’ in ritardo» disse con voce flebile.
6
Gelo
La sera, mentre mangiavano, Nihal fu insolitamente parca di parole. Sennar fu stupito da una simile freddezza nei suoi riguardi, tutto il contrario del calore che aveva dimostrato nel santuario. Non ci mise troppo a immaginare il motivo di quel malumore. Le aveva raccontato una menzogna e presto ne avrebbe pagato il prezzo.
Il giorno seguente si svegliarono all’alba. Il colore roseo del sole che illuminava pigro l’oriente mise Sennar di buonumore. Nihal, però, ruppe subito l’idillio; buttò giù dal letto Laio e intimò a tutti di sbrigarsi, perché si ripartiva.
Il viaggio riprese. Si diressero a sud; sarebbero andati nella Terra del Sole passando per la Foresta Interna.
L’impressione che Sennar aveva avuto la sera dopo il suo ritrovamento fu confermata nei giorni seguenti. Nihal si mostrò fredda e scostante, e quasi non gli rivolse la parola per tutta la durata del tragitto. Di giorno volavano in assoluto silenzio, la sera si accampavano per mangiare e guardavano il fuoco muti come pesci.
Il quarto giorno, Sennar decise di parlare. Quella tensione era insopportabile.
Colse l’occasione del cambio di guardia. Era notte fonda e il turno di Nihal volgeva al termine.
Sennar si era svegliato un po’ prima per prepararsi il discorso da fare. Quando fu l’ora, Nihal si limitò a toccarlo sulla spalla. Sennar si voltò subito verso di lei. «Cosa c’è che non va?» Non appena lo ebbe detto, si diede dello stupido. Era davvero valsa la pena di lambiccarsi il cervello, per poi iniziare la conversazione in quel modo idiota?
«Secondo te?»
Sennar abbassò lo sguardo. «L’ho fatto per te...» Perfetto... Un’altra frase da manuale...
«Non te l’ho mai chiesto.»
«Ho rischiato il meno possibile, te lo giuro. Ho preso tutte le precauzioni... Non sono un incosciente, lo sai.»
«Smettila di mentirmi!» urlò Nihal. «Tutta quella storia sul fatto che esisteva una formula in grado di sigillare il potere dell’amuleto... E hai coinvolto anche Megisto!»
«Che cosa avrei dovuto fare? Stavi male e non volevi fermarti. Non avevo altra scelta.» La pazienza di Sennar iniziava a venir meno.
«Possibile che tu non ti renda conto?» Nihal scattò in piedi. «Hai idea di come mi sarei sentita se tu fossi morto? Ne hai almeno una vaga idea?»
Sennar rimase a bocca aperta; la rabbia che aveva provato poco prima gli era morta in gola.
Nihal si voltò. «Non voglio altri morti sulla coscienza!»
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Sennar non avrebbe saputo dire che cosa si aspettava da Nihal al suo ritorno. Forse un grazie, ma certo non quelle parole fredde e ostili. «Non temere, lungi da me volerti appesantire la coscienza inutilmente. Credevo di poterti essere utile, ma a quanto pare continui a considerarmi un peso. Puoi stare tranquilla: a differenza di qualcuno che conosco, non ho alcuna fretta di morire.»
Lo schiaffo che Nihal diede a Sennar risuonò nel silenzio del bosco.
Il mago restò al suo posto, stupito, mentre davanti a lui Nihal cercava di trattenere il pianto. Solo allora capì l’enormità di quanto le aveva detto. Ma non ebbe il tempo di scusarsi, perché lei si voltò e si distese nel suo giaciglio.
Il mattino seguente, mentre i suoi compagni di viaggio ancora dormivano, Nihal si apprestò a interrogare il talismano. Dopo la discussione con Sennar, la ragazza aveva trascorso una notte insonne.
Chiuse gli occhi e vide qualcosa di molto luminoso, che risplendeva come mille soli. Doveva essere il santuario. Poi scorse un’alba, il sole che si alzava fra i monti. Le sembrava di contemplare quel panorama da un tetto, un’immensa spianata circondata da alte vette. Un pianoro, dunque. Infine, una direzione: a est. Riaprì gli occhi.
Poco più tardi si rifocillarono in fretta e salirono in groppa a Oarf, diretti all’ultima meta del loro viaggio in territorio amico. Dopo quel santuario, sarebbe arrivata la parte più difficile.
In sei giorni di volo giunsero a Makrat. Laio aveva insistito per fermarsi nella capitale della Terra del Sole e rivedere l’Accademia, dove lui e Nihal si erano conosciuti. L’idea di un letto fresco e pulito nel quale riposarsi, del resto, allettava tutti. Così trovarono una locanda fuori mano e decisero di sostare lì per una notte.
Al calar del sole, Nihal uscì a fare un giro per la città. Si immerse nel caos di Makrat e vide che ben poco era cambiato dai tempi dell’Accademia. Ritrovò il caos, la gente indaffarata, la ressa dei profughi appena fuori dalle porte della città, in una selva di tende ammassate contro le mura. Era questo che Nihal odiava di quel posto, l’opulenza sposata alla miseria più nera, quell’allegria ostentata in modo sfacciato, lo splendore dei gioielli delle donne in giro per le strade. Era un luogo di ignoranza e spocchia, un posto che negava il dolore, quando lei, invece, era sempre stata triste fra quelle mura.
Si avvicinò all’Accademia, ma non andò fin sotto le sue porte; non voleva correre il rischio di incontrare Raven, il Supremo Generale che l’aveva sempre ostacolata. La vista di quella costruzione massiccia, però, non fu insopportabile quanto aveva temuto. Sperò quasi di incrociare Parsel, il suo maestro, colui che per primo aveva creduto in lei, e Malerba, quell’essere deforme con cui aveva tanto in comune.
Alla fine, i piedi la condussero al parapetto dove spesso si rifugiava, quello dal quale la vista della Rocca era più minacciosa. Si sedette e si immerse nei suoi pensieri.
«Ti disturbo?»
Nihal sobbalzò. Quando vide che la persona alle sue spalle era Sennar, assunse subito un atteggiamento sostenuto.
Il mago si sedette e la guardò per un po’, prima di parlare. «Ero sicuro di trovarti qui» disse alla fine.
La mezzelfo non gli rispose e continuò a fissare la sagoma scura della Rocca.
«Scusami per l’altro giorno» aggiunse Sennar. «Ti ho detto una cosa stupida e cattiva. Non la pensavo davvero.»
«Non ti devi scusare, quello che hai detto è vero. Sono stata sciocca e insopportabile da quando è iniziato questo maledetto viaggio. Mi spiace.» Tornò a guardare dal parapetto. «Forse speravo davvero di non portare a termine questa missione, forse per questo non volevo fermarmi. Non è che abbia paura, capisci?» Sennar assentì. «È solo che mi sembra di non avere avuto scelta. E l’idea che questo sia il mio destino mi terrorizza.» Lo guardò negli occhi.
«Io credo che questo sia il tuo destino, in un certo senso» ribatté lui. «Ma penso anche che il tuo destino non si esaurisca in questa missione. È vero, partire non è stata proprio una tua scelta. Però non c’è solo questo viaggio nella tua vita. Quando tutto sarà finito, avrai davanti a te nuove strade. Nessuno potrà obbligarti a scegliere, solo tu saprai cosa fare. Questo viaggio non è che una tappa.»
«Forse hai ragione» disse Nihal. «Ma sento che da questa missione non dipendono soltanto le sorti del Mondo Emerso, c’è qualcos’altro che devo ancora scoprire, e non so neppure dove cercarlo.» Nihal sospirò. «In passato sono sempre venuta qui per ritrovare lo scopo della mia vita, l’odio per il Tiranno.» Indicò la sagoma scura e inquietante della Rocca. «Adesso invece è diverso. Continuo a odiare il Tiranno, certo, ma non so più che cosa devo fare, sento che non è in quell’odio che è racchiuso il fine ultimo. Ma allora, qual è il fine ultimo?» chiese scoraggiata, mentre si voltava a guardare Sennar.
Il mago non le rispose e restarono in silenzio, a osservare la dimora del Tiranno che incombeva su di loro.
«Una cosa però la so» mormorò Nihal dopo qualche istante. «Quello che hai detto in Consiglio è vero. Senza di te non ce la posso fare.»
Sennar le sorrise, la cinse con le braccia e la strinse a sé. Dopo un po’ Nihal si liberò e gli restituì un sorriso. Al buio, presero insieme la via della locanda.