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«Non finisce qui, codardo!» urlò il suo nemico.

Ido si fece curare di malavoglia. Era furioso, aveva già fatto una scenata a Mavern.

«Che diamine ti sei messo in testa di intervenire?» gli aveva detto tra un rantolo e l’altro, quando la battaglia era terminata.

«Se non ti fosse chiaro, ti ho salvato la vita» aveva risposto il generale.

«Me la stavo cavando egregiamente da solo!»

«A giudicare dallo squarcio che hai sul petto, non si direbbe.»

«Non dovevi intrometterti e basta!»

Mavern non aveva voluto continuare la discussione. «È ovvio che non sai neppure quello che dici.»

Ido quindi era rimasto solo con il mago che lo curava. Aveva un brutto taglio, ma la ferita non era profonda.

Lo gnomo era furioso con se stesso. Si era comportato come un idiota. Quarant’anni passati a combattere e mai, mai, aveva portato avanti un duello in modo tanto vergognoso. Si era fatto fregare come un pivello ed era scappato. Non aveva mai girato le spalle al nemico prima di allora.

Proprio io che ho insegnato a Nihal la calma finisco con l’infervorarmi come un soldato semplice.

Ben più della ferita, era la sconfitta che gli bruciava, e quell’ultima parola, lanciata con noncuranza dal suo nemico: "Codardo".

Per qualche giorno Ido dovette rimanere a letto. La ferita si era infettata e il mago a cui lo avevano affidato era stato categorico. Lo aveva confinato nella sua tenda e gli aveva vietato persino la sua unica consolazione, la pipa.

Allo gnomo non rimase altro che rimuginare sull’accaduto e sul suo nemico. Iniziò a esserne ossessionato.

Trovava indegne la gioia e l’eccitazione che aveva provato durante il combattimento, gli ricordavano i tempi oscuri nei quali aveva lottato per il Tiranno. Poi c’erano la vergogna per la sconfitta e il ricordo di quell’insulto urlatogli contro con disprezzo, che ancora gli rimbombava nelle orecchie. E infine il loro primo incontro sul campo di battaglia, la crudeltà con cui quell’uomo aveva trattato Nihal. Tutto si mescolava nella sua mente, si confondeva nel delirio della febbre. Solo nella tenda, Ido era tormentato dal suo passato. Ricordava bene la scelta che aveva fatto, i motivi per cui ora combatteva, ma non poteva smettere di pensare al guerriero scarlatto. Nel vuoto lasciato da Nihal, la battaglia aveva acquistato un nuovo significato.

Quando Ido fu guarito, molti dei fantasmi della convalescenza si dileguarono, ma non la voglia di incontrare di nuovo il Cavaliere di Drago Nero. Per prima cosa, lo gnomo decise che era ora di rendere più efficiente la sua spada. Era stufo di passare la metà del tempo sul campo a trafiggere ombre. Anche con l’incantesimo che i maghi evocavano sulle armi prima della battaglia, erano necessari almeno sei o sette colpi per aver ragione di uno solo dei morti resuscitati dal Tiranno.

Così Ido si prese un giorno di licenza e andò a trovare Soana.

La maga che aveva addestrato Nihal alle arti magiche in quel periodo si trovava nell’accampamento principale della Terra dell’Acqua, dove aiutava la ninfa Theris nel coordinamento delle truppe. Il luogo non era distante e in un’ora Ido lo raggiunse.

La trovò indaffarata e affascinante come sempre. Da quando Fen, l’uomo che amava, era morto, Soana indossava soltanto tuniche nere, che facevano risaltare il suo pallore. Era invecchiata, fra i capelli color ebano c’era qualche filo grigio e una rete di rughe sottili le circondava gli occhi scuri. Però era ancora bellissima.

La maga lo accolse come un vecchio amico. Aveva modi un po’ freddi e alteri, una sorta di alone che la faceva sembrare irraggiungibile, ma Ido apprezzava il distacco che c’era fra loro. Del resto, c’era qualcosa che li univa al di là di ogni divergenza, e quel qualcosa era Nihal.

Parlarono della battaglia e del fronte e Ido le spiegò la situazione.

Quando lo gnomo ebbe terminato, Soana lo guardò pensierosa. «Devi dirmi con precisione a quali scopi ti serve la spada, in modo che possa usare il giusto incantesimo. Non ti bastano le formule che già utilizziamo prima della battaglia?»

Ido sospirò. «Non sono abbastanza efficaci. In ogni caso, i generali del Tiranno non sono guerrieri normali. Hanno armi potenziate da formule oscure ed è con loro che devo vedermela. Ho bisogno di una spada che possa combattere alla pari con le diavolerie del Tiranno.»

Soana si accigliò. «Mi stai chiedendo una magia proibita?»

«Sai bene che non ti domanderei mai una cosa simile.»

«Che cosa ti serve, allora?»

Ido esitò. «Mio fratello aveva una strana armatura, quasi viva; quando veniva colpita si riparava da sola. Cosa si può fare contro una corazza del genere?» Lo gnomo tacque e abbassò lo sguardo. Era la prima volta che parlava di suo fratello da quando era stato giustiziato, dopo che Nihal lo aveva sconfitto.

Soana ci pensò a lungo. «Non sono incantesimi facili da contrastare, soprattutto usando formule permesse.»

A quel punto Ido decise di confessarle come stavano le cose. «Mi serve per vendicarmi di un Cavaliere che mi ha battuto e che ha fatto del male a Nihal.»

«Il Cavaliere scarlatto... Deinoforo» disse cupa Soana.

Ido si limitò ad annuire. Dunque era quello il nome del suo nemico.

«Quanto ti tratterrai qui?» chiese la maga, alzandosi.

«Domani devo ripartire.»

«Lasciami la tua spada e stanotte per pensare.»

Ido trascorse la notte nell’accampamento. L’indomani si svegliò di buon’ora e andò subito da Soana.

La maga era già in piedi. Di fianco a una sedia c’era la spada di Ido. Mandava bagliori azzurri e aveva assunto una strana trasparenza. Lo gnomo si preoccupò, quella spada era la sua vita.

«Non è stato facile» disse Soana. Aveva la voce stanca e gli occhi cerchiati. «Ho dovuto esaurire quasi tutta la mia magia.»

Ido si sentì in colpa. «Non volevo che trascorressi la notte in bianco per colpa mia...»

Soana sorrise. «L’ho fatto con piacere. Mi ha ricordato i bei tempi, quando andavo nella fucina di Livon e passavo ore a consacrare le sue spade.»

Una nube oscurò i suoi occhi, ma Soana era come Ido, controllata e glaciale. Porse allo gnomo la spada e il suo volto affaticato tornò sereno. «Le ho imposto una versione potenziata dell’incantesimo di fuoco che evochiamo sulle armi prima della battaglia. Inoltre ne ho indurito la tempra con un incantesimo di luce, il più potente che conosca. Sono formule particolari, assai vicine a quelle proibite, ma ancora permesse. Ne ho fatto uso pochissime volte.»

Ido chinò il capo mentre prendeva la spada. «Grazie...»

«Questa nuova arma ti permetterà di sconfiggere con facilità i morti e allo stesso tempo ti aiuterà nel caso te la dovessi vedere con armature rafforzate da qualche incantesimo che ha il suo fondamento nel buio. Purtroppo, però, l’ombra si sconfigge solo con un’oscurità ancora più fitta. L’unica cosa che può battere davvero una formula proibita è una magia proibita di potenza superiore.»

«Non temere, il tuo lavoro basterà. Non conta solo la spada, ma anche il braccio che la impugna.»

Soana sorrise, mentre Ido rinfoderava l’arma.

«È tempo che vada» concluse lo gnomo. «Grazie infinite.»

«Questo e altro per un caro amico» disse Soana. «In ogni caso, cerca di non perdere la lucidità.»

Ido assunse un’espressione stupita, ma la commedia non funzionò con Soana.

«Ora sei solo, è facile cadere in balia dell’ossessione per la battaglia. Ma un Cavaliere di Drago, per quanto male possa aver fatto a te o a Nihal, non è che un nemico come tutti gli altri.»

Ido sorrise. «Cercherò di ricordarlo.»

9

Un addio

Nihal, Sennar e Laio si rimisero in viaggio il giorno seguente. Volarono al di sopra delle nubi, passando di cima in cima, per godere del tepore del sole invernale. Solo il terzo giorno scesero sotto le nuvole e dopo altri quattro arrivarono alla pianura.