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La sera prima di giungere alla base dove Nihal aveva completato con Ido il suo addestramento a Cavaliere di Drago, la mezzelfo prese Sennar da parte.

«Resteremo alla base un giorno solo, giusto il tempo di informarci su come varcare il fronte, poi ripartiremo» gli disse.

«Perché tanta fretta?» chiese Sennar.

«Perché Laio sarà convinto che ci tratterremo tre giorni» rispose lei senza guardarlo.

«Non vorrai...»

Nihal si voltò di scatto. «Devo farlo.»

Sennar scosse la testa. «Non riuscirai a lasciarlo lì, lo sai.»

«Non può venire con noi. È troppo pericoloso.»

«Se vuoi un consiglio, ripensaci» le disse Sennar. «Non puoi fargli un affronto del genere.»

Nihal guardò a terra a lungo e il mago capì che era combattuta. «Non ho scelta» disse alla fine. «Hai dimenticato cos’è successo nel santuario?»

«Non essere stupida, poteva capitare a me, o anche a te, se è per questo. Laio ti ha salvato la vita.»

«Laio non è un guerriero e non è un mago. È stato un errore fin dal principio portarlo con noi. Questa è l’ultima occasione che ho per salvargli la vita.»

«Ma...»

«Che ti prende?» lo interruppe brusca Nihal. «Tu e Laio non vi siete mai sopportati. Cosa credi, che non me ne fossi accorta? Perché tutto d’un tratto insisti tanto per portarlo con noi?»

Sennar non trovò le parole per risponderle. La verità era che sapeva che adesso toccava allo scudiero, ma che un giorno Nihal avrebbe potuto fare lo stesso con lui. Restò in silenzio, gli occhi puntati a terra.

«Ormai ho deciso» tagliò corto Nihal.

Per tutto il giorno seguente Sennar evitò lo sguardo dello scudiero. Gli sembrava di avere di fronte un condannato a morte a sua insaputa. Laio, intanto, continuava a rievocare i mesi trascorsi alla base.

«Per quanto resteremo?» chiese dopo avere raccontato un aneddoto, che ruotava intorno a uno dei frequenti scoppi di malumore dello gnomo e agli sbuffi di fumo rivelatori della sua pipa.

«Tre giorni» rispose Nihal, e quelle parole sancirono il destino del giovane scudiero.

L’aria era più tiepida quando arrivarono. Erano partiti da più di due mesi e la primavera non era lontana.

Nihal e Laio ritrovarono la base come l’avevano lasciata, neppure un anno prima: la palizzata attorno all’accampamento, l’ordine spartano delle capanne in legno, la vasta arena.

Molti li riconobbero e li festeggiarono. Con somma sorpresa di Nihal, fra i tanti che accolsero festosamente il suo scudiero c’erano anche parecchie ragazze. Tutto si sarebbe immaginata, tranne che Laio potesse far strage di cuori.

Nihal lasciò il giovane alle sue ammiratrici e andò a fare un giro per la base da sola. Passò innanzi all’alloggio che le era stato assegnato per il mese che aveva trascorso alla base e poi davanti alla casa di Ido. Aveva quasi sperato di incontrare il suo maestro, ma lo gnomo di certo ora si trovava al fronte, nella Terra dell’Acqua, dove la situazione era più critica. Rivide l’arena dove aveva conosciuto Oarf e si era allenata con lui. Era lì che per la prima volta aveva combattuto contro Ido, ed era stata sconfitta. Quindi raggiunse il punto nei pressi della scuderia dove, un pomeriggio di quasi un anno e mezzo prima, aveva ferito Sennar. La cicatrice sulla guancia del mago ora si distingueva solo in controluce, ma era comunque lì, a ricordarle il male che gli aveva fatto.

Il pomeriggio, Nihal andò dal sovrintendente della base e gli chiese come superare il fronte e varcare il confine.

Nelgar studiò a lungo la cartina. La sua faccia pacifica era seria e concentrata; nessuno avrebbe potuto sospettare che quell’uomo basso e dal fisico tozzo fosse uno dei generali più potenti dell’esercito delle Terre libere.

«L’unica è per i Monti della Sershet» disse infine. «La zona è troppo impervia perché vi siano truppe e credo che nessuno vi noterà. Ma dovrete affrontare la scalata e sarete in territorio nemico» aggiunse. «Perché ci vai?» chiese a bruciapelo.

«La segretezza della mia missione mi impedisce di dirlo. Vi prego di far finta che da qui non sia passato nessuno» rispose Nihal a disagio. «C’è un altro favore che devo chiedervi.»

«Dimmi.»

«Partirò stanotte, ma non voglio che Laio venga con me, sarebbe troppo pericoloso. Vi prego di impedirgli di seguirmi, quando scoprirà che me ne sono andata.»

«Se ricordo bene, Laio non si separava quasi mai da te. Non sarà facile trattenerlo qui.»

«Se è necessario, chiudetelo in cella» rispose lei. Nelgar la guardò stupito. «Non voglio che gli accada nulla di male.»

La sera, Laio si ritirò tardi, e Nihal e Sennar dovettero posticipare la partenza. La mezzelfo rimase sveglia nel suo giaciglio, in attesa che il respiro dello scudiero si facesse pesante. Quando capì che si era assopito, decise che era giunta l’ora di andare. Si alzò, guardò un’ultima volta l’amico, gli posò un lieve bacio sulla guancia e uscì in fretta, prima di potersi pentire.

Sennar la attendeva fuori. Nihal evitò il suo sguardo e corse verso le scuderie.

«Vado da Oarf» disse mentre si allontanava.

Quella sera erano molti i draghi nelle scuderie, ma solo uno era sveglio. Nihal si avvicinò a lui, sorrise e gli accarezzò la testa. Oarf le rivolse uno sguardo triste e supplichevole. Nihal odiava l’idea di doversi separare da lui, ma entrare in territorio nemico con un drago significava farsi ammazzare.

«Perdonami, Oarf. Sai che vorrei stare sempre con te, ma non posso. Dobbiamo entrare nei territori occupati senza che nessuno si accorga di noi. Mi spiace.»

Il drago scosse la testa per allontanare la mano di Nihal.

«Non fare il sostenuto con me, so che puoi capire.»

Lo sguardo fiero dell’animale per la prima volta la mise in soggezione.

«Tornerò presto te lo prometto.»

Oarf la fissò con i suoi occhi rossi.

«Addio» concluse Nihal e uscì dalle scuderie senza voltarsi indietro.

Fra i nemici

Ogni notte il Cacciatore percorre l’intero arco del cielo, da est a ovest. È composto da venti stelle, di cui le prime due assai brillanti. Una di esse ha il colore dell’acqua del mare, l’altra delle braci fumanti. Sono gemelle nel cielo, e danzano l’una attorno all’altra in un moto perfetto e perpetuo.

Iresh, le ho chiamate, i Danzatori.

Appunti dell’Astronomo reale,
Osservatorio di Seferdi, frammento

10

Cattivi presagi

Sennar e Nihal partirono dalla base a cavallo, decisi a mettere più leghe possibile fra loro e Laio. Mentre cavalcavano a briglia sciolta, alla luce della luna, Nihal tendeva l’orecchio a ogni rumore che provenisse alle loro spalle: fruscii, sussurri, suono di zoccoli. Ma a quanto pareva nessuno li seguiva.

In otto giorni furono alle pendici dei Monti della Sershet e dopo altri due giorni giunsero in prossimità del primo valico. Abbandonarono i cavalli in un villaggio e iniziarono la scalata a piedi. Da quel lato il pendio era più dolce e solo nell’ultimo tratto la salita si fece impegnativa. Il mattino del terzo giorno giunsero al valico.

In passato, prima che il Tiranno allungasse la sua mano su quelle regioni, i commerci tra la Terra del Sole e quella dei Giorni erano fiorenti, e l’ingegno di uomini e mezzelfi aveva provveduto a costruire numerosi valichi sulle montagne. In tempo di pace, quei passi erano stati molto frequentati e i monti non erano così desolati, sebbene fossero impervi. Da lì si dipartivano le strade che congiungevano le due Terre, costellate di locande e mercati, dove i viandanti potevano rifocillarsi e vendere le loro merci.

Le cose ora erano cambiate, ormai più nessuno dei valichi era utilizzato. Molti erano stati cancellati dalle battaglie che avevano seguito la strage dei mezzelfi; altri erano stati distrutti in seguito, per evitare sconfinamenti; altri ancora, quelli più impervi, erano caduti semplicemente in disuso. Nessuno sapeva quali fossero tuttora agibili. Nihal e Sennar speravano che il primo fosse quello buono, ma la fortuna non arrise loro.