Il vento era gelido, eppure la mezzelfo sudava. Guardò di nuovo il talismano. La pietra centrale brillava nel buio, fra i bagliori rossastri del fuoco, così come aveva rischiarato l’aria fetida della capanna della maga. Le parole che Reis aveva pronunciato le riecheggiarono nella mente.
"Il talismano rivelerà la posizione dei santuari a te, Sheireen, e a te soltanto. Quando avrai raggiunto il luogo in cui la pietra è custodita, reciterai le parole dell’iniziato: Rahhavni sektar aleero, ‘Impetro per il potere’. Prenderai la pietra, la metterai nell’alveo che le spetta, nell’amuleto, e il potere scenderà in te. Quando sarai nella Grande Terra chiamerai a raccolta gli Otto Spiriti, pronunciando il loro nome: Ael, Acqua; Glael, Luce; Sareph, Mare; Thoolan, Tempo; Tareph, Terra; Goriar, Oscurità; Mawas, Aria; Flar, Fuoco. Ciascuna delle otto pietre si attiverà e gli spiriti saranno evocati. Il talismano ti succhierà la vita, se ne alimenterà per richiamare gli spiriti. L’energia che ti verrà strappata si accumulerà nel medaglione. Potrà essere usata per evocare un’altra magia, ma in quel caso andrà perduta e tu morirai, oppure potrà essere liberata, infrangendo il medaglione con una lama di cristallo nero. Ma ricorda, il talismano è destinato a te, se un altro dovesse indossarlo, perderà fulgore e potere, e assorbirà le energie vitali della persona che ha osato tanto."
Nihal rabbrividì. Tornò a nascondere il medaglione sul petto e si strinse nel mantello.
Erano partiti in fretta, la loro missione era della massima urgenza. Lei stessa aveva insistito per mettersi in viaggio prima che la ferita alla spalla, infertale da un fantasma, fosse guarita.
Nihal avrebbe preferito che Laio, il suo scudiero, rimanesse alla base, ma era stato impossibile impedirgli di seguirla. Persino Ido, il suo maestro, aveva dovuto ammetterlo. «Probabilmente sarebbe meglio che non venisse» aveva bofonchiato lo gnomo, tra un tiro di pipa e l’altro. «Non è un guerriero e la battaglia non fa per lui. Ma Laio non accetterà mai di restare qui ad aspettarti. Anche se partissi di nascosto, ti seguirebbe e si farebbe ammazzare. L’unica è portarlo con te.»
Lo scudiero non si era fatto pregare, aveva subito raccolto le sue cose, con un sorriso che gli illuminava il viso incorniciato dai riccioli biondi, e aveva scalpitato fino al momento della partenza.
La prima volta che Nihal aveva interrogato il talismano, l’aveva fatto di malavoglia. Finché non metteva alla prova i suoi poteri poteva illudersi di essere solo Nihal, Cavaliere di Drago. Sheireen, la Consacrata, il nome odioso con cui la chiamava Reis, non era che l’ombra di un incubo.
Ma non appena aveva preso in mano il medaglione la sua mente era stata invasa da una visione.
Un’immagine confusa. Nebbia. Una palude. Nel mezzo, una costruzione bluastra, evanescente. Una parola: "Aelon". E una direzione: "A nord, costeggiare il Grande Fiume, fino a dove si getta nel mare". Poi più nulla.
Dunque era vero. Era la Consacrata.
Circondata dalle sagome cupe degli alberi, Nihal non riusciva a dormire. La febbre era salita e la spalla pulsava. La ferita doveva avere fatto infezione.
Nihal guardò il mago e lo scudiero che dormivano sereni. La mezzelfo si soffermò sulla zazzera rossa del mago che spuntava da sopra il mantello e si chiese ancora una volta se sarebbero mai riusciti ad arrivare fino in fondo.
Il mattino dopo ripartirono che il sole era già alto, diretti a nord, mentre la neve ricominciava a scendere silenziosa e il vento scuoteva le cime degli alberi e contrastava le ali di Oarf.
Volarono sopra distese di foreste imbiancate e sugli affluenti del Saar. Fra i rami secchi e grigi intravidero i villaggi degli uomini e gli alberi dove vivevano le ninfe. Nihal sentì che erano vicini alla meta.
«Ci siamo» disse, e fece abbassare di quota Oarf.
Sotto di loro, il Grande Fiume si divideva in migliaia di rivoli che impregnavano la terra e gli alberi cedevano il passo a un terreno acquitrinoso. Doveva essere la palude che Nihal aveva visto quando aveva interrogato il talismano. Volarono verso quella zona, ma ben presto la visuale fu offuscata da una fitta nebbia. Qua e là si intravedevano i rami rinsecchiti di qualche albero.
«Dobbiamo abbassarci o non vedremo nulla» suggerì Laio.
Non appena misero piede a terra, avvolti nella luce resa opaca dalla nebbia, furono aggrediti da un odore di acqua stagnante. Erano giunti all’imboccatura della palude.
Si sedettero su un tronco per valutare la situazione.
«Non si può procedere con Oarf, almeno finché la nebbia non si alza» disse Sennar.
«Ma non sappiamo quanto è distante il santuario, né quanto sia vasta la palude» obiettò Laio.
Nihal taceva. Sentiva brividi freddi lungo la schiena e il volto le avvampava per il calore. Cercò di concentrarsi, senza ascoltare Laio e Sennar. Infine decise. «Dobbiamo procedere a piedi» disse.
«Va bene» rispose Laio e fece per alzarsi.
«Tu non vieni» lo fermò Nihal.
Laio si bloccò. «Perché?»
«Voglio che resti con Oarf» disse.
«No, tu vuoi che mi levi di torno» esclamò lo scudiero, per poi assumere un’espressione pentita.
Nihal guardò Laio severa. «Hai detto bene prima, non sappiamo quanta strada dovremo percorrere. Oarf è stanco, devi prenderti cura di lui.»
«Sì, ma...»
«Niente ma, ho deciso. Sennar e io partiremo domani mattina. Tu resterai qui.»
Quella sera, Nihal non riuscì a prendere sonno. La febbre era salita e il pensiero che di lì a breve avrebbe visitato il primo santuario la emozionava e la terrorizzava al tempo stesso. Sennar sarebbe stato con lei, ma la decisione del mago di accompagnarla in quel viaggio, mettendo a repentaglio il suo posto nel Consiglio, era un fardello che si aggiungeva al carico già pesante di quella missione.
Quando Nihal aveva comunicato al Consiglio dei Maghi la sua decisione di partire per la missione, Sennar si era alzato di scatto.
«Chiedo di poter partire con lei.»
Nihal si era voltata verso di lui. «Sennar!»
«È fuori discussione» aveva risposto Dagon. «È grazie alla tua magia che la nostra disfatta è stata più leggera. Ci servi qui.»
«Chiedo il permesso di accompagnarla» aveva insistito lui. «La magia può esserle d’aiuto.»
Dagon lo aveva guardato a lungo. «Vorrà dire che manderemo con lei un altro mago. Sei troppo prezioso per il Consiglio.»
«Anche Nihal è preziosa per l’esercito.»
«Resterai qui, Sennar. L’argomento è chiuso.»
Sennar a quel punto aveva fatto un gesto inaudito. Si era strappato dal collo il medaglione che attestava la sua appartenenza al Consiglio, il simbolo di tutto ciò in cui credeva e per cui aveva combattuto. «Allora lascerò il Consiglio.»
Un mormorio di stupore aveva percorso la sala.
«Vale così poco il Consiglio, per te?» aveva detto Sate, il rappresentante della Terra del Sole.
«Il Consiglio è la mia vita, ma ci sono molti modi per servire il Mondo Emerso. Accompagnare il Cavaliere Nihal nella sua impresa è uno di questi.»
«Chi prenderà il tuo posto?» aveva chiesto la ninfa Theris.
Soana si era alzata dal suo scanno. «Finché Sennar sarà lontano, mi offro come sua sostituta.»
Dagon era rimasto pensieroso a lungo. «Va bene» aveva detto infine. «Acconsento alla tua partenza. Ma sappi che, quando ritornerai, il Consiglio si riserva di non ammetterti più nel suo consesso.»
Sennar aveva assentito.