Выбрать главу

Il valico era in buone condizioni e vi giunsero con il bel tempo, la mattina del tredicesimo giorno dalla partenza dalla base. Non appena ebbero superato il passo e guardarono a valle, però, videro qualcosa che avrebbe reso le cose molto più difficili.

«Avremmo dovuto immaginarlo...» disse Sennar.

Un’enorme muraglia si stendeva fin dove l’occhio poteva spingersi, si arrampicava su per le montagne e sbarrava loro la strada qualche centinaio di braccia più in basso. Il muro era tozzo e imponente, fatto di massi rozzamente squadrati. Ogni trecento braccia c’era una torre di vedetta e i fammin facevano la spola dall’una all’altra.

Prima di iniziare il loro lungo viaggio, Nihal e Sennar avevano discusso con Ido della situazione nelle Terre soggette al Tiranno e lo gnomo aveva parlato di un muro, ma aveva anche detto che non toccava la parte più interna dei monti; ora invece se lo trovavano davanti. Il Tiranno non era restato inoperoso in quei vent’anni.

«Di qui non si passa» commentò Sennar.

«E ora, che si fa?»

«C’è poco da fare: bisogna provare con un altro valico.»

Scesero più a valle e risalirono. Il tempo non era clemente e si ritrovarono sotto una violenta nevicata.

Nihal temeva il momento in cui avrebbe messo piede nella sua patria perduta, perché più si avvicinava al luogo in cui era avvenuta la strage, più gli spiriti la tormentavano.

Dopo altri cinque giorni di marcia raggiunsero il secondo valico, dove trovarono un’altra brutta sorpresa: il passo non esisteva più. Al posto della strada che doveva insinuarsi fra i monti c’erano roccia e massi che occludevano il passaggio. Opera dei fammin, probabilmente.

Così ripresero il cammino, curvi sotto la neve, alla ricerca di un nuovo passo. Dopo altri quattro giorni arrivarono in vista di un terzo valico, ma la tormenta impediva di verificarne le condizioni.

«Tu resta qui, vado a vedere io» propose Sennar.

«Che ti salta in mente? Andiamo insieme.»

«Non sono venuto per fare una gita. Aspettami qui.»

Sennar avanzò nella bufera, facendosi scudo con un braccio. Procedeva così da qualche minuto, quando si arrestò di botto. Scostò il braccio per vedere meglio e fu preso dallo sconforto. Davanti a lui si apriva uno strapiombo.

Fece ancora qualche passo e si sporse appena dal bordo. Poco più in basso c’era una strada molto stretta che si insinuava fra due monti. Il passo era libero.

Tornò subito da Nihal. «Il valico è libero» annunciò.

«Traccia di fammin?» chiese Nihal.

Quelle parole ebbero l’effetto su Sennar di una doccia fredda. «A dire il vero non ci ho guardato... Però il muro fortificato non si vede.»

«Tieniti pronto a lanciare un incantesimo» disse lei, e avanzò.

Quando giunsero ai margini dello strapiombo, cercarono di analizzare meglio la situazione. Non avevano corde per calarsi e la discesa era di una decina di braccia. Nihal rise.

«Potrei sapere che cosa c’è da ridere?» chiese Sennar.

«Ti immaginavo mentre ti cali giù.»

«Non sarò io quello che avrà qualche problema» rispose Sennar. Raggiunse il precipizio e si gettò giù con un salto.

«Sennar!» urlò Nihal.

Il mago alzò gli occhi e la vide sporgersi e tirare un sospiro di sollievo. Quindi riprese a planare in aria.

La levitazione a volte era proprio utile.

«Sei un vero Cavaliere...» protestò Nihal. «Si lascia così una dama?»

«Io non vedo dame» rispose lui «solo audaci Cavalieri...»

Nihal rise e iniziò la discesa. Per il primo tratto se la cavò senza problemi. All’ultimo però la mano sinistra la tradì e lei cadde rovinosamente al suolo. Si tirò su in fretta e furia.

Sennar non perse l’occasione. «La prossima volta mi toccherà portarti in braccio...»

«È colpa del freddo» si giustificò la mezzelfo, imbarazzata. «Non sento più le mani, sono congelate.» Si ricompose e sguainò la spada.

Anche Sennar tornò serio e si preparò a recitare un incantesimo.

La strada si snodava per alcune braccia innanzi a loro. Era così stretta che avrebbero dovuto camminare in fila indiana. Da un lato c’era una ripida parete di roccia, dall’altro un profondo baratro; oltre, ancora roccia.

«Vado avanti io» propose Sennar.

Nihal non mosse obiezioni e si incamminò dietro di lui. Procedettero con cautela, perché il terreno era ghiacciato e sarebbe bastato un passo falso per cadere di sotto. Una volta arrivati in fondo a un rettilineo, il sentiero continuava intorno al fianco della montagna. Nessuna traccia di fammin. Il paesaggio non era cambiato, tanto che avrebbero potuto credere di trovarsi ancora nella Terra del Sole. Ma adesso erano in territorio nemico.

Per completare la discesa dai Monti della Sershet impiegarono quattro giorni. Il versante delle montagne che dava sulla Terra dei Giorni era meno aspro di quello della Terra del Sole e il secondo giorno la tempesta era cessata.

Nihal sapeva che erano partiti dalla base i primi di marzo e dunque calcolò che doveva essere marzo inoltrato, ma a giudicare dal freddo si sarebbe detto che fosse ancora pieno inverno. Il panorama adesso era ben diverso dai pendii boscosi delle montagne della Terra del Sole; qui l’erba era rada, di un giallo malaticcio. Per il resto nient’altro che roccia. Roccia contorta, mangiata dal vento e dal gelo, aspra e scolpita. In quattro giorni di marcia, neppure una volta avevano visto il sole; non riuscivano neanche a intuire dove fosse, attraverso la cappa delle nubi.

«Sarà un bel guaio se il tempo non migliora» osservò Sennar con il naso al cielo.

«Perché? Possiamo usare la magia per orientarci.»

«Preferirei non farlo da queste parti; i maghi sentono gli altri maghi. Potrebbero riconoscerci.»

Mentre scendevano a valle, Nihal si coprì con il mantello e Sennar fece lo stesso.

Camminavano in fila indiana, al tramonto, quando, svoltata una curva, capirono di essere arrivati. Innanzi a loro apparve il panorama della Terra dei Giorni.

11

Il viaggio di Laio

La mattina della partenza di Sennar e Nihal, Laio si svegliò tardi e pensò che i suoi compagni di viaggio fossero in giro per la base, così si voltò nel letto e riprese a dormire. Si alzò che il sole era alto e uscì dalla tenda.

Dopo qualche tempo si stupì di non avere incontrato Nihal o Sennar e iniziò ad avere i primi dubbi. La base non era grande, se fossero stati in giro li avrebbe incrociati.

Quando neanche a pranzo li vide, non perse tempo a mangiare e corse da Nelgar.

Non appena lo vide entrare, il generale si fece cupo in volto. «Come mai qui?» chiese.

«Vorrei sapere dove posso trovare Nihal. Alla mensa non c’è ed è tutta la mattina che non la vedo.»

Nelgar abbassò lo sguardo. «Manderò a cercare lei e Sennar dopo pranzo» disse sbrigativo.

«Non sapete dove possano essere?» insistette Laio.

«Non lo so» rispose Nelgar, poco convinto.

«Cosa mi state nascondendo?» I sospetti di Laio aumentavano.

Nelgar cedette al primo assalto. Infilò una mano sotto la casacca e tirò fuori una pergamena. Gliela porse senza dire una parola.

Laio aprì il foglio e lesse.

Mi spiace, mi spiace davvero. Ci ho pensato a lungo, ho riflettuto e ponderato; credimi, non è stato facile. Alla fine, questa mi è sembrata la decisione migliore. Sono partita. Se tutto va bene, quando leggerai questa lettera sarò già in marcia. Spero che tu mi possa perdonare.

Non lo faccio perché penso che tu sia inutile, né perché non ti voglio con me. Mi hai salvato la vita e non lo dimenticherò mai. Io ho bisogno di te, proprio per questo non posso permetterti di venire. Non potrei sopportare che ti accadesse qualcosa di male. Non mi seguire, fallo per me. Resta alla base o vai da Ido, forse sarebbe la cosa migliore. L’esercito ha ancora bisogno di te e a Ido serve un bravo scudiero.

Per fare la tua parte non devi venire con me. Il tuo lavoro ti attende nelle Terre libere e io te le affido. Quando tornerò, sarà per il giorno che tutti aspettiamo. Tu mi metterai addosso la mia armatura e mi passerai la spada, come sempre.