Sennar appoggiò la mano destra sulla parete più vicina e iniziò a camminare, Nihal lo seguì. Scesero una serie di scale, varcarono varie porte e giunsero infine in un grande salone privo di uscite. Si guardarono intorno e, quando si voltarono, anche l’ingresso da cui erano entrati era scomparso.
«Ma che diavolo...» mormorò Sennar.
Nihal si guardò intorno sperduta.
E ora?
Vide Sennar innanzi a lei, che le dava le spalle. Vide la sua schiena fremere, poi il mago alzò una mano. Un raggio partì e sfondò il muro.
Sennar si voltò verso di lei. «Ora c’è una porta» disse, poi si diresse spedito verso il varco.
Quella però fu solo una soluzione momentanea. Una volta fuori dal salone si trovarono di nuovo a vagare in un labirinto di sale, scale e porte.
Camminarono per un tempo indefinibile, si arrabbiarono, cercarono la concentrazione, Sennar provò con mille incantesimi, alla fine si arresero e si sedettero su un piccolo ballatoio.
«Io non so più che inventarmi» disse Sennar.
Nihal teneva la testa fra le ginocchia e guardava il pavimento. Almeno non sentiva nessuna voce. Era già qualcosa. «Quanta strada avremo fatto finora?» chiese.
«Non so... saranno un paio d’ore che giriamo, ma se va avanti così, non so se usciremo mai da qui.»
«Che cosa stai dicendo?» sbottò lei, stupita. «Saranno almeno due giorni che vaghiamo.»
«Sei pazza? Non abbiamo mai mangiato... E poi non è possibile, se conti le sale che abbiamo visitato non saranno più di una trentina... Non è molto che siamo qui.»
«Altro che trentina... io ho perso il conto a cento» disse lei. Sentì un rivolo di sudore freddo colarle per la schiena.
«Hai contato le sale?» chiese Sennar in tono impaurito.
«Fino a un certo punto... ieri sera ho perso il conto.»
«Nihal, non c’è stata nessuna sera!»
«Sì che c’è stata! Ci siamo fermati nella sala tonda, quella con le colonne, e abbiamo dormito un paio d’ore.»
«Io non ho dormito.»
«L’hai fatto, hai usato il mantello come cuscino.» Prese il suo mantello e glielo porse. «Non vedi che è stropicciato?»
Sennar lo afferrò. In effetti sembrava fosse stato arrotolato. «Abbiamo mangiato?» chiese.
«Sì.»
«Cosa?»
«Due di quelle radici che abbiamo raccolto, e abbiamo finito il secondo orcio d’acqua.»
Sennar prese il sacco con le radici e lo aprì. Non ne mancava nessuna e l’orcio era pieno.
Nihal lo guardò. «Io sono sicura che abbiamo mangiato, sono sicura che abbiamo dormito...»
«E io sono altrettanto sicuro che non l’abbiamo fatto.»
La mezzelfo scattò in piedi e sguainò la spada. «C’è qualcuno che sta giocando con noi...» Si guardò intorno, ma non vide nulla.
«Non può che essere il guardiano.»
Nihal si voltò di scatto.
«Che c’è?» chiese Sennar.
«Un rumore. Seguimi.»
Nihal iniziò a salire la scala e Sennar la imitò. Corsero su e giù per i gradini, alla ricerca di qualcosa o qualcuno che potesse tirarli fuori da quell’incubo. Presto però Nihal si rese conto di aver perso la traccia che credeva di avere trovato.
«Niente da fare» disse sconsolata. «Devo essermi sbagliata.» Si voltò e non vide nessuno nella sala. Non riusciva nemmeno a capire da dove fosse entrata. «Sennar...» chiamò debolmente, ma le rispose solo la sua eco. «Sennar!» ripeté con più decisione. Nulla. «Sennar!» gridò, poi iniziò a correre a perdifiato.
Dove sono? Che fine ha fatto Sennar?
Era talmente fuori di sé che non badò a dove andava e non si accorse che la luce si faceva sempre più fioca, fino a scomparire del tutto. Infine fu sola, nel buio più totale. Non sapeva quanto fosse grande la sala dove si trovava, né che forma avesse. Non sapeva da dov’era entrata. Si fermò e il cuore iniziò a batterle all’impazzata. Fu presa dal panico. Tese le braccia al buio per cercare una parete, ma le sue dita toccarono l’aria.
«Dove sono? Sennar! Sennar! Dove sei?» Avvertì una presenza e allungò la spada innanzi a sé. «Chi sei?» urlò.
Una debole luce illuminò lo spazio intorno a lei e si udì una voce.
«Benvenuta.»
«Dov’è Sennar?» chiese Nihal, prima ancora di domandarsi dove fosse e con chi stesse parlando.
«È al sicuro, sta visitando il mio palazzo» disse la voce.
Nihal si guardò intorno, ansiosa. Sulle pareti della stanza si aprivano ampie arcate sorrette da massicce colonne. Ce n’era perfino una sul tetto. Attraverso di esse Nihal poteva vedere il cielo notturno: aveva un aspetto strano, luminoso, ed era denso di enormi stelle e pianeti che lei non conosceva.
«Portami da Sennar, ti prego...» implorò.
Dall’arcata sul tetto emerse la figura di una vecchia, i lunghi capelli bianchi annodati in una candida coda. Aveva un volto sereno ma severo e portava una lunga veste bianca, stretta in vita da una corda argentata. Incedeva maestosa e la prima cosa che Nihal notò furono i suoi occhi, d’un blu profondo.
«Lui è al sicuro, non vedi?» disse.
Attraverso un’arcata, Nihal vide il mago che saliva una scala.
«Perché non parliamo un po’ io e te da sole, Sheireen?» aggiunse la vecchia.
Quando udì quel nome, Nihal trasalì.
La vecchia ricomparve in un’altra arcata, al suo fianco. «Perdonami, non avrei dovuto chiamarti con il nome che odi. Tu sei Nihal, vero?»
«Chi sei?» chiese la ragazza.
«Thoolan» rispose la vecchia «la guardiana del Tempo, colei che custodisce la quarta pietra che tu brami, perché è per questo che sei qui, giusto?» Indicò con il dito una gemma grigia che le brillava sulla fronte, fra gli occhi.
Nihal si sentì sollevata. «Sì, è per questo che sono venuta» disse con più calma.
«Bene» continuò Thoolan «perché io ho intenzione di dartela, non temere. Credo che tu molto più d’altri ne sia degna.» Tacque un istante, poi aggiunse, quasi a mezza voce: «Se la vuoi te la darò».
Finalmente un guardiano ragionevole, pensò Nihal. «Allora dammela e lasciami andare. Questo luogo mi rende nervosa.»
La vecchia sorrise. «Posso capirti... Io invece lo amo. Qui è tutto come io desidero: il tempo, lo spazio, la vita.»
«Come sai che cerco le pietre?» chiese Nihal. «Gli altri guardiani non ne erano informati.»
«Io governo il tempo» disse Thoolan. «So molte cose che altri ignorano.»
Nihal tacque e attese che le venisse data la pietra, ma la vecchia continuò a guardarla in silenzio. Nihal abbassò lo sguardo.
«Ti chiedi perché non ti do la pietra? Perché so che tu non la vuoi» disse Thoolan sorridendo.
«Sì che la voglio... Mi serve per battere il Tiranno.»
«Non fingere con me, Nihal. Io vivo da mille e più anni, in tanti sono giunti qui ove ora sei tu, in cerca di quel che io posso darti. Riesco a vedere con chiarezza in te, conosco bene la tua stirpe. Tu non vuoi la pietra.» La vecchia si sedette a gambe incrociate e Nihal fece lo stesso. D’improvviso, si fidava di quella donna.
«Nihal, tu non vuoi fare quel che stai facendo. Tu non vuoi questa pietra, così come non volevi le altre. Però devi prenderla, perché se non lo fai il Mondo Emerso sparirà sotto gli artigli del Tiranno. Allora, pur odiando questa missione e il talismano che ti pende al collo, fai quello che devi, perché non sai cos’altro fare. È questo quello che pensi.»
Era vero.
«Ebbene, Nihal, quel che fai non è necessario.»
Nihal sollevò di scatto la testa.
«Tu credi che dal Tiranno venga tutto il male e ti hanno detto che se sarà sconfitto la pace tornerà. Ebbene, non è vero. La pace qui non c’è mai stata.»
«E i cinquant’anni di Nammen?» chiese Nihal stupita.
Thoolan sorrise. «Nammen regnò per un decennio, poi una febbre mortale lo uccise nel fiore degli anni. Dopo di lui ascese al trono un despota, regnò come se tutto, acqua, aria, terra e vita, gli appartenesse. Perché nessuno fosse più potente di lui, uccise e costrinse all’esilio molti maghi, li bollò con il marchio dell’infamia. Condusse una guerra contro i suoi nemici interni e spaccò in due la Terra dei Giorni. Nella Terra del Fuoco, negli stessi anni, Marhen prese il potere versando il sangue del padre di Moli, Daeb, che era divenuto re uccidendo suo padre. Nella Terra dell’Acqua si combattevano invece uomini e ninfe, e i primi volevano scacciare le seconde. Era così ovunque: non c’era la guerra tra le varie Terre, ma in ciascuna di esse si combatteva o v’era ingiustizia.»