«Non può essere come dici» insorse Nihal. «Tutti mi hanno detto che prima del Tiranno regnava la pace!»
«Te lo disse Soana» ribatté la vecchia «ma già Ido ti fece capire che non era così. Non c’era guerra tra Terra e Terra, ma questo non significa che regnasse la pace. Chi non ha vissuto quegli anni ne parla come tempi felici, poiché se gli esseri di questa terra sapessero che mai vi fu pace, perderebbero la speranza e morirebbero.»
«Non può essere come dici...» ripeté Nihal, meno convinta.
«La crudeltà e l’odio sono radicati nel cuore delle creature di questo mondo, e il Tiranno non è altro che il figlio di questo odio: da esso è stato generato e di esso si nutre. Se anche tu oggi lo battessi, domani un nuovo Tiranno sorgerebbe; la vita e la morte si inseguono da sempre, per sempre il bene e il male si combatteranno, è l’essenza di questo mondo. Non è stato il Tiranno a condurre il male in queste Terre.»
Nihal non sapeva più cosa pensare. «Mi stai dicendo che quel che faccio è inutile?»
«Ti sto dicendo che non devi farlo, se non vuoi.»
«Ma i miei simili sono stati sterminati e la gente continua a morire.»
Thoolan sorrise. «Per quelli che sono morti, sai bene di non poter fare nulla. Quanto a quelli che sono vivi, non li puoi salvare tutti, e io so che non è questo il tuo obiettivo. Hai iniziato questo viaggio perché dovevi, ma non senti davvero tua la missione.»
Nihal non seppe che cosa rispondere. La vecchia aveva detto il vero: stava raccogliendo le pietre perché credeva che quello fosse il suo destino, di non avere altro scopo, e perché se non lo avesse seguito, forse non avrebbe saputo che farsene della sua vita.
La vecchia posò su di lei uno sguardo carico di compassione. «Io so quanto tu abbia sofferto: la morte di Livon, lo sterminio del tuo popolo, lo smarrimento. Conosco il tuo cuore e le pene che vi si agitano.»
Nihal si rese conto che nei suoi occhi ora vi era una supplica, un profondo desiderio di essere compresa e consolata.
«So anche che molte volte, in battaglia, hai sperato che la morte ti prendesse.»
«No, ti sbagli» ribatté Nihal. «Io non ho mai desiderato morire; come potrei, sapendo che con me sparirebbe la mia stirpe?»
«Perché menti?» chiese Thoolan addolorata. «Quando combattesti contro il volere di Ido, mentre uccidevi, in cuor tuo sperasti di essere uccisa a tua volta. E quando ti scontrasti con Fen redivivo al confine della Terra dell’Acqua, guardasti con gioia alla sua spada che si abbatteva su di te. In quel momento, non volevi altro che annullarti ed eri contenta, perché la morte veniva per mano dell’uomo che amavi.»
«Non è come dici, ti sbagli...» tentò di controbattere Nihal, ma la sua sicurezza già vacillava. Come faceva quella vecchia a sapere ciò che neppure lei aveva mai ammesso con se stessa?
«Non devi vergognarti del tuo desiderio di morte» disse la vecchia in tono pacato. «È comprensibile e giusto che chi come te ha sofferto molto desideri la cessazione di quel dolore. Del resto, ogni creatura ha diritto alla felicità e sfuggire il male è un bene.»
«Perché mi dici tutto questo e non mi dai la pietra?» chiese Nihal.
«Te lo dico perché ho compassione di te e voglio offrirti la possibilità di raggiungere anche tu la felicità che ti spetta. Questo è il mio regno» proseguì Thoolan «qui io sono padrona e sovrana. Non esistono passato o futuro, l’alto o il basso, tutto è nelle mie mani ed è come io desidero che sia. Ebbene, ti offro di restare per sempre in questo luogo.»
«Anche tu sei impazzita come Glael?» scattò Nihal. «Anche tu non sopporti più la solitudine?»
«No, io amo questo luogo e il suo silenzio. La solitudine è un balsamo per il mio animo, perché grazie a essa io trovo me stessa e comprendo il mondo. Io non ho bisogno d’altri. Quel che ti sto proponendo è molto differente da quel che ti ha chiesto Glael. Io ti offro di stare qui e io ti darò la gioia. In questo luogo il tempo non esiste, pertanto nulla di quanto è accaduto nella tua vita ha importanza qui: tuo padre è ancora vivo, il tuo popolo non è mai stato sterminato, Fen vive e ricambia il tuo amore.»
Mentre Thoolan parlava, lentamente le arcate si popolarono di figure. Nihal vide Livon al lavoro nella sua officina, le strade e le piazze affollate delle città dei mezzelfi, e Fen, con indosso la sua armatura d’oro. Nihal guardò commossa tutte quelle immagini. Quando tese la mano per sfiorare suo padre, intento a forgiare una spada, Livon si volse verso di lei e le sorrise. «Perché non torni a stare nella fucina con me? Ti ricordi quanto ti divertivi da piccola ad aiutarmi?»
Nihal ritrasse la mano spaventata, ma Livon continuava a guardarla. «Da quando in qua hai paura di me?»
«Tutto questo non può essere» disse Nihal. Si voltò verso Thoolan. «Ho visto con i miei occhi Livon morire, e Fen, i mezzelfi, nessuno di loro esiste più. Queste sono solo stupide illusioni!»
Il volto di Thoolan si illuminò in un enigmatico sorriso. «Perché chiami stupide le illusioni? Quelle che vedi sono tutte le persone che hai amato. Le puoi toccare, parlano con te, ti aspettano.»
«Ma non sono reali!»
«Fuori di qui forse non lo sono, ma tra queste pareti sono vere» ribatté la vecchia. «E se anche fossero illusioni, qual è in fin dei conti la differenza con la realtà? Se deciderai di rimanere, questa diventerà la tua realtà e quelle che ora chiami illusioni diventeranno cose reali. Chi può dire se la realtà sia il mondo di dolore che c’è fuori di qui o le consolanti presenze che abitano questo luogo? Solo tu puoi scegliere: sta a te decidere.»
Nihal guardò Livon negli occhi. Sembrava aspettare solo che lei varcasse l’arcata e andasse da lui.
«Qui io esaudirò ogni tuo desiderio. Potrai ricominciare la tua vita daccapo, come se nulla fosse successo. Non avrai più alcun ricordo del dolore patito e diventerai la ragazza normale che hai sempre voluto essere.»
Nell’arcata sul soffitto, apparve l’immagine di una ragazza dalle orecchie a punta e i capelli blu, intenta a riordinare una casa e a dare da mangiare a un’orda di ragazzini vocianti.
«Quella potresti essere tu» disse Thoolan.
Sì, qualche volta l’aveva pensato. Nihal aveva sognato di avere una famiglia, di essere una ragazza come tante, di vivere una vita normale. Non era per realizzare quel sogno che aveva vissuto da Eleusi?
«Nihal, io ti offro quel che hai sempre desiderato: la morte senza la morte. Poco fa, nel deserto, mentre le voci dei fantasmi ti straziavano, hai sognato la pace, una pace che non vuole più farti visita da tempo. La tua pace ora è qui nella mia mano e te ne voglio fare dono. Devi solo allungare le dita e prenderla.»
La pace... Desiderava quella pace? Sì, la voleva. Desiderava ricominciare tutto daccapo? Sì, era l’unica cosa cui tenesse davvero.
«Qui finirebbe la tua ricerca, perché in questo luogo non c’è nulla da cercare e la vita è semplice. Nihal, là fuori ti attende altro dolore, se esci accadranno cose che ti faranno molto soffrire, lo so perché l’ho visto. Ma qui non permetterò mai che ti succeda qualcosa di male.»
Nihal allungò le dita verso l’immagine di Fen. Erano passati più di due anni dalla sua morte, ma ora che lo vedeva, sentiva di amarlo come un tempo. Fen tese la sua mano verso di lei e le loro dita si sfiorarono. Poi la abbracciò, accostò il suo viso a quello di lei e infine la baciò, come tante volte aveva fatto nei suoi sogni. Solo che ora era tutto reale, la sensazione delle labbra sulle sue, il battito accelerato del suo cuore, le mani di lui sulla schiena. Quella era davvero la pace. Perché avrebbe dovuto dire di no a quel sogno? Aveva già patito abbastanza e la sua ricerca non la stava conducendo da nessuna parte. La sua vita era tutta sbagliata e l’unico modo per essere felici era abbandonarla. Del resto, l’aveva detto anche Thoolan, no? Quando si soffre troppo, è giusto sfuggire al dolore.