Nihal ascoltò senza capire.
«E lui?» chiese la donna. «Chi è l’essere impuro che conduci con te?»
«Sennar» rispose il ragazzo con voce sicura. «Sono un mago del Consiglio.»
La donna lo squadrò, poi due propaggini della sua veste si mossero verso di lui, si avvolsero attorno alle sue braccia e lo immobilizzarono. «Non saresti dovuto venire fin qui. I tuoi piedi impuri sono indegni di toccare il pavimento della mia dimora.»
Sennar provò a divincolarsi, ma sebbene fosse solo acqua a trattenerlo, non vi riuscì.
«Lascialo andare! È a me che devi rivolgerti, lui mi ha soltanto accompagnata nella mia missione» urlò Nihal.
La donna rimase per un po’ in silenzio, i suoi occhi si posarono su Nihal e la scrutarono. «Sento in te qualcosa di oscuro, qualcosa che non dovrebbe esservi in un Consacrato.»
Nihal era consapevole di non essere pura e sapeva quanto fosse forte l’odio che provava per il Tiranno. «Io non sono perfetta, e forse non sono neppure degna di avere fra le mani il tuo potere» disse «ma il destino ha voluto che fossi l’unica a poter riunire le pietre. Non te la chiedo per me. Te la chiedo per tutti coloro che sono morti, per coloro che soffrono: è per loro che devo farlo. È la loro ultima speranza e io non posso negargliela. Spero che neppure tu vorrai farlo.»
Nihal sentiva lo sguardo indagatore di quella creatura penetrarle nell’animo e sperò che non arrivasse a vedere l’oscurità che vi era celata.
Un sorriso conciliante apparve sulle labbra d’acqua della donna. «E sia, Sheireen, ho compreso quel che chiedi e ho visto nel tuo animo. So che ne farai buon uso.»
La donna richiamò a sé le propaggini della sua veste liquida e Sennar fu di nuovo libero; poi si portò una mano al volto, divelse dall’orbita uno degli occhi e lo porse a Nihal. La mezzelfo prese la pietra. Era liscia, di un azzurro pallido e brillante. Sembrava racchiudere le vorticose correnti del Saar.
«Sheireen, sei solo all’inizio, dovrai ancora percorrere molte leghe e altri dopo di me incontrerai. Non tutti saranno come me, bada, alcuni ti ostacoleranno nel tuo compito. Ora un immenso potere è nelle tue mani. Non abusarne, o verrò io stessa a cercarti per ucciderti. Che possa la strada correre lieve sotto i tuoi passi e il tuo cuore giungere ove anela» disse la donna. «Fa’ quel che devi» concluse.
Nihal strinse la pietra fra le dita e la pose nell’alveo. «Rahhavni sektar aleero» mormorò.
Le acque che componevano il santuario iniziarono a vorticare. Le pareti si dissolsero, i fregi scomparvero, la donna stessa venne risucchiata nel vortice. Sembrava che tutta quell’acqua fosse sul punto di precipitare addosso a Nihal, invece confluì nella pietra.
La mezzelfo chiuse gli occhi e quando li riaprì intorno a lei c’erano solo la nebbia e la palude.
Sentì un sospiro di sollievo alle sue spalle, si voltò e vide il volto sorridente di Sennar.
«In fin dei conti è stato facile» disse il mago.
Nihal annuì. «Forse aveva capito le nostre intenzioni. Ora non ci resta che ripartire.»
D’un tratto le forze la abbandonarono. Cadde in ginocchio nel fango.
«Che cosa c’è?» chiese Sennar.
«Non è niente... solo un giramento di testa...»
Il mago le posò subito una mano sulla fronte.
«Sei bollente. Fa’ vedere la ferita» ordinò.
Prima che Nihal potesse schermirsi, le scostò le fasciature. Alcuni punti si erano riaperti e c’erano i segni evidenti di un’infezione. Sennar cercava di non darlo a vedere, ma lei capì che era preoccupato.
«Dobbiamo chiamare Laio» disse il mago.
Nihal non riusciva a pensare. Gli occhi le bruciavano e sentiva i brividi ghiacciati della febbre in tutto il corpo. «Non ha senso... Non può venire con Oarf» protestò.
Sennar le gettò addosso il suo mantello, perché si scaldasse. «Gli indicherò io la strada. Tu non sei in condizioni di camminare e io non posso aiutarti. La mia magia è in grado di curare le ferite, ma non può nulla contro le malattie, quelle sono appannaggio dei sacerdoti. Forse le erbe del tuo scudiero saranno più utili.»
«Ma io...»
«Tu stai tranquilla e riposati.»
La costrinse a coricarsi su un tronco lì vicino, poi fischiò e un corvo nero scese dal cielo. Il mago strappò una parte della stoffa della tunica e su di essa vergò con la magia alcune parole per Laio. Avvolse il messaggio alla zampa dell’animale e gli sussurrò qualcosa all’orecchio. Il corvo si alzò in volo. Il mago tornò da Nihal, scoprì la ferita infetta e iniziò a recitare la formula di guarigione.
Laio giunse dopo un paio d’ore. Sennar aveva acceso un fuoco magico sopra il luogo dove si trovavano e il ragazzo li individuò senza difficoltà. Più problematico fu salire su Oarf, perché il drago non poteva scendere sulla palude o avrebbe rischiato di rimanervi impantanato per sempre. Sennar dovette issare Nihal fino a un’altezza sufficiente perché Laio potesse afferrarla, poi saltò e si arrampicò sulla groppa del drago, aiutato dallo scudiero.
Non appena Laio vide la mezzelfo, assunse un’espressione preoccupata. «Cosa è successo? Come stai?»
Nihal fece per rispondergli, ma la febbre e i brividi ebbero il sopravvento.
«La ferita si è riaperta, ed è infetta» intervenne Sennar.
«E ora cosa facciamo? Non ho con me le erbe e non so dove cercarle, e poi siamo così lontano e fa freddo...»
Prima di chiudere gli occhi, Nihal vide Sennar afferrare le spalle esili di Laio. «Sta’ calmo, innanzitutto. Dobbiamo raggiungere un luogo riparato, meglio ancora un villaggio, al resto penseremo poi. Per ora posso usare la mia magia, almeno per la ferita. Muoviti, avanti!» sentì dire al mago.
Poi cadde assopita in preda alla febbre, mentre il drago spiegava le ali e partiva.
3
La decisione di Sennar
Oarf volò più veloce che poté e presto oltrepassarono la palude e tornarono a sorvolare i boschi. La neve aveva ripreso a cadere e Sennar stringeva a sé Nihal per proteggerla dal vento.
Di villaggi non c’era traccia, sotto le ali del drago scorrevano soltanto le fitte cime degli alberi. Era da parecchio che volavano, ma ancora non avevano incontrato un posto che facesse al caso loro.
A un tratto, Laio indicò un punto all’orizzonte. «Sennar, che cosa c’è laggiù?»
Sennar guardò in quella direzione. In lontananza c’era una linea nera che si distingueva appena. Presto i contorni si delinearono e la realtà apparve in tutta la sua crudezza: era il fronte.
«Non è possibile...» mormorò Laio.
«Lo è, invece. È da due settimane che siamo partiti e la situazione era disperata, te lo ricordi.»
«Ma non possono essere avanzati di tanto» esclamò Laio.
«Stiamo volando alti, sono meno vicini di quanto sembri. Ma è comunque una tragedia.»
Sennar fece rapidamente i suoi calcoli: il Tiranno doveva aver conquistato tutta la zona meridionale e parte di quella occidentale, avanzando lungo il corso del Saar. Dove potevano andare? Loos era distante e lui non conosceva altri villaggi. Restava solo il bosco.
«Credo che la cosa migliore sia spostarci verso nord-est, lì saremo abbastanza lontani» disse alla fine il mago.
«C’è un villaggio da quelle parti?» chiese Laio.
«No. Ci accontenteremo del bosco.»
«C’è un posto... nel bosco...» La voce di Nihal era affaticata.
«Come?» chiese Sennar.
«Nel bosco c’è qualcuno che può aiutarci. Vi dirò io dove andare, ma dobbiamo arrivarci di notte.»
Nihal indicò loro la strada a fatica. Volarono finché calò la sera e un’altra notte gelida avvolse la Terra dell’Acqua. Solo allora scesero in una piccola radura, dove Oarf aveva a stento lo spazio per posarsi. Al centro del cerchio d’erba innevata vi era soltanto una pietra.
«Nihal, qui non c’è niente...» disse Sennar.
«Aspetta e vedrai.»
Non dovettero attendere a lungo. La pietra prese vita lentamente sotto la coltre di neve che la ricopriva e Sennar vide comparire nel chiarore lunare un vecchio, con il viso incartapecorito dalle rughe e una lunghissima barba bianca.